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Le recidive di linfoma

Cosa fare in caso di recidiva di un linfoma? E quali i segnali da non sottovalutare? In questo articolo vediamo anche quali le terapie possibili

di Fondazione Italiana Linfomi

La terapia di prima linea del linfoma, nella maggior parte dei pazienti, permette di ottenere una guarigione completa dalla malattia. Tuttavia, in un certo numero di casi è possibile che il linfoma non risponda alla prima terapia, mostrando un quadro di chemioresistenza, oppure che, dopo aver ottenuto una risposta completa, torni a ripresentarsi comportando una recidiva di malattia.

Si parla di recidiva precoce, se avviene entro 12 mesi dal termine della prima terapia, oppure di recidiva tardiva se avviene oltre un anno; raramente la recidiva di linfoma si manifesta dopo cinque anni. 
La recidiva di linfoma può essere asintomatica ed essere individuata tramite gli esami di follow up, oppure associarsi alla comparsa di sintomi sistemici (febbre e sudorazione notturna, spossatezza, perdita di peso, tosse) o all’ingrossamento di uno o più linfonodi.

Gli esami strumentali

Al momento della recidiva, è fondamentale studiare nuovamente la malattia con esami strumentali, come TAC e PET, ed eseguire un nuovo esame istologico, quando possibile, allo scopo di confermare la diagnosi iniziale ed escludere eventuali cambiamenti della patologia verso una forma più aggressiva.
Sebbene per alcuni tipi di linfomi indolenti (ossia cronici e non aggressivi) una recidiva asintomatica possa essere solo monitorata nel tempo, spesso la ricaduta di linfoma necessita l’avvio di programmi di terapia di seconda linea o di salvataggio, che impiegano farmaci diversi da quelli già utilizzati e che vengono scelti sulla base del trattamento precedente, dell’età e delle condizioni cliniche del paziente, oltre che della localizzazione della malattia.

La remissione della rcidiva

Grazie ai nuovi farmaci e ai nuovi tipi di trattamento introdotti negli ultimi anni, sempre maggiori sono oggi le possibilità di remissione alla ricaduta di malattia, attraverso schemi chemioterapici intensivi seguiti da trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche, o, sempre più spesso, la combinazione con farmaci biologici e/o immunoterapici, fino alla possibilità di utilizzare la terapia CAR-T per i linfomi aggressivi ricaduti.

I farmaci biologici

I farmaci biologici si basano su molecole in grado di agire in maniera specifica (“target”) su determinate alterazioni molecolari delle cellule tumorali (bersagli) in modo da andare a bloccarne la crescita e la proliferazione, aumentando l’efficacia della terapia e riducendone gli effetti collaterali.

L’immunoterapia

L’immunoterapia agisce invece direttamente sul sistema immunitario dell’organismo, che nelle patologie tumorali risulta inibito attraverso varie vie, “risvegliandolo” e stimolandone l’azione contro le cellule tumorali, allo scopo di combatterle ed eliminarle. Tra i farmaci immunoterapici, si riconoscono gli anticorpi monoclonali, gli anticorpi bispecifici e i farmaci immunomodulanti.

Le cellule CAR-T

La terapia con cellule CAR-T, infine, rappresenta una delle principali innovazioni degli ultimi anni per la cura dei linfomi aggressivi recidivati in selezionati gruppi di pazienti; essa consiste nel prelevare dal paziente un particolare gruppo di globuli bianchi (i linfociti T) che normalmente sono responsabili della difesa del nostro organismo, ma che nel linfoma non sono più capaci di combattere il tumore; tali linfociti T vengono modificati geneticamente attraverso l’introduzione di un recettore CAR (Chimeric Antigen Receptor), per renderli in grado di riconoscere e distruggere in modo mirato le cellule tumorali, e quindi reinfusi nel paziente per consentire la loro azione antitumorale.

L’ampia gamma di trattamenti attualmente disponibili offre dunque ampie possibilità di guarigione di buona parte dei tipi di linfomi recidivati, così come la possibilità, nei pazienti che per età o condizioni cliniche generali non risultino candidabili a trattamenti intensivi, di un buon controllo dei sintomi e della malattia a lungo termine, associato ad una buona qualità di vita per il paziente.
A cura della dr.ssa Gloria Margiotta Casaluci
Medico Ematologo presso l’AOU Maggiore della Carità di Novara
Comitato di Redazione FIL

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