Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Livio Corselli, artista dell’improvvisazione in toga

Livio Corselli, giovane trentaquattrenne cantante e chitarrista autodidatta che “tutte le band vogliono al loro fianco"...

di Redazione

“Quando ho preso in mano una chitarra per la prima volta, improvvisamente, semplicemente suonando un paio di note, mi ha veramente parlato. Era quasi come se fossi già stato stato capace di farlo prima. Era qualcosa che sentivo veramente naturale. 

Slash

 

 di  Daniela Giangravè

 

Cosa fa un valido e bravo avvocato quando non perora la sua causa? Toglie la toga, sveste i panni del maestro dell’arte oratoria e veste quelli dell’artista musicale.

È di Livio Corselli che stiamo parlando, giovane trentaquattrenne cantante e chitarrista autodidatta che, cito testuali parole, “tutte le band vogliono al loro fianco”. Già avvezzo al pubblico, il nostro artista ha calcato numerosi palchi di svariati locali di Palermo e anche della Sicilia, nonché – udite udite – il teatro di Verdura nel 2013, in occasione di “Jam in tour”, una manifestazione musicale organizzata da Manfredi Tumminello riscuotendo un invidiabile e un alto apprezzamento.

Partecipante attivo alle jam session palermitane, non c’è una scaletta, un qualche canovaccio seguito nel suo esibirsi. Livio segue l’istinto, il sound, le sfumature e le vibrazioni di quello che vuole esprimere, segue le sensazioni delle note, dalle melodie, della musica e dei pezzi che canta e che accompagna ed è così che la sua musica crea virtuosismi che possono variare dal blues, al soul, al rock, al pop rock e così via. L’improvvisazione che si fonde alla innata bravura diventa arte e la musica è arte a tutto tondo. Il nostro avvocato ha un carattere deciso, forte, estremamente schietto e diretto da risultare, talvolta, quasi un personaggio “strano” per sua stessa definizione e soprattutto scomodo. Ad ogni modo, sicuramente il suo è il carattere di chi sa come si fanno bene le cose perché in qualsiasi cosa ci si adoperi e ci si metta la faccia, deve essere fatta nel modo migliore che si conosca.

Non è facile fare musica a volte e stare in piedi e senza troppi compromessi in questo ambiente ma fino a quando ci sarà qualcuno che vorrà condividere qualcosa con altri e vorrà fare sapere cosa pensa la propria anima, non possiamo non sentirci grati per questo arricchimento interiore che ci viene donato.

Ci incontriamo un sabato di settembre a Palermo, a Piazza Campolo, e tra un caffè, i clacson della città, e un piacevole sole autunnale, caldo da sembrare quasi estate, per noi de L’Inchiesta Sicilia Livio si racconta un pò.  livio-corselli

 

A che età hai cominciato a far vibrare con i polpastrelli le corde di una chitarra?
Ho cominciato a 13 anni e mezzo. Prima cantavo e ho iniziato a suonare la chitarra proprio perché cantavo. L’input è stato quando mia sorella più grande ricevette in regalo per il suo diploma una vecchia tastiera “Gem” degli inizi degli anni ‘90 con cui suonava le classiche canzoncine, “I soldatini passano” per esempio, quelle appunto che si imparano al primo approccio con i tasti.

Per quanto riguarda me, scovando il vecchio prontuario degli accordi, all’età di 9-10 anni, ho imparato strimpellando gli accordi solo con la mano destra; infatti tutt’oggi non so usare la mano sinistra sulla tastiera ma mi sono tornati utili perché in ogni caso mi servivano per cantare. Prendevo gli spartiti di Baglioni e dei Roxette in particolare che tutt’ora amo ancora da morire… ho tutta la loro discografia e li conosco a memoria perché li ho suonati a quell’età.
A 13 anni e mezzo, e non so esattamente il motivo, mi sono fossilizzato sul fatto che dovevo suonare la chitarra, quindi ho comprato la mia prima chitarra classica e da quel momento non ho mai smesso. La chitarra l’ho appresa in modo più regolare rispetto alla tastiera ma se non avessi iniziato a cantare non avrei suonato e non suonerei adesso. In realtà devo dire che ho sempre saputo di sapere cantare, sin da bambino, anche quando non cantavo, come se fosse un’attitudine innata. Forse l’ho ereditato da mia mamma che mi dicono che da giovane cantava.

