Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

I Draghi: dalla strada al palcoscenico

Di seguito ricordi e riflessioni su una stagione di eccezionale creatività, della quale, come sollecita l’articolo di Pippo La Barba sul gruppo teatrale de I Draghi, è di grande interesse lasciare memoria e storia

di Patrizia Romano

Nicola Lo Bianco

I Draghi. <Picciotti, occhiu a’ via ch’annu a dari ‘na cutiddrata>: siamo nel cuore della Vucciria, gli “attori” sono anche alcuni picciotti del quartiere, di quelli, ad es., che hanno assaggiato il Malaspina, l’idea e la messinscena di quel geniaccio di Gigi Burruano, il titolo è “La coltellata”(’75).
Che ha fatto Burruano? Ha preso un pezzo vivo, palpitante, della vecchia Palermo e l’ha trasferito nudo e crudo sul palcoscenico.
E fu la prima volta che si vide entrare al Teatro Biondo, che si trova proprio di fronte alla Vucciria (piazza Caracciolo, lato via Roma), un pubblico che del Biondo conosceva solo la facciata:il putiaro, il polparo, il mevusaro, il tavernaro, il mulunaro, sfincionello, panellaro…figli, nipoti, cugini e ziti.
Entrano pure sigarette ‘mericane, bomboloni, torroncini… e un diavolo di ragazzino entrato chissà come con tutto il motorino.

Le “putie” chiudono un po’ prima per “andare a teatro”.

Una sintesi di quel teatro nato e cresciuto tra “I Draghi” che viene dalla strada e alla strada ritorna. Il fatto è che la casa ci serviva per mangiare e per dormire, crescevamo fuori tra gli odori e i sapori della strada, tra panelle e sfincionello, tra gli umori della gente, in mezzo a brani e pezzi di vita all’aperto, figli di operai e piccolo-borghesi, figli di quello che una volta era “il popolo”.

Uno spettacolo, quellodei Draghi, che inconsapevolmente assorbivamo. L’abbannìu, le voci degli ambulanti. O la cantata dei muratori, i litigi tra vicini, gli amori furtivi negli androni. E in mezzo alle scale, le prime automobili e la rissa per l’incidente, i“comizi” improvvisati di Totò e Vicè, o anche il calzolaio che recitava la Divina Commedia a memoria.

Mentre i nostri padri, e le nostre madri, ricostruivano la loro vita dopo la guerra, noi crescevamo con l’istinto di fare qualcosa “per conto nostro”.

La provenienza dei promotori

E chissà per quale strana combinazione, i promotori dei “Draghi” provenivano, tranne Ninni Picone, dallo stesso quartiere, la Zisa, o strade limitrofe: Nino Drago, Benedetto Raneli, Gigi Burruano, il sottoscritto, Franco Scaldati………

Per non dire dei talentuosi musicisti a cominciare da Toti Basso, giovanissimo chitarrista poi di fama europea, a Toni Sperandeo e Gianni Alamia. La strada fu cultura, modo di pensare e di guardare, attività e parametro, il teatro fu una prosecuzione della strada e viceversa, un laboratorio aperto all’umore vivo della città.

Far conoscere il piccolo teatro

A cominciare dal fatto che per fare conoscere il “Piccolo Teatro” di via Pasquale Calvi, i biglietti si vendevano pure per strada. Burruano, Scaldati, Rori Quattrocchi, Giorgio Li Bassi (che “se ne fotteva del teatro”). A finire a Giacomo Civiletti e lo stesso Drago sempre in prima fila, giravano in costume per le strade sopra lo “strascino” e la musica appresso. Lo spettacolo era “Manu mancusa” dello stesso Scaldati, ed ebbe un bel successo.

Tutti poi eravamo impegnati a “piazzare” le locandine nelle vetrine dei negozi, mentre i manifesti li attaccavamo di notte. Per l’Enrico IV al Biondo nel novembre del ’66 tappezzammo mezza città.

Dove si provava

Si provava in uno scantinato lungo e stretto di via Manin, per le “trasferte” Benedetto Raneli metteva a disposizione il furgoncino con il quale lavorava, si faceva la leva attori, tanti ragazzi e qualche ragazza, ma era un modo per attrarre pubblico di quartiere.

E solo a ragazzi di strada poteva venire l’idea di recitare, e siamo nel ’66, al Malaspina, il carcere dei minorenni, o nelle caserme di fronte alle reclute del CAR, o allo ZEN.

Per la campagna abbonamenti, ed era la prima volta, si andava porta a porta.

Il Bunker

Poi a partire dal ’67 ci fu il “Bunker”, una specie di ampio garage in una traversa cieca di via Mariano Stabile, un palcoscenico e otto file di vecchie poltroncine di legno, costruito di sana pianta da tutti o quasi i componenti della Compagnia, sotto la direzione l’abilità e la dura fatica di Nino Drago.

Dalle finestre entravano gli spifferi e d’inverno gli spettatori erano invitati a provvedersi di cappotti e coperte.

Dalla strada venne l’idea al sottoscritto e a Nino Drago del Teatro-Cronaca, di portare cioè direttamente sul palcoscenico i protagonisti di eclatanti fatti di cronaca, come i baraccati del Borgo, o alla Guadagna la madre che teneva il figlio di sei anni attaccato con la catena al canalone davanti alla porta perché “pericoloso per sé e per gli altri otto figli”, o anche il racconto della “fuitina” di due minorenni. E inventammo una specie di processo in diretta con l’avvocato”, il “Pubblico Ministero”, e gli spettatori come una specie di “giuria popolare”.

Cocciditacca

Eravamo pure noi più o meno “cocciditacca” e come tali nei quartieri popolari ci riconoscevano: al Borgo Vecchio o alla Kalsa, ricorda il grande sempre compianto Gigi Burruano, prima e dopo lo spettacolo, per fare ristorare gli attori, portavano pane e salame.

Mauro De Mauro, di sera o di notte, uscendo dal L’ORA, prima di rientrare a casa, talora passava dal “Bunker” a vedere la prove, e portava carciofi bolliti e cognac. Con la curiosità e la perspicacia del grande giornalista, intuiva che da quei giovani dilettanti sarebbe venuto fuori qualcosa di importante.

Nel chiudere la prima parte di questa succinta memoria del rinnovamento del teatro a Palermo attraverso l’impresa del creare e del fare dei protagonisti del Gruppo de I Draghi, dicevamo: qui ci interessano le straordinarie qualità artistiche di attori/registi/autori che hanno dato fondamento e impulso ad ulteriori sviluppi.

(…continua…)

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Una risposta

  1. Ciao Nicola, una sintesi perfetta con la speranza che tu ti convinca, anche se siamo in ritardo e quindi non ci sarà nessuno che ascolta. Lasceremo una traccia di Nino Drago a Palermo. Ricordando ai palermitani che, se hanno un teatro pubblico, devono ringraziare Nino e tutti noi. Sostengo sempre che si sprechino molti soldi per la cultura. Il risultato è che spendiamo le nostre fatiche e soldi per fare teatro che va ai colti. Troviamo un modo, non so quale, per dare la possibilità alle famiglie povere di andare al teatro con il prezzo del biglietto del cinema. Così avranno il piacere di entrare in un teatro che non conoscono, e non mi riferisco solo al Biondo ma bensì anche al Massimo. Poiché i più poveri ne conoscono solo l’esterno e non la bellezza che si prova vedendo il sipario aprirsi. Mi rivolgo a te, sperando che lo leggano i politici.

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