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“Paris la Belle Epoque” alla Galleria Elle Arte

di Redazione

L’immersione nel registro simbolico ed emotivo proposto dalla collezione di Mariapia Gonnelli che cura la mostra alla Galleria Elle Arte, è mediata dall’offerta di un ventaglio intenso di partecipazioni grafiche: da Etienne-Maurice-Firmin Bouisset a Constant Joseph Brochart; dall’esuberanza linguistica di Jules Chéret : le  ‘squisite allegorie di Chéret’, a detta di Giorgio Ohnet, il celebrato scrittore popolare del Padrone delle ferriere, inserito, con il grande moravo Alfons Maria Mucha, nel suo feuilleton/pamphlet  Il mercante di veleni. E ancora : da Maurice Cossmann al realismo classico di Henri Fantin-Latour fino alla icastica precisione di Émile Lassalle.

di Aldo Gerbino 

È un invitante sole primaverile quello che partecipa, con i suoi raggi, alla inaugurazione della Exposition Universelle parigina del 14 aprile del 1900. Il presidente Émile Loubet spalanca le porte ad un pubblico internazionale ansioso di percorrere i 216 ettari della enorme rassegna. A Parigi: arte, scienza, costumi, fabrilità d’ogni genere sono sostenuti dall’universale pregnanza dell’azione creativa. In quegli anni uno scienziato di Potsdam, il morfologo e naturalista Ernst Haeckel (1834-1919), lavora alle sue Forme dell’arte in natura; in esse descrive, con commossa e febbrile partecipazione, l’ampiezza della scena naturale in cui le ‘forme’, appunto, si offrono quale ornamento e sostanza di quell’intero disegno maturato attraverso le idee di sostegno e sviluppo sull’interezza armonica della natura. Un ‘paradigma percettivo’, questo, che poggia (alimentando) radici precise nello Jugendstil.

Non impropriamente, l’ingresso dell’Esposizione Universale della ineguagliabile Paris riflette, per esuberanti ed evocative dimensioni, la forma d’un singolare unicellulare marino, appartenente all’ingente famiglia biologica dei Radiolari evidenziati da Müller nel 1858, e, per l’occasione, tradotto nella porta di accesso alla Esposizione espansa in scenografiche gigantesche proporzioni. I radiolari, organismi dalla sconfinata storia evoluzionistica, apparsi probabilmente alla fine dell’era precambriana (primo eone geologico spentosi, tra controverse classificazioni paleontologiche che fanno oscillare tale confine di alcune decine di milioni d’anni,  intorno a 570 milioni di anni fa), sono elegantissimi animali presenti tutt’oggi in ogni mare ed oceano, rappresentati da oltre 5000 specie, e, già per Haeckel, versati nell’elegante, suggestiva misura di un’organica estetica cristallografica lungo quel solco tracciato, agli inizi del XIX secolo, dalla Simmetria dei cristalli di Christian Samuel Weiss.

Nell’illustrazione di apertura dell’Esposizione, il ‘radiolare’ campeggia tra sinuosi e drappeggiati corpi di giovani donne, lungo i refoli invitanti dei loro cappellini: l’ambiente, insomma, fin de siècle che già conoscemmo dall’inequivocabile segno post-impressionista di Toulouse-Lautrec (il grande artista e litografo morirà l’anno successivo alla inaugurazione dell’Esposizione Universale), e, per l’occasione, tracciato da H. P. Chatelaine nei torchi dell’editore Wolf di Parigi. L’affascinante radiolare di Haeckel, realizzato dall’architetto Renè Binet (1808-1911), sormontato dalla statua La Parisienne, segna e fonde in pieno, simbolo, estetica liberty ed esotismo. Quell’esotismo che, per altro, leggemmo nel Susino fiorito o nel Ponte sotto la pioggia di Vincent van Gogh: ‘copie’ (1886-1888) su modelli delle stampe del maestro di Edo, Utagawa Hiroshige, e che ci restituiscono un van Gogh affascinato di certo dagli ornamenti spirituali del japonisme, ma, soprattutto, mosso dall’urgenza di leggere, nella profondità mimetica del disegno, il limpido specchio della natura. Il marchio della francese Art Nouveau, dimensione architettonica e decorativa dello Stil Nouveau, più avanti immessa nell’orizzonte dell’Arts décoratifs o ‘Stile 1925’, il déco de Les années 1925, dello Jugend Stil in Germania (dalla rivista «Die Jugend»: ‘giovinezza’), del ‘floreale’ e Liberty in Italia, percorre, in un formidabile raccordo estetico ed emotivo, il centro-europa fino al bacino mediterraneo, e, dai perimetri del nord all’est europeo. In tale alveo estetico e geografico i motivi dei Preraffaelliti e dei Nazareni, degli artisti della Secessione e del post-impressionismo, dei Nabis stretti attorno al poeta simbolista Henri Cazalis con il loro progetto d’illustrazione promosso da Vallotton, Bonnard, Denis, e le nuove istanze della decorazione e della riproduttività nutrita dall’industria, così come dell’ornamento e della sua modulazione col portato classico, si amalgamano, carichi di rinnovato smalto, nella bellezza muliebre, nell’ordine dei volumi architettonici, nelle volute e nelle cesellature dei materiali, nell’umorale ed istrionesca rappresentazione della natura, nei raccordi con la botanica, la biologia e l’anatomia, inscrivendo così, in un registro unico, la sublime pedana del mondo. Ecco, allora, come nel Le Park, una cartella di litografie a colori del 1897 firmata da Gaston de Latenay (1859-1943), la cornice della natura appare pronta a riflettersi in un vibrante magnetismo di effetti cromatici, e, com’è dichiarato in frontespizio, nel «paysage conventionel composé selon la gamme des couleurs automnales. Les feuilles jaunies s’éparpillent sur l’herbe fanée des pelouses, et le ton roux des frondaisons s’accorde avec l’or des fruits mûrissants.» Oppure, come nel Pulcinella di Henri Patrice Dillon (1851-1909), lito del 1898 colma di brio e di poetici attraversamenti, si va espandendo il segno di una italianità etnica in cui viene a condensarsi, nei piani ‘flou’, quel singolare disegno inciso: accorto, palpabile, nostalgico.

