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Il riconoscimento del figlio naturale e il testamento

La Corte di Cassazione ha stabilito che il testamento può contenere solo disposizioni di carattere non patrimoniale purché l’atto esprima una volontà destinata a produrre i suoi effetti dopo la morte del disponente

di Dario Coglitore

Il riconoscimento di figlio naturale, previsto e disciplinato dagli artt. 250 e seguenti del Codice Civile, è stato riformato con l’introduzione della legge n. 219 del 10.12.2012 che ha sostanzialmente equiparato lo stato giuridico di tutti i figli. 

A seguito del d.lgs. n. 154/2013 tale equiparazione è diventata pressoché totale: non vi saranno più figli naturali e figli legittimi, ma figli nati in costanza di matrimonio e fuori dal matrimonio.
Il riconoscimento, che consiste in un atto formale con il quale un soggetto dichiara di essere genitore del proprio figlio naturale, può avvenire da uno soltanto dei genitori naturali ovvero da entrambi congiuntamente o separatamente (purché abbiano compiuto sedici anni) in momenti successivi. 

Se il figlio da riconoscere ha già compiuto i sedici anni è necessario il suo assenso affinché il riconoscimento possa produrre effetti; se invece il figlio è minore degli anni sedici è necessario il consenso del genitore naturale che per primo lo ha riconosciuto.
Le forme del riconoscimento sono tassative e devono necessariamente contenere una chiara manifestazione di volontà diretta al riconoscimento.

Il testamento

Tra le forme previste vi è anche il testamento (art. 254 c.c.), olografo o per atto di notaio o speciale, conformemente all’art. 587 c.c., che ammette nel testamento anche disposizioni a contenuto non patrimoniale. A tal riguardo la Corte di Cassazione ha stabilito che il testamento può contenere perfino solo disposizioni di carattere non patrimoniale purché l’atto esprima una volontà destinata a produrre i suoi effetti dopo la morte del disponente. 

Il testamento, infatti, rappresenta l’unico tipo negoziale con il quale taluno può disporre dei propri interessi per il tempo dopo la sua morte. Non è esclusa, quindi, l’esistenza del testamento, qualora esso contenga soltanto disposizioni di carattere non patrimoniale (come il riconoscimento di un figlio) ma è necessario che la morte sia assunta come punto di origine dell’effetto derivante dal riconoscimento.
Il testatore può sempre revocare il testamento, ma il riconoscimento del figlio ivi contenuto rimane sempre valido ed ha effetto dal giorno della morte del de cuius

La retroattività

E’ opportuno rammentare che dall’affermata natura dichiarativa del riconoscimento viene generalmente dedotta la retroattività degli effetti di esso al momento della nascita. 
Una copia del documento, inoltre, deve essere trasmessa dal notaio all’Ufficiale dello stato civile del Comune nel quale si trova l’atto di nascita del riconosciuto, ai fini dell’annotazione entro venti giorni dalla pubblicazione del testamento olografo, ovvero dalla pubblicazione del testamento segreto o dal passaggio del testamento pubblico dal fascicolo a repertorio degli atti di ultima volontà a quello generale degli atti inter vivos

Il cognome

Con riguardo al cognome, la legge stabilisce che il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto, ma se il riconoscimento è avvenuto contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre. 
Qualora il riconoscimento del padre sia posteriore a quello della madre, il figlio maggiorenne può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. 
Nella medesima ipotesi, se il figlio è invece minorenne, sarà il giudice a decidere se debba assumere il cognome del padre, quale genitore che l’ha riconosciuto per secondo.

Il risarcimento

Il figlio naturale ha diritto al risarcimento da mancato riconoscimento rappresentato dalla mancanza del genitore e dalle sofferenze di natura morale subite a seguito dell’assenza della figura paterna.
L’ammontare del danno, però, deve essere parametrato ad un arco temporale in cui può, plausibilmente e secondo l’id quod plerumque accidit, essersi in concreto avvertito il vuoto affettivo-consolatorio dovuto alla mancanza del padre, cioè verosimilmente fino alla maggiore età. La misura del risarcimento endofamiliare di questo tipo non può che essere stabilita in via equitativa, facendo riferimento al parametro della metà dell’assegno minimo mensile di mantenimento per un figlio (Tribunale Vicenza, 24 Ottobre 2019).
Avv. Dario Coglitore

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