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Margherita, vedova di Giuseppe Coletta, morto nell’attentato di Nassiriya

Margherita, vedova di Giuseppe Coletta, morto nell’attentato di Nassiriya. Una donna che ha patito tanto dolore ma che regala tanto amore...

di Clara Di Palermo

La nostra rubrica donna oggi vi racconta la storia di una donna forte, coraggiosa, tenace e profondamente rispettosa del prossimo. Una donna che ha patito tanto dolore ma ha regalato, e regala, tanto amore. Margherita, vedova di Giuseppe Coletta, morto nell’attentato di Nassiriya

 

di  Clara Di Palermo

“Il 12 novembre del 2003 stavo ricamando a punto croce un fiocco nascita per una bimba che sarebbe nata di lì a poco.  Ad un certo punto mi resi conto che si stava facendo tardi e io dovevo portare Maria, la mia bimba di due anni e mezzo, ad un controllo di routine dal pediatra. Uscimmo e improvvisamente, per strada, il mio cellulare cominciò a squillare incessantemente: erano i miei amici che avevano sentito alla Tv che a Nassiriya  c’era stato un attentato contro la base italiana ma le notizie erano frammentarie, così corsi subito alla caserma dei Carabinieri per avere notizie di mio marito”.

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Giuseppe e Margherita Coletta

Margherita Coletta racconta così quel giorno che ha cambiato per sempre il corso della sua vita quando, ad appena 33 anni diventò vedova del brigadiere dei carabinieri Giuseppe Coletta. Entrambi di Avola, in provincia di Siracusa, erano cresciuti insieme, fidanzati sin da bambini, lei 13 anni e lui 18, una di quelle storie belle, tenere, destinate a durare per sempre, fino alla vecchiaia, se non ci fosse stato quel crudele attentato.

Cosa successe una volta in caserma?
“Vidi il comandante, che conoscevo bene, che era vestito in borghese ma improvvisamente andò a indossare la divisa. Ma io già avevo sentito che a Giuseppe era accaduto qualcosa di brutto. Quando il matrimonio è fondato su un amore profondo come il nostro, è come essere una cosa sola e io non so spiegarlo, ma la sensazione che avevo percepito ancora prima delle parole, era stata bruttissima”.

Giuseppe Coletta fu uno dei 17 militari italiani uccisi dall’esplosione dell’autocisterna kamikaze che spezzò anche le vite di due civili nostri connazionali, oltre a quelle di 9 iracheni.
Margherita, da allora, dovette tirar su da sola la piccola Maria, oggi quindicenne. Vive a Roma dove gestisce un negozio di oggetti sacri, “Betlemme”. Insieme con alcuni amici del suo Giuseppe ha fondato un’Associazione, “Bussate e vi sarà aperto”,  per ricordare il carabiniere ucciso ma, soprattutto, per cercare di dare aiuto ai bambini, che lui tanto amava, dovunque si trovino, in Italia, in Africa, dovunque ci sia bisogno di un aiuto concreto.

Suo marito amava molto i bambini Giuseppe Coletta
“Sì. Mio marito amava tanto i bambini e c’era stato un grande dolore che aveva travolto le nostre vite: il nostro primogenito, Paolo, è morto di leucemia a soli 6 anni. Giuseppe cercava gli occhi del nostro Paolo in quei bambini. Nel corso delle missioni in quelle terre martoriate ne incontrava tanti, a volte rimasti soli, cercava di aiutarli al massimo delle sue possibilità. Una volta, in Albania, quando c’era la deportazione dei Kosovari, si imbatte in un bambino che vagava sperduto, in cerca dei suoi genitori. Con altri commilitoni, lo portarono alla base e si adoperarono fino a quando riuscirono a trovare la sua famiglia. Giuseppe organizzava camion di aiuti per questi piccoli sfortunati e io ho raccolto il testimone”.

Quel 12 novembre cambiò del tutto la sua vita. Come si va avanti?
“Io ho una grande fede e Dio mi ha aiutato tantissimo. Vede…..io e Giuseppe condividevamo tutto, ci univa la fede, anche se vissuta in maniera diversa, avevamo un legame davvero forte. Quando è morto Paolo, ci siamo fatti forza l’un l’altro, io avevo lui come punto fermo. Quando poi è morto lui, mi mancava la spalla alla quale rivolgermi, la sua comprensione, ma ho avuto l’aiuto di Dio”.

Qual è il più bel ricordo di suo marito, leredità morale più bella che le ha lasciato?
“Innanzitutto il rispetto verso gli altri. Lui era l’uomo del fare e del sorriso. Tutto era possibile se lo si voleva e io vado avanti su questi suoi insegnamenti. Il rispetto verso gli altri è anche il rispetto verso il dolore degli altri. Ricordiamoci sempre che noi siamo gli altri per la gente e quindi tutto quello che ci sembra lontano, un giorno potrebbe essere a noi vicinissimo. Mi faccia dire una cosa: ancora non capisco come la Nazionale di calcio abbia potuto giocare una partita di pallone con 10 morti ammazzati (la strage di Dacca, in Bangladesh, ndr) . Avrebbero dovuto dare l’esempio a tutta Europa e non disputare la gara, in rispetto di quei morti e del dolore dei loro familiari. Ecco….non si devono mai perdere di vista certe cose, non si deve mai perdere attenzione sui sentimenti. E noi non dobbiamo mai perdere di vista i nostri obiettivi”.

Chi è Margherita Coletta?
“Una donna semplice che Dio ha saputo trasformare. Sono felice di avergli detto sì!”.

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