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le Orestiadi rilanciano la Sicilia

In questa nostra intervista il direttore artistico delle Orestiadi Claudio Collovà spiega i motivi del successo di una formula unica nel suo genere...

di Pippo La Barba

Il Festival di Gibellina, che si svolge quest’anno dal 15 luglio al 12 agosto, ripropone forme sempre nuove e originali di spettacolo, accomunando parole, gesti, corporeità del teatro con la profondità della danza e l’incanto di una musica sapiente e moderna

 

di  Pippo La Barba

In questa nostra intervista il direttore artistico delle Orestiadi Claudio Collovà spiega i motivi del successo di una formula unica nel suo genere.

Qual è il segreto di questa formula?
Le Orestiadi sono arrivate quest’anno alla trentaseiesima edizione senza alcun segno di logoramento. Questo significa naturalmente che la sua formula continua ad essere valida. Io sono alla mia nona direzione artistica e posso assicurarti che Gibellina è vista in tutto il mondo come un’isola felice nel novero delle manifestazioni che promuovono il contemporaneo, la sperimentazione, la ricerca di nuovi linguaggi. E’ una missione mai tradita dalla sua fondazione ad oggi.

Perché questo avviene?Claudio Collovà
E’ un Festival che unisce leggerezza e profondità, sempre nel rispetto di un linguaggio autentico e d’autore. Riesce nello stesso tempo a far riflettere, divertire, appassionare ed emozionare. Questo nasce dalla contaminazione dei generi, dalla simbiosi tra i vari linguaggi espressivi. Un cartellone variegato che in questa edizione  si basa anzitutto sul rapporto tra teatro e musica, a cui si aggiunge la bellezza della danza contemporanea che, nelle mie direzioni, ha sempre avuto un posto necessario e protetto.

Questa manifestazione è fortemente legata al luogo in cui si svolge. Perchè il nome Orestiadi?
Orestiadi richiama il mito di Oreste, e, trattandosi di un luogo, ha il significato di riscatto, di rinascita. Il Festival nasce nel lontano 1982 da una geniale intuizione del Senatore Ludovico Corrao, che immaginò la ricostruzione di Gibellina dopo il terremoto del Belìce non solo “fisica”, ma anche culturale, puntando sul contributo di architetti, poeti, teatranti, artisti. Oreste è fondatore di una città nuova e le prime rappresentazioni basate sul mito andavano in questa direzione.

Tutto questo ha avuto quindi una valenza artistica di alto profilo.
Indubbiamente. In questa manifestazione sono stati e sono valorizzati al massimo linguaggi autoriali con lunghi percorsi di coerenza espressiva e interpretativa.

Che benefici ne ha tratto la Sicilia?
Gibellina è stata ed è vista come un baluardo della contemporaneità e ha accresciuto il prestigio della Sicilia nel campo culturale con un gradimento generalizzato di pubblico e critica. Nel 2012 le Orestiadi hanno ottenuto il  premio come migliore Festival teatrale italiano da parte dell’Associazione Nazionale Critici Teatrali. Ma in questi anni abbiamo anche aumentato il numero degli spettatori che vivono il festival con fedeltà, come un appuntamento irrinunciabile. Direi che le Orestiadi continuano ad essere un progetto unico in Sicilia e in Italia e tutto questo è sicuramente favorito dai luoghi che ospitano la manifestazione. Si può venire al Festival e vivere la complessità dell’arte anche grazie al contributo del nostro museo e di una serie di attività collaterali che vanno oltre il festival e un grande parte del successo è dovuto al fatto che i nostri luoghi esprimono forti legami con le arti visive e l’architettura.

Quindi le Orestiadi non sono mai state una vetrina?
Non lo sono mai state, e in passato sono state anche sede di laboratorio in sede. Da molto tempo non realizziamo nuove produzioni. Ma vogliamo ritornare ad essere luogo di ricerca e di costruzione. Partendo dallo spirito iniziale, voluto da Corrao, di ricerca di nuovi linguaggi, hanno comunque continuato a promuovere rielaborazioni non solo di linguaggi, ma anche di testi, arrivando a una sorta di  artigianato del fare attuato da artisti di prim’ordine, sia di nuova che di antica generazione. Mi sono sempre proposto infatti di non dedicare il festival solo ed esclusivamente a nuovi artisti, ma anche a generazioni di maestri in modo da non spezzare il filo rosso della continuità tra le esperienze più valide del nostro paese.

Motivi validi per venire al festival ce ne sono dunque tanti. Uno in particolare?
Metterei al primo posto la conoscenza. In massima parte sono artisti che ogni anno vengono alle Orestiadi per la prima volta accrescendo così il numero già molto alto di processi che vengono presentati al pubblico siciliano per la prima volta. Ma oltre questo, c’è la bellezza di una esperienza in un luogo accogliente dove si possono vedere molte cose oltre lo spettacolo. Ed è un luogo facile da raggiungere e ancora più facile da abitare in ogni sera dedicata agli spettacoli.

 

    

 

 

 

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