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Il sesto senso: il SENSO DI COLPA

Il sesto senso: il senso di colpa. Che cosa accade quando giudice e criminale si identificano nella stessa persona?

di Redazione

“Arreca più danno un giudice stupido, che un criminale intelligente”, dice un detto marsigliese, e il significato arriva a tutti più o meno chiaro, ma ci si chiede: che cosa accade quando giudice e criminale si identificano nella stessa persona?

 

Dottoressa Marina Li Puma* 

“Arreca più danno un giudice stupido, che un criminale intelligente”, dice un detto marsigliese, e il significato arriva a tutti più o meno chiaro, ma ci si chiede: che cosa accade quando giudice e criminale si identificano nella stessa persona? Ovviamente,questo tipo di sovrapposizione non è rintracciabile all’interno della macchina legale, dove, in teoria, per ogni reato precodificato dovrebbe corrispondere una pena precisa e inevitabile, ma c’è un’altra dimensione, dalle caratteristiche probabilmente più perverse, in cui tutto ciò è possibile: quella psichica. E’ difficile rintracciare un individuo che in un angolo della sua mente non abbia una qualche forma di rimorso, un senso di debito morale, un vissuto di colpevolezza, che filtra ed influenza la percezione sia della realtà interna che di quella circostante,ovvero che non abbia un senso di colpa. Quest’ultimo, quasi appartenente al nostro corredo genetico, si erge tanto possente quanto disturbante e così come il senso della vista, porta l’individuo a preferire scenari gradevoli o il tatto, superfici morbide, ecco che il senso di colpa porta l’individuo a ricercare, talvolta anche consapevolmente, antidolorifiche situazione espiatorie e autopunitive. In verità, questo “sesto senso” detiene una sua precipua utilità nell’economia del funzionamento psicologico, in quanto è la previsione del suo avvento che dovrebbe portare gli individui a fare appello ai propri apprendimenti civico-morali e a sottrarsi alla possibilità di commettere atti potenzialmente lesivi. Il problema è che molto spesso il senso di colpa assume una vita propria,di stampo francamente nevrotico, il più delle volte sganciato dall’essere oggettivamente responsabili di una colpa effettiva, e inizia a vessare l’assetto psichico ponendolo su un fantasmatico ed inclemente banco degli imputati, tutto fatto in casa. C’è chi si sente in colpa perché ha troppi soldi, perché è troppo bella, perché ha troppo successo, ecc…insomma è come se una posizione difettuale, di rincorsa verso qualcosa, o la percezione di un ammanco esistenziale portasse alcuni(per fortuna non tutti funzionano così), a dormire meglio la notte, a sentirsi meno in debito con la vita e quindi a potere riporre il cilicio nel cassetto. Attenzione però, non riuscire a godere delle proprie fortune, più o meno costruite, è degno dei più stupidi dei criminali e l’unico senso di colpa che, in tal caso, è corretto sperimentare è proprio quello verso se stessi.

* psicoterapeuta

 

 

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