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Per San Martino ogni mosto diventa vino

di Redazione

I cibi e le bevande che scandiscono i ritmi delle feste, oltre che nutrimento, costituiscono dei simboli pervasi di ritualità che vanno dalle pratiche magico-religiose, alla scelta degli ingredienti, ai comportamenti inerenti la preparazione, la foggia, il modo di servire ed anche di mangiare o bere

Dall’archivio de L’InchiestaSicilia

Di Sara Favarò

Un  complesso sistema di comunicazione che, spessissime volte, è retaggio di antiche culture pagane transitate nell’uso cristiano. Tale è il caso della festività di San Martino riconducibile alle antiche feste greche, dette ‘’Antestèrie’’. Ad Atene, il primo giorno del mese di Antesterione (novembre) si usava spillare e usare il vino nuovo, così come avviene oggi l’11 novembre, giornata in cui la chiesa celebra S. Martino. Da questa usanza il detto ‘’ per S. Martino ogni mosto diventa vino’’.

L’indomani, al popolo si distribuiva il vino nelle brocche e, in un banchetto pubblico, si gareggiava a chi fosse riuscito a bere per primo la sua porzione, il premio consisteva in un’otre di vino. Il terzo giorno il simulacro di Dioniso, dio greco delle licenziosità e del vino (bacco per i romani) , veniva portato, festosamente, in  processione per le strade di Atene. Nelle feste dionisiache riviveva il culto religioso della ierogamia, ossia dall’accoppiamento tra due divinità tra una divinità e una mortale, come era avvenuto per Dioniso e Arianna. Quest’ultima era stata abbandonata sull’isola di Cnosso dal marito Teseo, e bacco, come cantato da ovidio in ‘’ l’arte d’amare’’: ‘’Ecco bacco chiamare il suo poeta : lui pure fornisce gli amanti e protegge la fiamma di cui brucia egli stesso… le tenne serrata al petto senza che lei resistesse e la rapì , non v’è nulla che un dio non possa fare’’.

Nella tradizione popolare siciliana, per la giornata stessa di S. Martino, si usava preparare un pranzo luculliano i cui elementi indispensabili erano il vino nuovo, la carne di maiale o, in mancanza, di tacchino, e i tipici biscotti di San. Martino che gli adulti mangiano inzuppati nel vino, mentre i bambini nel latte. I biscotti avevano due sagome di chiara valenza simbolica collegata alla procreazione, erano a bastoncini o rotondi. Il riferimento fallico del bastoncino è lapalissiano così come la rotondità, che rappresenta il grembo femminile fecondato. Con gli anni la forma femminile ha preso il sopravvento su quella maschile. Dolci la cui simbologia è connessa alla riproduzione della vita, e in stretta relazione anche con la fertilità della terra. Novembre è, infatti, il mese della semina. E’ dall’unione del seme e della terra che prenderanno i germogli delle piante, dal grano alla frutta, alle indispensabili al sostentamento dell’uomo.

Da li il mescolamento del culto di Dioniso con quello di Demetra.

Tra i tanti giochi fanciulleschi della tradizione siciliana c’è n’è una in particolare che usava farsi i bambini. Si afferrava dolcemente il polso e si ripeteva una filastrocca.

Ad ogni parola si faceva oscillare la manina ed in ultimo la si indirizzava verso la guancia del bambino. Manu modda manu modda, lu signuri ti là ncodda, ti là ncoddà a pani e vinu tiritappiti e sammartinu.

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