Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

I centouno anni di Felicetta Impastato

Felicia Impastato, madre di Peppino Impastato, ucciso a Cinisi dalla mafia nel 1978, qualora fosse stata ancora in vita, avrebbe compiuto 101 anni...

di Clara Di Palermo

Intervista immaginaria a Felicetta Bartolotta Impastato, mamma di Peppino, ucciso a Cinisi dalla mafia nel 1978.

 

di  Clara Di Palermo 

Erano cento i passi che dividevano la casa di Peppino Impastato da quella di Tano Badalamenti e quest’anno sono centouno gli anni di vita di Felicia Impastato, conosciuta da tutti come Felicetta.
Quest’anno, qualora fosse stata ancora in vita, infatti, avrebbe compiuto 101 anni, ma in realtà la sua forza e la sua determinazione sono ancora oggi presenti, come se non fosse mai morta.
Passare lungo quel corso Umberto di Cinisi, il piccolo centro del palermitano, senza rallentare e dare un’occhiata a quelle persiane dove oggi c’è l’Associazione “Casa memoria  Felicia e Peppino Impastato” è difficile.
Sembra quasi di vederla, piccola, nel suo vestito nero, gli occhi vivaci e un sorriso che ricordava quello di suo figlio.

Ci sarebbe piaciuto conoscerla personalmente, farci dare un po’ della sua forza, farci raccontare quegli anni difficili, la sofferenza di una madre che aveva intuito quale sarebbe stato il destino del figlio.

Non era facile a quei tempi ribellarsi al corso delle cose, alle decisioni della famiglia che sceglieva per te, ai comportamenti di un marito che ha frequentazioni che disapprovi. Ma il ruolo delle donne era ancora di subordinazione, soprattutto in un centro piccolo come Cinisi. Felicia sposa Luigi Impastato nel 1947, lo stesso anno in cui nasceva ad Alcamo Franca Viola, altra donna coraggio, la prima a rifiutare il matrimonio riparatore…….sembra quasi una strana coincidenza…

Avremmo voluto conoscerla personalmente, dicevamo, e così immaginiamo unintervista a Felicetta Impastato, facendoci aiutare dalle sue stesse parole, così come riportate nel libro “La mafia in casa mia” (ed. La Luna), nel quale ha narrato le vicende della sua vita che abbiamo visto raccontate magistralmente nel film di Marco Tullio Giordana.

Felicetta Impastato
Felicetta Impastato

Signora Impastato, che matrimonio è stato il suo?
“Un inferno! Mio marito attaccava lite per tutto e non si doveva mai sapere quello che faceva, dove andava”.

Suo marito si scontrava spesso con Peppino, avevano punti di vista diametralmente opposti e frequentazioni molto differenti
“Decisamente. Peppino glielo diceva in faccia a suo padre: ‘Mi fanno schifo, ribrezzo, non li sopporto… Fanno abusi, si approfittano di tutti, al Municipio comandano loro’… Si fece ammazzare per non sopportare tutto questo……”

Peppino non era disposto a derogare sulle proprie idee, e oltre a diffonderle via radio decise di scrivere un articolo, abbastanza esplicito, che divenne una sorta di manifesto. Lei cosa ne pensava?
“Fece un giornalino e ci mise che la mafia era merda. Quando l’ho saputo io, salgo sopra e vedo… E dissi: “E dài, Giuseppe figlio, io ti do qualunque cosa se ti mi consegni quel giornalino. Tu non lo devi pubblicare quel giornale”…

Ma Peppino Impastato non ascoltò nessuno, nemmeno sua madre, e così continuò la sua battaglia contro malaffare e prepotenze, fino al  9 maggio del 1978 quando il suo corpo dilaniato da un’esplosione venne trovato nei pressi della linea ferroviaria a Cinisi.

Il peggiore degli incubi di una madre divenne realtà e Felicetta, che già aveva perso il marito in un incidente (rimane il dubbio che si sia trattato davvero di un incidente) focalizza tutte le sue energie sul figlio più piccolo, Giovanni e sull’impegno per la ricerca della verità sulla morte di Peppino, anche a dispetto dell’atteggiamento reticente della famiglia del marito.

Lei ha scelto di aprire a tutti la sua casa e raccontare personalmente chi era Peppino. Le piace parlare con i giovani?
“Mi piace parlarci, perché la cosa di mio figlio si allarga, capiscono che cosa significa la mafia. Io devo difendere mio figlio, politicamente, lo devo difendere. Mio figlio non era un terrorista. Lottava per cose giuste e precise”.
Esattamente come fece Lei, Felicetta, fino al giorno della sua morte, nel dicembre 2004, ma una morte solo del corpo, perché la sua forza è ancora lì, nelle strade di Cinisi, nell’impegno di tutti coloro i quali vogliono mantenere vivo il ricordo e l’insegnamento di Peppino Impastato.

 

 

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.