Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Tre regole contro il male quotidiano

Spesso, la felicità è a portata di mano, ma noi, presi dalla frenesia della vita quotidiana non riusciamo a vederla. E’ il caso, allora, di seguire i principi dettati da quei cultori che nei secoli si sono rivelati in grado di guidare l’umanità verso le gioie della vita. Ecco le tre regole contro il male quotidiano

di Redazione


Dall’archivio cartaceo de L’Inchiesta Sicilia Aprile 2003
di
Roberto Incardona

In questi nostri tempi, pieni di incognite e privi di solidi punti di riferimento, un gran numero d’uomini si trova smarrito e disarmato di fronte all’impatto con il male quotidiano. Ci riferiamo al nostro rapporto con la sofferenza e alla consapevolezza della precarietà di ogni gioia. Muovendo dalla constatazione che nella vita di ogni uomo è inevitabile l’incontro con la malattia, la vecchiaia e la morte, prese avvio la ricerca spirituale del principe Gautama Siddharta, divenuto in seguito l’ illuminato per eccellenza, il Buddha.
Ma qui non vogliamo parlare di ascesi e di dottrine orientali.
Quello che vorremmo tentare di offrire sono solo brevi appunti, da servire come viatico, ogni qual volta gli avvenimenti della vita ci metteranno alla prova.


Aviatico contro i mali della vita

Chi di noi non ha dovuto affrontare il dolore che accompagna un abbandono, la scomparsa di una persona cara, il sopraggiungere di una terribile malattia. E ogni volta la domanda che si impone è sempre la stessa: perché accade tutto questo? Che senso ha? Che cosa possiamo fare? Sono questi i momenti in cui vacilla ogni fede o ci si aggrappa ancora più disperatamente ad essa. Ma nell’uno o nell’altro caso, si resta lo stesso senza risposte.


Una triplice regola di vita

Sarà bene, allora, annotare nei nostri appunti che per combattere il male quotidiano è assolutamente necessario conformarsi ad una triplice regola di vita che comprende: una disciplina della rappresentazione; una disciplina del desiderio; una disciplina dell’azione.


La disciplina della rappresentazione 

La disciplina della rappresentazione del giudizio consiste, essenzialmente, nel non accogliere in sé stessi alcuna impressione che non sia soggettiva o adeguata. La percezione di qualsiasi oggetto esterno, infatti, produce una sensazione che si trasmette all’anima, eccitandola o turbandola.
Quando si ode un fragore proveniente dal cielo o da un crollo è inevitabile che anche l’animo del saggio sia scosso, si contragga e impallidisca, non perché abbia giudicato esisti a verificando qualche male, ma per certi modi rapidi e involontari che anticipano l’azione della mente e della ragione.
Tuttavia, quel saggio non dà il suo assenso a queste rappresentazioni che terrorizzano il suo animo, non li approva, ma le disprezza e le respinge. E proprio per questo affermano che differisca l’animo dello stolto da quello del saggio, perché lo stolto ritiene che le cose siano così dure e apre come gli appaiono al primo impulso dell’animo, e approva con il suo assenso queste prime impressioni che sembrano giustificare il timore.
Marco Aurelio, a tale riguardo, così ammoniva sé stesso: “Se ti addolori per una cosa esterna, non è questa cosa a turbarti, ma il tuo giudizio su di essa”.


La disciplina del desiderio


Per mezzo della disciplina del desiderio, noi dobbiamo, invece, definire il presente, focalizzando la nostra attenzione su ciò che stiamo vivendo, senza inquietarsi per il passato, né per il futuro. Come diceva Seneca: “bisogna eliminare dire cosa: il timore di un male futuro e ricordo di un male passato; questo non ci riguarda più, quello non ci riguarda ancora”.
Questo atteggiamento di imperturbabilità sottintende anche una sensazione d’urgenza. La morte può arrivare in qualunque istante. Nella prospettiva della morte, non si può lasciar passare con leggerezza neppure un solo attimo della propria vita. Adesso o mai più.

Seneca

“Compi ogni azione come se fosse l’ultima della tua vita” (Marco Aurelio, Pensieri).
Gli uomini, per lo più, non vivono nel presente.
Ignorano che il presente è solo il momento in cui sono realmente se stessi.


La disciplina dell’azione

Marco Aurelio

Se la disciplina del desiderio ha come effetto di dare all’uomo la serenità interiore, la disciplina dell’azione mira ad armonizzare i rapporti con gli altri uomini ed indirizzarli verso l’ottenimento del bene comune. “Prima di tutto – ci esorta ancora Marco Aurelionon agire a caso, non è senza uno scopo. In secondo luogo, non riferirsi ad altro che ad un fine utile alla comunità. Agire dunque con serietà e prima di tutto agire con tutto il cuore e con tutta l’anima”.
A proposito di ogni azione poniti la domanda: che rapporto ha con me? Non dovrò poi pentirmene? Tra poco sarò morto e tutto svanirà. Che cosa cerchi di più, se il mio agire in questo momento è conforme a quello di un essere intelligente, che si mette al servizio della comunità ed è sottomesso alla legge di Dio? Se saremo capaci di applicare queste tre regole saremo allora attrezzati interiormente per accettare ed affrontare con fermezza gli avvenimenti voluti dal destino e che non dipendono da noi. Ricordandoci sempre, come afferma un’antica sentenza indiana: “Nella sventura si manifesta la forza dei grandi virgola non nella prosperità: il profumo dell’aloe non è mai così penetrante come quando è gettata”.  

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