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Quando la Sicilia parlava con la lingua dello scirocco

La Sicilia tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento non era solo composta dalle esperienze letterarie di grandi letterari, ma...

di Redazione

La Sicilia tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento non era solo composta dalle esperienze letterarie di grandi letterari, ma covava sotto le ceneri un tumulto di intelletti che avrebbero con il tempo donato egregie cose alla cultura

 

a cura della  Redazione

La Sicilia è soprattutto un’Isola di lettere. Lo è stata nel Duecento con Federico II e la sua scuola poetica, e rivendica a sé analogo ruolo tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del secolo scorso.
Un mondo non molto lontano da noi nel tempo, forse diverso per ideali, ma certo non di minore valore, pieno di fermenti culturali e artistici, come se ne videro in pochi periodi della storia.
Sono anni, in particolare quelli del primo quarantennio del secolo scorso, pieni di formidabile creatività letteraria che portarono l’Isola a rivendicare un posto privilegiato nel panorama culturale nazionale e internazionale.
Dei posti di allora, Giovanni Alfredo Cesareo, nativo dello Stretto, preferisce varcarli alla conquista di Roma e lo fa con onore. Si stabilisce nella capitale umbertina dove, nel 1881, pubblica la sua prima silloge poetica, che riprende il più tipico paesaggio siciliano, con le sue tonalità e i suoi colori.

E ancora Enrico Cardile che, nel 1932, si ergeva dritto e solitario a gareggiare con Gabriele D’Annunzio e a discutere con Benedetto Croce. Le sue confutazioni estetiche sono tra le prime in Italia a richiamare in onore tale critica, affermando che si dovesse mirare soprattutto a intendere l’opera d’arte e sviluppandosi prima che uscisse alla luce l’estetica di Croce.

Poi verrà nel 1919 il Saggio sull’arte creatrice e nel 1924 la Storia delle teorie critiche in Italia.

Oratore, e ne accredita le qualità eccezionali lo scrittore suo contemporaneo Conti Tarantino, romanziere e poeta, fra i più proficui, Federico De Maria di Palermo, e fra i primi in Sicilia a collaborare con Filippo Tommaso Marinetti e con la rivista futurista Poesia, per la quale pubblica nel 1909 una delle opere poetiche più vigorose del Novecento letterario, La leggenda della vita.
Lo scrittore nel 1908 firma il primo manifesto del Movimento futurista di concerto con Martinetti, Paolo Buzzi ed Enrico Cavacchioli.
E come dimenticare lo scontro letterario fra Pietro Mignosi filosofo e scrittore e Vincenzo Schilirò sulla religiosità di Luigi Pirandello, svoltosi poco prima che lo scrittore agrigentino morisse e continuato subito dopo la sua scomparsa fra il 1935 e il 1937.

La Sicilia di allora non era solo composta dalle esperienze letterarie di Pirandello, De Roberto, Verga e Capuana, ma covava sotto le ceneri un tumulto di intelletti letterari che avrebbero con il tempo donato egregie cose alla cultura.

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