Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Le donne e il mondo del lavoro

Il complesso e articolato universo femminile che, ancora oggi, lotta contro le discriminazioni e per le parità di genere. Le donne e il mondo del lavoro

di Patrizia Romano

Dopo questo breve periodo di sospensione (leggi editoriale, ndr), “L’Inchiesta Sicilia” riprende le pubblicazioni con un argomento che riguarda quelle che saranno le principali protagoniste della nuova edizione: le donne.

Sì, il complesso, articolato e variegato universo femminile che, ancora oggi, lotta contro le discriminazioni e per le parità di genere. Diritti inalienabili, che attraversano tutte le sfere di azione socio-culturale del nostro Paese; primo tra tutti, il lavoro.
Proprio l’occupazione femminile, infatti, è l’oggetto della nostra inchiesta di oggi, non a caso, Primo Maggio. Giornata, diventata l’emblema della lotta per i diritti dei lavoratori.

La storia del Primo Maggio

L’1 maggio del 1866, a Chicago, viene indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti per ridurre l’estenuante giornata lavorativa, a 8 ore. Le accese proteste durano 3 giorni e culminano nel massacro di Haymarket, in cui, tra Polizia e manifestanti, perde la vita una dozzina di persone. Alla fine, però, la riduzione a 8 ore dell’orario lavorativo diventa legge. E’ per questo, che il primo maggio assurge a emblema dei diritti dei lavoratori.

Occupazione femminile in cifre

E’ trascorso più di un secolo e mezzo da quei giorni nefasti, ma, ancora, per il Sud di molti Paesi del mondo, per molte regioni del Sud della nostra Nazione e per numerose fasce sociali questi diritti sono rimasti cristallizzati al Primo Maggio del 1866.

Una delle aree geografiche ancora immobilizzata su quelle pagine di storia è la Sicilia, con un tasso di occupazione femminile, pari appena a un terzo della popolazione lavoratrice.

Divario di genere

Alla fine dello scorso anno, il tasso di occupazione maschile si è attestato, approssimativamente, intorno al 58 per cento. Quello femminile al 32 per cento.
Un divario decisamente più ampio rispetto a quello che si registra a livello nazionale, in cui la popolazione maschile occupata supera il 70 per cento e quella femminile si attesta intorno al 52 per cento.
Nell’ultimo quinquennio, l’occupazionemaschile è aumentata del 7,5 per cento, passando da 55 a 58 mila unità. Mentre quella femminile è diminuita, passando da 21 a 19 mila unità.
Il calo dell’occupazione femminile si ripercuote, comunque, sull’intera popolazionenazionale. Basti pensare che se le donne rivestissero il pieno dell’occupazione, aggiungerebbero ben 100 miliardi di Pil (Prodotto interno lordo) in più.

Cause socio culturali

Vulnerabilità, discriminazione di genere, cultura fondata su vecchi e obsoleti retaggi culturali.
Quali sono, in Sicilia, i fattori che tengono la donna in questa posizione di subordinazione rispetto all’uomo? Cosa manca alle donne siciliane per superare questo gap e decollare, volando in alto?

Per Rosanna La Placa, segretario regionale della Cisl Sicilia occorre una nuova cultura del lavoro

Rosanna La Placa

“Manca un piano strategico sulle politiche del lavoro di ampio respiro – dichiara con fermezza Rosanna La Placa, segretario regionale della Cisl Sicilia -. Un piano, che, attraverso rinnovate relazioni industriali partecipate, costruisca una nuova cultura del lavoro. Una nuova cultura, in cui Governo, sindacato e imprese attivino politiche coordinate. Quindi, nuovi impulsi per sviluppare la contrattazione aziendale sui temi della conciliazione vita-lavoro per uomini e donne, dell’organizzazione del lavoro e della formazione. Ma soprattutto – aggiunge la segretaria Cisl -, occorrono elementi che finalizzino gli incentivi alle imprese all’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, allo sviluppo di strumenti quali la certificazione di genere, l’introduzione della figura del diversity manager, nonché di una nuova responsabilità sociale d’impresa”.
Cruciale diventa, quindi, la capacità di individuare le opportunità di lavoro e le tendenze future per orientare politiche formative qualificate per le donne.

Una cultura obsoleta

Purtroppo, alle difficoltà materiali si aggiungono vecchi pregiudizi che condizionano il decollo di piani strategici vincenti. “Questi obiettivi – riprende Rosanna La Placa –  dovrebbero essere realizzati attraverso azioni di contrasto dei pregiudizi e degli stereotipi stratificati, che vogliono le donne lontane dagli studi in ambito scientifico – materie STEM –  creando un vuoto di competenze proprio nei settori di maggiore sviluppo”.
Smantellare, quindi, la vecchia cultura, dovrebbe essere la formula vincente per un esordio brillante delle donne siciliane.
“Superare le discriminazioni e le disuguaglianze e fare in modo che la parità di genere si affermi in tutti gli ambiti della società – ribadisce la sindacalista -. E’ questa – continua – la vera sfida per la crescita economica inclusiva e sostenibile della Sicilia. E ciò – conclude – dipende da tutti noi”.

Gabriella Messina, segretaria regionale Cgil Sicilia: Un gap eccessivo

Insomma, la Sicilia continua a registrare un gap di occupazione femminile con tassi inferiori alla media italiana ed europea.
“Il PNRR – puntualizza Gabriella Messina, segretaria regionale Cgil Sicilia – che poteva costituire un volano di svolta per l’assunzione di almeno il 30 per cento delle  donne non ha raggiunto il suo scopo. Le proroghe – continua – hanno determinato una deroga per il 64 per cento a livello nazionale”.
In Sicilia tutto questo è associato a un’assenza di lettura a livello regionale.
È emblematico – riprende la segretaria della Cgil – che dopo l’assenza di due anni della consigliera di parità regionale, a oltre 4 mesi dal suo insediamento, tutto tace. Permane l’assenza di visione di questo governo regionale a partire dal miglioramento delle condizioni occupazionali, economiche e sociali delle donne”.
Anche la Cgil ritiene che, alla base, serva un piano specifico. “Occorre un piano per l’occupazione femminile – conclude -. Nonché, una specifica agenda di genere, di cui unitariamente abbiamo più volte offerto in proposta”.

Donne immigrate e lavoro

Anche le donne immigrate, sempre più presenti nel nostro Paese vivono sulla propria pelle il fenomeno del gender gap. La maggior parte di loro è impiegata nel settore del terziario. L’80 per cento lavora nell’ambito domestico. Il rimanente in quello agricolo.
Tutte, comunque, con un unico comune denominatore: il precariato.
“Tutte sono precarie – conferma Bijou Nzirirane, segretaria Cgil Palermo -. E, quindi, sfruttate e sottopagate Nel settore agricolo, in particolare, vengono sottoposte a ogni sorta di ignobile abuso”.
Secondo la ricerca condotta dal Centro Studi e Ricerche, Idos, le donne straniere percepiscono una retribuzione media mensile di appena 897 Euro al mese: il 29 per cento in meno rispetto alle donne italiane e il 27 per cento in meno, rispetto agli uomini stranieri. Una condizione che colloca la metà delle immigrate nel 20 per cento più povero della popolazione.
La maggior parte degli interventi concepiti per favorire la piena realizzazione lavorativa e professionale della donna sono rimasti sulla carta
E, comunque, se la Sicilia è in coda all’Italia, l’Italia è in coda all’Ue.

Patrizia Romano

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