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Le case di Pizzo Sella tornano ai privati

di Redazione

Legambiente: “Una sentenza di cui non capiamo il senso”

“Siamo abituati a rispettare le sentenze, ma questa proprio non
possiamo condividerla. Attendiamo di leggerne le motivazioni, ma di
certo sancire il principio della ‘buona fede’ in materia di abusivismo
edilizio significa buttare al vento decenni di battaglie contro il
cemento selvaggio nel nostro Paese. E soprattutto significa vanificare
la fatica quotidiana di una pattuglia di bravi magistrati, prefetti e
sindaci impegnati in questo difficile campo”.

E’ lapidario il giudizio di Legambiente sulla pronuncia della Corte di
Cassazione che ha stabilito la revoca della confisca di tredici ville
a Pizzo Sella, meglio nota alle cronache come la collina del disonore,
alle porte di Palermo. Una lottizzazione abusiva passata alla storia:
170 case costruite dalla mafia, che secondo una sentenza del 2002
della stessa Corte di Cassazione dovevano essere abbattute. Ma che
sono ancora lì. Un milione di metri quadrati di cemento illegale che,
dalla fine degli anni 70, tempesta di scheletri un’area a vincolo
idrogeologico e paesaggistico alle spalle del mare di Mondello.

“Dire che chi acquista una casa abusiva possa averlo fatto in buona
fede e quindi che quell’immobile – che poi è il corpo del reato – non
può essere confiscato e abbattuto secondo la legge è molto grave e non
se ne capisce il senso – dichiarano Vittorio Cogliati Dezza e Mimmo
Fontana, presidente nazionale e presidente siciliano di Legambiente -.
Questa sentenza, inoltre, è in netto contrasto con tante altre
pronunce, anche della Cassazione, di segno esattamente opposto”.
Se passasse questo principio, denuncia Legambiente, si potrà
contestare il reato di abusivismo solo se colto in flagranza. Tutti
quindi potranno addurre la scusa dell’aver comprato una casa illegale,
ma a propria insaputa.

“Chiediamo fin d’ora un impegno preciso al prossimo sindaco di
Palermo: procedere con le ruspe per demolire tutti gli altri scheletri
di Pizzo Sella. Quindi, passare all’esproprio e all’abbattimento anche
delle tredici ville oggetto della sentenza – conclude la nota -.
Riqualificare la collina del disonore sarebbe un bel segno di
discontinuità rispetto al terribile passato e farebbe vera giustizia
di una vicenda che dura da oltre trent’anni”.

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