 

Tu sei un avvocato: suonare e cantare lo consideri un lavoro alla stessa stregua del mestiere di avvocato? Pensi di metterli su uno stesso piano anche a livello di passione?
In merito a questo ti dirò che fare il musicista è un lavoro ed è anche pesante. Quando vado ad un locale per suonare, arrivo tra le ore 19 e le ore 20 con l’auto e un bel “bagaglio” di due casse, un amplificatore, due chitarre, un mixer e i cavi. Ci impiego mezz’ora a scaricare, mezz’ora a montare, si fa il soundcheck, si attende un’oretta e mezza circa prima di iniziare la serata e sono quasi sempre a stomaco vuoto anche perché devo cantare. Ci si esibisce per due ore e se non ci si sente bene, magari si rischia di esagerare o di perdere la voce e così via. Si conclude parecchio stanchi, si smonta tutta l’attrezzatura per ricaricare in macchina tutto quanto. Tutto questo per dire che a prescindere dal suonare per lavoro o dal suonare per passione o per qualsiasi altra motivazione lo si voglia fare, comunque non è una passeggiata di salute. Personalmente io faccio l’avvocato ed è il mio lavoro, almeno al momento, poi non conosco il futuro. Non posso dire che faccio il musicista di professione ma di certo posso dire che quando faccio il musicista lo faccio con professionalità.  Il mio modo d’intendere la professionalità è di essere seri e portarsi avanti con il lavoro, fare tutto quello che è necessario fare. Scaletta da studiare, un programma da seguire, uno show da rispettare, perché non è solo di musica in sé e per sé è anche una questione di approccio con le persone. Suonare è dare e avere e s’instaura uno scambio tale per cui più tu dai, più ti dà il pubblico. Più ti dà chi ti ascolta e più dai tu.

Certe serate in giro per la Sicilia si sono rivelate sorprendenti per la sorprendente risposta delle persone. Questa è una cosa che prescinde dal fatto di essere o meno musicisti professionisti. È più importante la professionalità dal mio punto di vista. Poi ognuno la pensa come vuole. C’è chi dice: “tu fatti il tuo lavoro che io mi faccio il mio.” Dal mio punto di vista se c’è qualcuno che ha la voglia e il piacere di sentirmi, io mi farò sentire, se non c’è vado avanti lo stesso per la mia strada, si vive lo stesso insomma!

 

Ti sei definito “colui che più di chiunque altro partecipa alle jam session palermitane“. Parlacene un pò…
Purtroppo questa cosa ormai me la sono auto appioppata un po’ come quello a cui appiopparono la santità… ma non è questo il mio caso!
In effetti è vero perché sono un musicista autodidatta quindi non sono quello che suona in maniera precisa e accademica per cui sono abituato a vivere la musica come un dialogo. Noi adesso stiamo qui a parlare ma se io e te avessimo entrambi una chitarra, a quest’ora saremmo qui a suonare tranquillamente qualsiasi cosa senza problemi. Quindi frequento le jam proprio perché mi piace vivere la musica in un certo modo. Che qui a Palermo le jam siano più o meno canoniche è un discorso a parte nel senso che, se dobbiamo dirla tutta, una jam session non è una cosa che si fa perché il pubblico vuole sentire cosa i musicisti sono in grado d’improvvisare. Anzi di solito al pubblico interessa poco. La jam session di solito si fa per i musicisti stessi. È un dialogo, è un’occasione di creazione. Le jam che si fanno a Palermo nei locali, le ho fatte già nei box con diverse persone e da questi incontri è uscito di tutto e intendo canzoni inedite, no cover. La jam è solo per il piacere di suonare o dovrebbe esserlo almeno, è per il piacere di dialogare e per il piacere di vedere cosa succede e cosa ne viene fuori. Per il piacere di sorprendersi, ecco. La jam è figlia di chi la frequenta. Quello che esce fuori dalla jam è figlio di chi sta suonando. Chi legge solamente la musica, infatti, non è adatto a fare un lavoro di questo tipo. Di converso chiaramente chi come me che non legge la musica ed è adatto a fare un lavoro di questo tipo, non starà mai in un gruppo nel quale gli si dà lo spartito da seguire.