 L’immersione nel registro simbolico ed emotivo proposto dalla collezione di Mariapia Gonnelli è mediata dall’offerta di un ventaglio intenso di partecipazioni grafiche: da Etienne-Maurice-Firmin Bouisset a Constant Joseph Brochart; dall’esuberanza linguistica di Jules Chéret : le  ‘squisite allegorie di Chéret’, a detta di Giorgio Ohnet, il celebrato scrittore popolare del Padrone delle ferriere, inserito, con il grande moravo Alfons Maria Mucha, nel suo feuilleton/pamphlet  Il mercante di veleni. E ancora : da Maurice Cossmann al realismo classico di Henri Fantin-Latour fino alla icastica precisione di Émile Lassalle. Mariapia Gonnelli è donna vivace. Vivace intellettualmente, ma, soprattutto, passionalmente per quel suo sapido immettersi nelle pieghe di un’epoca della quale, come lei stessa dichiara, ne avverte sùbito l’intima declinazione di bellezza, oggi occultata dalla banalizzazione dei canoni estetici triturati dalla postmodernità. E, per altro, tale vivacità s’è consolidata dal punto di vista della grammatica litografica, calcografica, cromolitografica, in virtù della lunga militanza versata nell’omonima libreria antiquaria, fondata nella seconda metà dell’Ottocento e gestita, con trasporto, nella Via Ricasoli posta nella città della rinascenza: Firenze, e della quale conservo, con affetto cartaceo, sette cartoline pubblicitarie, qui acquistate, riproducenti le favole di La Fontaine illustrate dal Dorè.

Ripenso a Mariapia mentre visito la Bedő-Ház a Budapest: attraverso la catenaria di oggetti déco, tra stampe e incisioni che raccontano dell’antica città magiara. Ma anche lungo i caffè storici: dal “New York” al “Gerbeaud”, dal “Szamos” al “Budda”, o sopraffatto dalla esplosione dei negozi floreali affacciati sulla Váci utca, mortificata da un turismo chiassoso. Non posso non pensare alla ricca pagina liberty di Palermo che ebbe referenti d’eccezione in Ernesto Basile o in Ettore De Maria Bergler, e dei tanti, troppi, monumenti scomparsi o agonizzanti per l’onda devastatrice della politica associata alle speculazioni criminali, dall’insensibilità degli urbanisti, dall’omertosa e spesso opportunistica incultura civica. Così le immagini per stampe originali di tale fruttuoso tempo, fermate nel discreto luogo d’arte panormita curato da Laura Romano (insiste, anche questo, per simbiosi toponomastica, in Via Ricasoli), sembra che irradino il fascio della loro luce calda; ciò con sconsolata pertinacia, versando, comunque, sul generale abbandono della città fenicia, i pigmenti di tale sguardo ammonitore, malinconico.  

 

Paris la Belle Epoque. Dal Simbolismo romantico all’Art Nouveau (a cura di M.P. Gonnelli). Galleria Elle Arte (Palermo, via Ricasoli, 45), dal 14 settembre al 28 settembre. Orari: 16,30-19,30, tutti i giorni escluso domenica e festivi.

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