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Mai mangiato l’uovo a cucurummau? La magia della cucina povera

Abbiamo scomodato un noto chef palermitano per commentare un piatto povero, tramandato dai ricordi di profumi magici di una volta. Curiosi? E voi... avete mai mangiato l'uovo a cucurummau?

di Clara Di Palermo

Sembra quasi uno scioglilingua ma l’uovo a cucurummau (non chiedeteci da cosa ha origine questo nome… nessuno ha saputo dircelo) decisamente un piatto della cucina povera, racconta di profumi di una volta, di bambini che corrono nella corte di un casolare di campagna, delle nonne che andavano a recuperare le uova dal pollaio. Il tutto, per un piatto della tradizione povera della nostra cucina e che ci raccontano a Grisì, piccolo centro del palermitano che fa parte del territorio del comune di Monreale, di quello spicchio che quasi si incunea nella provincia di Trapani.

Di questo piatto ci parla Mariella, una bella signora che ha passato gli 80 anni ma che ha ancora la verve di una ragazza. Il suo racconto ha la capacità di portarci indietro nel tempo.
“Noi bambini giocavamo nella corte del baglio che c’era una volta in paese e ci divertivamo con poco. Sebbene la mia fosse una famiglia agiata, i miei genitori ci hanno sempre educato al rispetto verso le persone e le cose, e la cucina di ogni giorno attingeva tanto ai doni della terra, lo spreco era bandito. Qui il terreno è magnanimo e regala frutti e ortaggi buonissimi. Le uova non mancavano mai e, sebbene noi non avessimo galline nostre, ce ne venivano regalate ogni giorno”.

Le uova, peraltro, sono un alimento completo, utilizzato per numerose preparazioni sia dolci che salate e pare che già nell’antico Egitto avessero creato una sorta di sistema di incubazione artificiale.
Ricche di proteine (nell’albume) e di parecchi altri elementi nutritivi, sono le uova di gallina le più comuni sulle nostre tavole. Quelle di quaglia vengono utilizzate per la preparazione di piatti particolari dagli chef e se ne consumano di più nel nord del nostro Paese.

“Probabilmente questa definizione uovo a cucurummau è stata inventata da qualche mamma per far mangiare i bambini, ma per tutti noi era una vera prelibatezza”

Il racconto dei profumi

E la ricetta?
“Figuratevi… chissà quante volte lo avrete mangiato! Magari lo chiamavate diversamente. Servono uova, olio, aglio, una cipolla piccola, pomodori ben maturi (in alternativa, oggi, possono andare bene i pelati in lattina), del caciocavallo fresco tagliato a cubetti, che in Sicilia chiamiamo ‘u cascavaddu. Una volta rosolato leggermente nell’olio, in padella, aglio e cipolla affettata sottilmente, aggiungete i pomodori a pezzi e fate restringere, a fuoco moderato. Abbassate la fiamma e rompete le uova nel sugo, mescolate in modo da romperle e strapazzarle e, appena cominciano a rapprendersi, mettete i tocchi di caciocavallo e un pizzico di pepe, se gradito. Suggerisco di assaggiare prima di decidere se aggiungere sale, dipende da quanto è salato il formaggio. Il consiglio è quello di accompagnarlo con pane rustico a fette”.

È un piatto molto energetico e non esattamente leggero…
“Ma dopo aver giocato un intero pomeriggio, era quasi un premio. E poi facevamo a gara nel fare la scarpetta e lasciare il piatto completamente pulito!”.

Mentre racconta, la signora Mariella sorride e ricorda di come, appena l’aglio cominciava a sfrigolare, chiedeva a uno dei suoi fratelli di prenderla in braccio per farle guadagnare centimetri e guardare più da vicino l’incontro del pomodoro con aglio e cipolla: un tripudio di profumi che riempiva la cucina.
“A volte cucino a casa l’uovo a cucurummau – ci dice – ma non sento gli stessi profumi, quelli accompagnati dal rito delle fette di pane tostate sulla cucina a legna, dopo averle arricchite con un filo di olio. E mia mamma che, aiutata da zia Maddalena, minacciava col cucchiaio di legno per aria prima andate a lavarvi le mani!”.

Gigi Mangia

I suggerimenti dello chef per trasformare una ricetta della cucina povera in novità

Ma un piatto tutto sommato semplice, può essere trasformato da uno chef? Lo abbiamo chiesto a Gigi Mangia, noto ristoratore palermitano.
L’uovo è un alimento che si presta anche a una cucina da chef?
“Certo! io lo cucino spesso, ma in forno” – rivela.
Ma come in forno? Una sorta di soufflè?
“No. Io faccio l’ovo novo. La base è comune: il solo tuorlo versato crudo in una piccola cocotte (una sorta di piccola pentola adatta a cotture particolari, ndr). Poi lo copro con la sua meringa fatta con l’albume e lo metto in forno due minuti a 61 gradi. La cottura a bassa temperatura ci restituisce l’uovo cotto, però non sodo… adatto per la scarpetta, via! E il bello è ciò che ci sta tra il tuorlo e la meringa”.

Dalla semplicità alla creatività

E cosa ci sta?
“Ci possiamo sbizzarrire: potremmo mettere del tartufo e accompagnarlo con dei bastoncini di pane al burro, per esempio. Non vi dico il trionfo di profumi e di gusto! O ancora servire l’uovo, cotto in cocotte, su una fonduta di formaggio, accompagnato da bastoncini di pane al burro e caviale fresco. Anche la ricetta povera di cui raccontate può essere rivisitata. La cosa fondamentale, quando si rivisita un piatto della tradizione o della cucina povera di un luogo, è non perdere la territorialità. Gli ingredienti principali devono essere sempre quelli, possiamo cambiare il modo di cuocerli e portarli in tavola, ma non possiamo inserire ingredienti che divagano completamente dalla tradizione tramandata. Invece di strapazzare l’uovo, ad esempio, potremmo strapazzare le cose che accompagneranno l’uovo. Quindi sempre il tuorlo in cocotte con la sua meringa e, tra di essi, un trito di pomodori freschi, pomodori secchi, basilico fresco, cipolla rossa, niente aglio perché io non lo mangio; il tutto ripassato in padella un attimo e poi versato sull’uovo coperto con la meringa e messo in forno. Da accompagnare con dei bastoncini di pane alle olive”.
E magari, qualche bastoncino di cascavaddu, aggiungiamo noi!

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