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Sulla scia di quello che abbiamo detto, in base a quale sensazione del momento decidi il ritmo da seguire o dare alla tua musica o alla tua improvvisazione?
Argomento complesso perché non sono sempre io a poter decidere. Quando si fa musica si è in tanti a meno che tu non si è da soli ovviamente e in quel caso è diverso. La base di tutto è ascoltare. S’instaura un dialogo per cui se suoniamo tutti seguendo la pentatonica o lo shuffle, per dire, è chiaro che si deve rimanere sullo stesso livello. Se suono a casa mia è il momento che mi fa andare avanti. Attualmente ho una melodia in testa, un riff che mi frulla ma non so come continuarlo…

 

Quindi sei alla ricerca di qualcosa di nuovo? Un sound o qualcosa di mai sentito…
Chi improvvisa ama creare musica. Questo l’ho fatto in passato col mio vecchio gruppo che si chiamava “La festa degli ignobili.” Su internet non si trova più nulla se non due video unofficial su Youtube. Si trattava di musica inedita in italiano ed è un lavoro per il quale io e un mio amico tastierista abbiamo perso molto tempo infatti il senso di fare musica è quello. Io non penso che ci si possa ritenere soddisfatti musicalmente suonando sempre e solo i soliti brani o le solite cose perché si ha bisogno di stimoli. Questo è il motivo per cui dopo 15 anni ho preso il mio repertorio e mi sono detto: “ok, questo repertorio si fa solamente se non dobbiamo provare!”

A Palermo ci sono tanti musicisti bravi e di alto livello che però non hanno mai avuto la spinta a fare qualcosa di loro. Poi c’è chi lo ha fatto ma non ha espresso granché. Come c’è chi fa qualcosa di originale ma nessuno lo prende in considerazione perché spesso si entra in logiche di marketing, e come ti dicevo la musica è, sì, arte ma è anche business a volte. Al momento alcuni artisti palermitani che hanno un repertorio inedito si stanno muovendo grazie ad una serie di persone e grazie ad un ambiente che li appoggia. Io questa fortuna non l’ho avuta mai. Non so se per meriti o demeriti. È una domanda che mi sono posto e alla quale non so rispondere.

 

Ti consideri più un bravo avvocato o un bravo chitarrista? O nessuno dei due…
L’altro giorno ho scritto su Facebook uno stato in cui dicevo questo: “Su una cosa sono d’accordo: essere bravi è una colpa, anche se non va mai bene autodefinirsi bravi. L’unica cosa che so è che quando qualcuno è effettivamente bravo, genera una serie di sentimenti che poi è sostanzialmente invidia.” Se sei bravo e qualcuno ha interesse a fermarti, lo fa! Questo vale per tutto, non stiamo parlando solo di musica.

In merito alla tua domanda, io ho una doppia vita: di giorno faccio l’avvocato e di sera faccio il musicista. Faccio entrambe le cose e cerco di amalgamarle bene. Certamente un po’ il sonno si fa sentire la mattina e non posso dedicare alla musica tutto il tempo che vorrei e senza dubbio devo accorciarlo. Il problema non è tanto quello che faccio ma è come lo faccio. Non sarò io a dire se sono più bravo in una o nell’altra cosa, posso solo dire che qualsiasi cosa io faccia, cerco di farla nel modo per me migliore! Se devo, come dicono i siciliani, arrunzari tanto vale non fare nulla. E questo è il motivo per cui alla fine non importa neanche che tu sia o meno appassionato. Se stai facendo qualcosa, la devi fare per bene sia che tu sia o meno appassionato. Questo è il mio modo di vedere le cose. E vale per tante cose.

 

Cosa pensi della musica di oggi?
È una domanda per cui posso iniziare a parlare senza fermarmi più. Dipende anche molto dal gusto.
Io sono cresciuto negli anni ‘90 e mi ritengo fortunato pur avendolo compreso però col senno di poi. Sono legato a quel periodo e mi sono reso conto di essere diventato un po’ nostalgico.
In quel periodo cantavano questi gruppi come i Nirvana, gli Smashing Pumpkins, i Soundgarden. Anche Alanis Morisette ha venduto 45 milioni di dischi con “Jagged Little Pill” e forse è stato l’ultimo disco che ha venduto così tanto nonostante all’epoca internet non era così accessibile a tutti. Non lo capivamo a quei tempi perché non sapevamo cosa ci aspettasse dopo e in realtà in quegli anni è rinato il rock. In quegli anni si è ripreso un modo di interpretare la musica che a me piace particolarmente, ovvero quello di renderla viscerale.

