Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Mutilazioni genitali femminili, avranno mai fine?

Offende, umilia e distrugge non solo il corpo, ma anche l'anima delle donne. Sono ancora migliaia le pratiche di mutilazioni genitali femminili che si subiscono anche in Italia, lanciando un vero e proprio allarme su una pratica che va abolita su tutta la faccia del Pianeta

di Gilda Sciortino

La stima è che nel mondo vivano almeno 200 milioni di donne e ragazze che hanno subito mutilazioni genitali femminili (MGF). Circa 68 milioni, poi, rischiano di subirle entro il 2030. Ce lo dicono i dati Unicef , del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione e di Unfpa.

Solo in Italia, una ricerca dell’Università Bicocca di Milano ci dice che parliamo di quasi 88mila  donne che hanno subito queste pratica barbara. Nonostante i grandi numeri, però, nel nostro Paese sono ancora poche le donne che denunciano la propria esperienza di mutilazione e che mettono in discussione questa pratica.

Sono ancora meno le donne che, in un processo di conoscenza e cambiamento chiedono di ripristinare, in forma e funzione, i loro genitali esterni, al fine di ridurre dolori e disagi nella vita di tutti i giorni e per una piena e soddisfacente sessualità.

Conoscere e capire questo fenomeno, approfondirlo attraverso il confronto scientifico e culturale. È, questo, uno strumento fondamentale per divulgare consapevolezza e proporre azioni concrete presentando la chirurgia plastica come strumento di cura.

Ma sappiamo di cosa parliamo veramente?

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili e tutte le altre lesioni ai genitali femminili effettuate per motivi non medici, ma per ragioni culturali, di pressione sociale e per tradizioni che perpetuano un distorto ideale di purezza. Di solito vengono eseguite da un circoncisore tradizionale con una lama e senza anestetico.

Sono riconosciute dall’ONU come una pratica contro i diritti umani, ma sono ancora eseguite in diverse aree del mondo, dall’Africa all’Indonesia. Possono avvenire nelle prime settimane di vita, durante l’infanzia o all’inizio della pubertà. Ovviamente le modalità e le conseguenze sono diverse a seconda del luogo in cui vengono praticate.

Per quanto riguarda la stragrande maggioranza delle donne che l’hanno subita, la mutilazione avviene prima della migrazione oppure, nel caso delle seconde generazioni, in occasione di un viaggio nel Paese di origine. 

Quando si asporta il clitoride (in realtà la sua parte “sporgente”) si parla di mutilazione di grado 1; se, oltre a questo, si riducono o eliminano le piccole labbra, si è di fronte a una mutilazione di grado 2.

Nel caso in cui, invece, si aggiunge il restringimento dell’introito vaginale, la cosiddetta infibulazione, è stata praticata una mutilazione di grado 3 e 4, a seconda dell’estensione della sutura di chiusura. Anche per i metodi rudimentali solitamente impiegati, le mutilazioni genitali femminili sono spesso causa di gravi infezioni e possono portare alla morte.

Pesantissima la conseguenza anche da un punto di vista psichico

Questo avviene a causa del trauma subito e dei disagi conseguenti, tra cui la difficoltà nella minzione (gli esiti cicatriziali rendono lungo e difficile lo svuotamento della vescica), il dolore durante i rapporti sessuali e l’impossibilità di partorire naturalmente. 

Nei mesi scorsi Palermo è stata sede del IV Summit Itinerante sulle Mutilazioni Genitali Femminili. Summit, organizzato dalla Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica (SICPRE). A collaborare l’Unità operativa di Chirurgia Plastica del Policlinico “Paolo Giaccone” diretta da Adriana Cordova. 

«Abbiamo avuto un’importante occasione – spiega la prof.ssa Adriana Cordova – per informare e sensibilizzare su questa pratica. Pratica, che costituisce nel diritto internazionale una grave violazione dei diritti umani a danno di milioni di bambine, ragazze e donne.

La sinergia tra professionisti

L’obiettivo è stato quello di fare incontrare le categorie professionali coinvolte nel tema e assicurare la migliore assistenza alle donne vittime di questa pratica».

Una strada intrapresa da sempre dalla Sicpre. Nel 2019, grazie alla sua presidente, la dott.ssa Stefania de Fazio, segue un percorso che non vuole fermarsi alla mera enunciazione di teorie.

«Il nostro impegno è stato e sempre sarà nei confronti delle donne vittime di mutilazione genitale. Noi lo traduciamo in percorsi concreti e accessibili. Sosteniamo, infatti, la creazione di unità ospedaliere multidisciplinari dedicate. Vedi le MGF Unit, composte da ginecologi, psicologi, urologi e ovviamente chirurghi plastici, per dare a queste pazienti accoglienza e il miglior trattamento possibile. Accanto alla SICPRE anche ActionAid, al lavoro per approntare una rete di informazione e consapevolezza che  coinvolge la società, la scuola. Inoltre, fornisce supporto legale e mediazione linguistica».

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