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Preliminare di vendita e casa gravata da ipoteca: quali tutele per l’acquirente?

La casa è un bene prezioso e l'acquisto della stessa deve essere sempre fatto con tutte le cautele del caso. Come tutelarsi se si vuole acquistare una casa gravata da ipoteca? Ecco i suggerimenti dell'avv. Dario Coglitore.

di Dario Coglitore

Normalmente la stipula di un atto di vendita è preceduta da varie e talvolta complesse trattative tra il venditore e l’acquirente; in particolare la sottoscrizione del rogito notarile è anticipata dalla conclusione di un preliminare di vendita in cui le parti si impegnano reciprocamente a vendere e a comprare, rimandando ad una data successiva l’effettiva realizzazione dell’affare per mezzo del contratto definitivo di compravendita il quale determinerà il trasferimento della proprietà dell’immobile da una parte all’altra.

Nel contratto preliminare di vendita oltre al bene, al prezzo da corrispondere e alla data fissata per il rogito notarile, è necessario indicare l’eventuale presenza sull’immobile di ipoteche o altri gravami pregiudizievoli: ai sensi dell’art. 1337 c.c. infatti le parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto devono comportarsi secondo buona fede

Ciò comporta per il contraente il dovere di fornire qualunque informazione possa inficiare la volontà negoziale della controparte.

Tuttavia non di rado accade che, una volta avviate le pratiche per il finanziamento, parte acquirente venga informata dal notaio (incaricato del rogito) che sulla casa da acquistare grava un’ipoteca sottaciuta dal venditore al momento della stipula del preliminare.

Quali tutele per il promissario acquirente ? 

È noto che l’art. 1482 c.c. disciplina il caso in cui, una volta stipulato un contratto di compravendita immobiliare tra due soggetti, si scopra che il bene era gravato da una garanzia reale. In tale ipotesi, infatti, si prevede che il compratore possa:

  •  sospendere il pagamento del prezzo, se la cosa venduta risulta gravata vincoli non dichiarati dal venditore e dal compratore stesso ignorati;
  •  far fissare dal giudice un termine, alla scadenza del quale, se la cosa non è liberata, il contratto è risoluto con obbligo del venditore di risarcire il danno.

In tal modo, dunque, il legislatore fornisce al compratore uno strumento di autotutela per l’ipotesi in cui il godimento del bene acquistato non sia pieno, e ciò indipendentemente dalla circostanza che l’ipoteca sull’immobile risultasse agevolmente conoscibile dal promissario acquirente.

L’ipoteca indicata in contratto

A tal riguardo la giurisprudeza di legittimità ha infatti precisato che “L’espressa dichiarazione del venditore che il bene compravenduto è libero da oneri o diritti reali o personali di godimento esonera l’acquirente dall’onere di qualsiasi indagine, operando a suo favore il principio dell’affidamento nell’altrui dichiarazione, con l’effetto che se la dichiarazione è contraria al vero, il venditore è responsabile nei confronti della controparte tanto se i pesi sul bene erano dalla stessa facilmente conoscibili, quanto, a maggior ragione, se essi non erano apparenti (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 976 del 19 gennaio 2006). Chiaramente, se il venditore ha reso edotto l’acquirente della presenza dell’ipoteca sulla casa – indicandola in contratto – quest’ultimo non può fare nulla ed è tenuto a recarsi dal notaio per il contratto definitivo.

In conclusione, l’esistenza di un vincolo reale, taciuto al momento della stipula del preliminare, si pone, quale circostanza atta a legittimare, tout court, la richiesta di risoluzione del preliminare per inadempimento, posto che, secondo la Suprema Corte, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1453 e 1482, 2° comma c.c. , “il promissario acquirente, se la cosa promessa è gravata da garanzie reali (o da pignoramento: o sequestro) non dichiarate(i) dal promittente venditore, può sia sospendere il pagamento del prezzo, sia domandare la risoluzione del contratto, avendo egli la facoltà e non già l’obbligo di chiedere al giudice la fissazione di un termine per la cancellazione dei gravami” (Cass. Civ. n. 7612 del 9 marzo 2022; Cass. n. 20961/2017).

Avv. Dario Coglitore

In questa prospettiva, la mancata comunicazione, in sede di stipula del preliminare, dell’esistenza di un vincolo sul bene oggetto della futura vendita è suscettibile, alla stregua di condotta lesiva del canone di lealtà, nel quale si declina, peraltro, la richiamata clausola generale di buona fede, di viziare la volontà negoziale del promittente acquirente, legittimandone la conseguente richiesta di risoluzione del preliminare, con conseguente restituzione di tutti i pagamenti già anticipati.

Ciò in quanto l’applicazione dell’art. 1489 c.c. in via analogica al preliminare di vendita è stata riconosciuta già da Cass. n. 11757 del 29.10.92.

Una possibilità per il promissario acquirente, pertanto, è quella di rifiutare la conclusione dell’affare, non addivenendo alla stipula del definitivo e riservandosi di agire per il ristore del danno risarcibile il quale ben può coincidere anche con la mancata concessione, connessa all’esistenza di un vincolo ipotecario, di un finanziamento o di un fido da parte della banca o nella “perdita del guadagno che una vendita tempestiva avrebbe consentito(guadagno che sarebbe potuto derivare, ad esempio, dall’impiego del bene in attività vantaggiose oppure dalla rivendita tempestiva del bene ad un prezzo particolarmente alto, impossibile da ottenere in futuro per il mutamento dei valori immobiliari), fermo l’onere della prova in capo all’attore.

In alternativa, il promissario acquirente se ancora interessato, può chiedere al giudice la fissazione di un termine per la liberazione dal vincolo da parte del promittente venditore.
Avv. Dario Coglitore

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