Pur apprezzando, come già detto, i Roxette, che considero sintetizzatori a manetta, tuttavia Il recupero della musica nuda e cruda era una cosa che ci voleva. Posso non sapere suonare ma se riesco a fare capire quello che dico allora funziona. Per me i Nirvana sono stati esemplari perché hanno dato una lezione ovvero che per fare musica non devi per forza sapere suonare, quello che importa è che tu abbia qualcosa da dire.

Per quanto riguarda la musica di oggi, non ho visto molta roba nuova interessante anche perché i canali di ascolto non sono più gli stessi. Spesso scoprivo tanto guardando MTV che non esiste più, ogni tanto sento qualcosa di interessante su Virgin Radio e poi puntualmente non mi danno il titolo. Ho conosciuto i Mumford and Sons in questa maniera, i Kings of Leon che sono più mainstreem. Tuttavia però è veramente poca la roba degna di nota in termini di mercato.

Se parliamo di musicisti o chitarristi come nel mio caso, ci sono dei nuovi artisti in giro anche John Mayer e Joe Bonamassa però questo tipo di artista non ha quel tipo di diffusione. Mi piacciono i Goo Goo Dolls, Gavin Degraw, Peter Cincotti e, in quanto amante della melodia che poi può essere spinta anche oltre, mi piacciono gli Slipknot, anche perché Corey Taylor il loro cantante, canta in una maniera pulita che a me fa impazzire. Mi piacciono i Foo Fighters… Sono abbastanza eclettico musicalmente tanto è vero che ho costruito i miei suoni in maniera tale per cui, chitarristicamente parlando, con quello che ho io, posso suonare il blues, ma posso suonare anche il rock.

 

Stai lavorando a qualche pezzo inedito?
Come accennavo, quando io ho iniziato a suonare, l’ho fatto sempre con l’idea di esprimermi. Quando ho iniziato a scrivere musica a 16 o 17 anni, magari è un parolone, sono uscite fuori varie cose. Ed è stato un periodo più prolifico di quello attuale poiché ho cercato per molti anni di metter su una band per poter realizzare il materiale che avevo. Ci ho provato in diverse maniere, con diverse persone, ne ho cambiati tanti di gruppi. Non ci sono riuscito, poi alla fine mi sono fermato per qualche anno perché mi ero anche un po’ arreso. Nell’anno 2010-2011 quando è tornato il mio amico tastierista diplomato al CPM di Milano (scuola di musica molto famosa gestita da Franco Mussida, chitarrista della PFM), abbiamo lavorato ad un piccolo EP autoprodotto di 6 brani e il nome del progetto era “La festa degli ignobili” e l’EP si chiamava “ Vivi di stenti”. Effettivamente le tematiche erano abbastanza oscure così come il titolo suggerisce ed è stata una cosa assolutamente voluta anche a livello di testi tutti scritti a 4 mani. È stato un bel lavoro dal nostro punto di vista ma che non ha avuto nessuna diffusione e distribuzione anche perché quegli stessi canali che veicolano alcuni non veicolano altri evidentemente. Io personalmente ci scommetterei su quello che abbiamo fatto ma non lo posso dire io quindi chi lo ascolta si farà la sua idea. Resta il fatto che anche se sono rimasto da solo sia dal punto di vista della musica inedita sia dal punto di vista delle cover mi piacerebbe riprendere. La difficoltà è stata che negli ultimi due anni circa, scrivere e fare venire fuori roba nuova non è stato semplice per svariati motivi. Siamo stati sicuramente troppo ipercritici nei nostri confronti e nelle cose che facevamo e questa cosa ci ha fermato perché alla fine il dovere pensare per forza e troppo a cosa non va ti fa perdere di vista quello che va quindi ora, sì, sto cercando di recuperare però non so se ce la farò. Del resto è già difficile di per sé da soli, ed è poi difficile quando sei riuscito a raggiungere il primo step, passare al secondo e trovare le persone adatte e adeguate che abbiano il tempo e così via. Quindi io non lo so se ci riuscirò però io sto continuando.

 

 

 

 

 

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