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The Accountant, oppure…La ragazza senza nome

The Accountant oppure...La ragazza senza nome. I film che vi consigliamo di vedere questa settimana...

di Massimo Arciresi

 

 

Voglia di Cinema! – I consigli di Massimo Arciresi

 

The Accountant (id., USA, 2016) di Gavin O’Connor con Ben Affleck, Anna Kendrick, J.K. Simmons, Jon Bernthal
A volte non bisogna permettere alle inverosimiglianze di guastare la fruizione di un thriller, specialmente se dotato di una sceneggiatura di ferro (merce sempre più rara). È un’avvertenza necessaria per godersi il miglior film (finora, ed è idoneo a una serializzazione) di Gavin O’Connor (In cerca d’amore, Pride and Glory – Il prezzo dell’onore, Warrior), da un vivace copione di Bill Dubuque incentrato su un contabile autistico (il suo passato viene svelato a poco a poco) messosi spesso al servizio di clienti tanto loschi quanto danarosi. E non è uno sprovveduto, a causa del serrato addestramento imposto a lui e al fratello minore dal padre militare. Dà corpo al singolare personaggio un asciutto Affleck, circondato da comprimari di spessore (oltre alla Kendrick citiamo almeno John Lithgow e Jeffrey Tambor).

 

Oppure…               la_ragazza_senza_nome

La ragazza senza nome (La fille inconnue, Belgio/Francia, 2016) di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne con Adèle Haenel, Olivier Bonnaud, Louka Minnella, Jérémie Renier
Quando si assiste a un’opera dei fratelli Dardenne si sa a priori che parlerà di coscienze addormentate e di bisogno di riscatto sociale. Le variazioni sul tema sono innumerevoli e la fattura – sviluppata sulla falsariga del pedinamento dei caratteri – è costantemente pregevole. Perciò la vicenda di questa giovane dottoressa (alla quale ogni porta viene aperta) che non sa perdonarsi di non aver risposto al citofono del suo ambulatorio (una frontiera?) suonato dopo l’orario di chiusura da una fuggiasca poi ritrovata senza vita, s’inserisce a meraviglia nella loro filmografia, pur non essendone una vetta.

 

Voglia di cinema! La frase della settimana

«Non tutto ha senso. Non tutto deve averlo.» L’ambiguo – in molti sensi – Antico (Tilda Swinton), sorta di santone insediato a Katmandu, cerca di erudire lo scettico ed empirico Stephen Strange (Benedict Cumberbatch), infallibile e tronfio neurochirurgo recatosi lì per recuperare l’uso delle mani dopo un brutto incidente, ignaro della sua imminente trasformazione in potente stregone nel piacevole e “nolanianamente” immaginifico Doctor Strange (id., USA, 2016) di Scott Derrickson.

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