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Lapide funeraria o codice segreto? Gli enigmi della lapide quadrilingue

La lapide sarebbe al centro di un mistero, secondo lo storico Tessitore, che avrebbe potuto cambiare le sorti del Mediterraneo.

di Redazione

Una lapide funeraria del 1148 nasconderebbe in realtà il codice segreto di un colpo di Stato che avrebbe potuto cambiare la storia della Sicilia e di gran parte del Mediterraneo: la cospirazione di Giorgio d’Antiochia per impossessarsi illegittimamente del potere sul Regno di Sicilia alla morte di Ruggero II. Disegno che fu interrotto dall’improvvisa morte del potente ammiraglio, avvenuta nel 1151, tre anni prima di quella di Ruggero II.

Non è un romanzo, ma il frutto delle ricerche del giurista e storico Giovanni Tessitore, descritte nel saggio “I mille enigmi della lapide quadrilingue”, pubblicato dalla Banca popolare Sant’Angelo in occasione dei 100 anni della banca e distribuito gratuitamente, che sarà presentato venerdì prossimo, 31 gennaio, alle ore 17,30, presso Palazzo Petyx, in via Enrico Albanese, 94, dall’autore e dallo storico Pasquale Hamel, e sarà donato a chi vorrà presenziare.
Il “codice segreto”, secondo Tessitore, sarebbe custodito in una delle incisioni della minuscola lapide marmorea, scritta in quattro lingue e custodita nel Museo di arte araba del Castello della Zisa. Esposta in tutto il mondo è stata finora ritenuta una pietra funeraria che Crisanto, chierico di Ruggero II, avrebbe posto nel 1148 sulla tomba della madra Anna in una piccola cappella dell’allora Chiesa di San Michele Arcangelo “de indulciis”, nell’area dell’attuale Biblioteca comunale di Casa professa, dove ne avrebbe traslato la salma dopo una prima sepoltura nella Cattedrale di Palermo. E che, secondo tutte le interpretazioni degli storici, avrebbe scritto in quattro lingue (greco, latino, ebraico e arabo) in nome di una presunta convivenza e tolleranza fra le comunità e rispettive religioni presenti allora in città.

Un miscuglio di razze

In realtà, argomenta Tessitore mettendo in dubbio questa tesi, nel 1148, a 230 anni dall’invasione araba della Sicilia che aveva letteralmente stravolto l’Isola, il normanno Ruggero II, vecchio, debole e malato, regnava su una Palermo che aveva perso ogni identità demografica e religiosa: gli abitanti erano il frutto di un miscuglio di razze, greci, romani, ebrei, arabi e normanni, e non c’erano più distinzioni nette di riti. Anzi, le comunità religiose, quando potevano, si scontravano fra loro per conquistare le grazie del Re e non esisteva pacifica convivenza o tolleranza. Persino il potere di nominare il Vescovo di Palermo era stato sottratto al Papato ed era gestito dal Re normanno. E proprio quell’anno la sede vescovile di Palermo era vacante e, particolare molto importante, la Cattedrale era in fase di demolizione per essere ricostruita 30 anni dopo nell’attuale conformazione.
In questo scenario “meticcio”, dunque, non ha senso, secondo Tessitore, che un oscuro sacerdote avesse così tanta influenza da potere tumulare la madre nella Cattedrale dove venivano sepolti solo i componenti della famiglia reale, e poi sentire il bisogno di documentare la traslazione della salma in quattro lingue esposte in una cappella non aperta al popolo che, fra l’altro, non sapeva leggere.

Il mistero delle 4 lingue

Tessitore, poi, con l’aiuto di Adalberto Magnelli, docente di epigrafia greca all’Università di Firenze, si è soffermato sulle quattro lingue della lapide , due delle quali, in realtà, non sono arabo ed ebraico, ma entrambe “mozzarabico”, la lingua rituale di una ristrettissima e colta elite di sacerdoti cristiano-giudaici assai influenti a corte. Inoltre, la “maiori ecclesia sanctae Marie” citata nell’iscrizione in latino, non sarebbe la Cattedrale, ma “la più grande chiesa di Santa Maria” della Grotta, esistente nella parte sotterranea del gruppo di quattro chiese melchite dell’attuale complesso di Casa professa, dove sarebbe stata realmente sepolta Anna per essere poi spostata velocemente nella seconda chiesa superiore, quella di San Michele Arcangelo. Perché? Un pretesto per affiggere la lapide?

Il codice segreto

Se così fosse, la lapide conterrebbe un codice segreto, rivolto agli aderenti ad una sorta di “massoneria primordiale” composta dai nobili seguaci di Giorgio d’Antiochia e dalla potentissima chiesa cristiana melchita orientale da lui protetta, oltre che dallo stesso Crisanto che aveva modo di fare da “cerniera” all’interno del Palazzo reale. Una lapide che, nella croce posta fra le quattro lingue, potrebbe essere il segnale per affermare la supremazia di Giorgio d’Antiochia e la sua centralità fra tutte le religioni e comunità di Palermo.
Dunque, si chiede Tessitore, come sarebbe cambiata la storia della Sicilia, dell’Italia meridionale, della Grecia, di Malta e del Nord-Africa, terre dominate da Ruggero II, se alla sua morte il potere fosse passato al suo “emiro degli emiri” e capo della flotta, che aveva conquistato tutti questi territori, e non al fratello di Ruggero, Guglielmo I, la cui incapacità segnò la fine della potenza della dinastia normanna e, quindi, favorì la calata degli Svevi che portò all’impero di Federico II “Stupor mundi” e alla nascita nell’Isola del primo Parlamento d’Europa?
Nessuno può dirlo e la storia non si scrive con i “se”. Ma è probabile che Giorgio d’Antiochia si apprestasse ad approfittare della debolezza politica di quel periodo per conquistare illegittimamente il trono, con la protezione dei bizantini, che alimentavano la chiesa melchita di Palermo e che avrebbero aiutato Giorgio in caso di assalto da parte di altre potenze straniere.

Ufficio stampa: Michele Guccione

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