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Quando il condominio diventa complesso: il ‘supercondominio’ negli edifici

Il supercondominio, può definirsi come un agglomerato edilizio formato da più edifici tra loro strutturalmente autonomi, con in comune alcuni beni o servizi...

di Redazione

Il supercondominio, un agglomerato edilizio formato da più edifici tra loro strutturalmente autonomi, con in comune solamente alcuni beni o servizi ad essi accessori

 

Avv. Giovanni Parisi

Capita sovente che negli ordinamenti giuridici il legislatore codifichi a distanza di tempo un fatto o un atto già esistente e consolidato nella prassi applicativa dei consociati. È il caso del c.d. “supercondominio”, istituto diffuso da decenni nel nostro territorio a causa della “edificazione selvaggia” sviluppatasi dal dopoguerra nei già saturi agglomerati urbani. In considerazione della sempre più frequente prassi edilizia in tal senso orientata nel corso degli anni, la giurisprudenza elaborò sul finire degli anni ’60 una vera e propria casistica in tema di supercondominio, tentando di interpretarne la natura giuridica e le norme ad esso applicabili, e ciò sino al suo riconoscimento formale finalmente inserito nella legge di riforma al condominio, n. 220 del 2012, che ha avallato la tesi maggioritaria della Cassazione volta a classificare il supercondominio in forza del vincolo di accessorietà o funzionalità esistente tra alcuni beni, impianti o servizi rispetto a tutti i fabbricati al cui utilizzo sono posti. Recita, infatti, l’art. 1117-bis c.c.,le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c.”

Prima di fornire una definizione di supercondominio, occorre premettere che il legislatore della riforma, come può evincersi dalla lettera delle norme  sopra richiamate, abbia inteso sostituire alla locuzione “piani o porzioni di piano”, quella di “unità immobiliari”: tale modifica, non meramente stilistica, ha viceversa una valenza sostanziale, giacché ha permesso di ricomprendere nell’istituto condominiale situazioni diverse e complesse che, in passato, non trovavano un espresso riconoscimento nel codice.

Il supercondominio, dunque, può definirsi come un agglomerato edilizio formato da più edifici tra loro strutturalmente autonomi, con in comune solamente alcuni beni o servizi ad essi accessori, quali la strada di ingresso, il cancello, la portineria, l’impianto di illuminazione ecc. Pertanto, mentre ogni singolo edificio è un autonomo condominio (con un proprio amministratore, un’assemblea, un codice fiscale, un regolamento, etc.), che autonomamente si gestisce nei limiti della propria unità, per quel che attiene alle parti comuni a tutti gli edifici (viale di ingresso, portineria, impianti luce, fognario etc.) la gestione spetterà al “supercondominio”, costituito dall’insieme degli edifici stessi, ed il quale avrà uno specifico amministratore, una propria assemblea, un diverso codice fiscale etc.
L’assemblea del supercondominio e l’amministratore del supercondominio avranno come unico fine la gestione dei beni e servizi comuni a tutti gli edifici. Fin qui sembrerebbe tutto alquanto lineare. Tuttavia, legislatore del 2012 ha inteso complicare il tutto novellando l’art. 67 disp. att. c.c.

Detta norma, nel disciplinare gli organi del supercondominio, ha regolato la formazione ed il funzionamento dell’assemblea che, come si diceva, ha il potere di delibera relativamente alle decisioni sulle parti comuni a tutti gli edifici facenti parte del complesso, nonché sulla nomina dell’amministratore del supercondominio.

In particolare, la disposizione richiamata, non senza qualche “contorsionismo” normativo, ha individuato tre diverse procedure da seguire per convocare validamente l”assemblea del supercondominio, operanti in funzione del numero dei “partecipanti” e delle materie da trattare:

  1. a) nella prima ipotesi, qualora il numero dei partecipanti sia inferiore a 60, le regole di convocazione saranno quelle usuali, ossia effettuata a tutti i singoli proprietari (a prescindere dall’oggetto dell’ordine del giorno, sia esso di ordinaria, ovvero di straordinaria amministrazione). Pertanto, la partecipazione all’assemblea è consentita a tutti i singoli proprietari, salvo il potere di rappresentanza dei comproprietari di un singolo appartamento;
  2. b) nella seconda ipotesi, qualora il numero dei partecipanti sia superiore a 60 e le materie siano relative all’ordinaria amministrazione o alla nomina dell’amministratore, il singolo edifico dovrà nominare un c.d. “rappresentante” comune. In tal caso, solamente al rappresentante del singolo condominio (e non anche ai singoli condomini) andrà consegnata la convocazione, e soltanto il rappresentante medesimo (e non anche i singoli condomini) sarà legittimato a partecipare all’assemblea;
  3. c) qualora, infine, il numero dei partecipanti sia superiore a 60 ma le materie siano relative alla straordinaria amministrazione, torneranno ad applicarsi le regole usuali di convocazione. Pertanto, la convocazione dovrà essere inviata e ricevuta da tutti i singoli proprietari, la partecipazione all’assemblea sarà riconosciuta a tutti i singoli condomini, e le delibere saranno assunte secondo le ordinarie regole, in forza del richiamo operato dall’art. 1117-bis c.c. alla disciplina condominiale.

In conclusione, appare alquanto macchinoso da parte del legislatore, prevedere una nuova figura (il “rappresentante” di condominio) sostitutiva dei partecipanti per la sola gestione ordinaria – che per prassi presenta meno problematiche in assemblea – e non anche per quella straordinaria, lasciata a tutti i numerosi compartecipi (ricordiamo, oltre 60), con evidente rallentamento delle procedure deliberative (nonché di raggiungimento del quorum). Le cose si complicano ulteriormente nella ipotesi – tutt’altro che astratta – di assemblea convocata per discutere materie sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione: in tal caso, ogni condomino sarà convocato a partecipare alla “superassemblea” solamente per discutere e deliberare le materie di straordinaria amministrazione, rimanendo precluso loro non soltanto di deliberare sui punti di ordinaria gestione, ma altresì di partecipare alla stessa discussione in assemblea.

 

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