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Giornata internazionale del vivere insieme e il ruolo dell’Algeria

Giornata internazionale del vivere insieme. Questa celebrazione rappresenta il riconoscimento, da parte della comunità internazionale, degli sforzi sostenuti dall’Algeria per promuovere una cultura di pace, di dialogo, di rispetto reciproco e di tolleranza tra i popoli. Ma perché questa giornata riconosce proprio il ruolo dell’Algeria nella pace? Ne parliamo con Ahmed Boutache, ambasciatore algerino in Italia

di Patrizia Romano

Da tre anni a questa parte, ogni 16 maggio, si celebra la Giornata internazionale del vivere insieme.
Una giornata solenne, proclamata l’8 dicembre 2017, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, su iniziativa dell’Associazione Internazionale Sufi Alawiyya con il supporto dell’Algeria.
Questa celebrazione rappresenta il riconoscimento, da parte della comunità internazionale, degli sforzi sostenuti dall’Algeria per promuovere una cultura di pace, di dialogo, di rispetto reciproco e di tolleranza tra i popoli.
Adesso, più che mai, questo evento assume un grande significato. Sì, perché si esplica proprio in un momento in cui le fratture e i fattori di divisione crescono in maniera esponenziale.

Il ruolo dell’Algeria nella Giornata internazionale del vivere insieme

Ma perché questa giornata riconosce proprio il ruolo dell’Algeria nella pace? L’Algeria ha vissuto negli ultimi anni momenti di forte tensione. Quanto ha lavorato, quindi, per allentare le tensioni interne e per assurgere a questo ruolo, tanto da essere riconosciuta dalle Nazioni Uniti e dal mondo intero come Paese di pace.
Parleremo di tutto questo con Ahmed Boutache, ambasciatore algerino in Italia.

S.E. il Signor Ahmed Boutache con il Presidente Sergio Mattarella

Ahmed Boutache, ambasciatore algerino in Italia.

Intanto, va ricordato che il 16 maggio 2018 è stata celebrata la Giornata internazionale del Vivere insieme in pace in tutto il mondo per la prima volta.
È con grande orgoglio che vorrei anche ricordare il ruolo di guida svolto dall’Algeria nell’organizzazione di questo evento, di grande importanza e senza precedenti, la cui iniziativa, ispirata alla sua storia e ai suoi principi, è volta a promuovere i valori della pace, della riconciliazione e della tolleranza in seno alle società umane, senza esclusione, e tra tutti i membri della comunità internazionale.

Riconoscimento internazionale dell’Algeria

È del tutto evidente che la proclamazione di una Giornata internazionale dedicata specificamente al vivere insieme in pace porta con sé il riconoscimento da parte della comunità internazionale dei sacrifici compiuti dall’Algeria per porre fine alla violenza e all’estremismo e per riportare la pace e la sicurezza a casa sua, da un lato, e dei suoi sforzi a favore della promozione della cultura della pace e del dialogo, dall’altro.


La risoluzione 72/130 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite

Questo riconoscimento internazionale nei confronti dell’Algeria si esprime certamente attraverso la risoluzione 72/130 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha fissato il 16 maggio come Giornata internazionale del Vivere insieme, traducendo così l’adozione di un progetto nato in Algeria, nel 2014.
Essa traduce anche la consacrazione dei valori di pace, di dialogo, di tolleranza, di comprensione, di solidarietà e di inclusione che l’Algeria ha sempre fatto proprie, come dimostra il suo coinvolgimento nella mediazione internazionale e la ricerca di soluzioni politiche alle varie situazioni conflittuali nelle sue aree di appartenenza geografica e anche oltre.

La pace in un contesto di guerra

Come si inserisce una giornata mondiale dedicata alla pace tra i popoli in un momento in cui si moltiplicano le divisioni e le divergenze tra i popoli? 

È proprio il moltiplicarsi di focolai di tensione, di divisioni e di divergenze che richiede e impone, di per sé, un processo di dialogo, di pace e di riconciliazione. Ciò significa quindi tutta l’opportunità della proclamazione di una Giornata internazionale del Vivere insieme in pace, che veicola valori che dovrebbero avere diritto di cittadinanza in tutto il mondo. Naturalmente, la strada da percorrere è ancora lunga. Occorreranno infatti molti anni e sforzi incommensurabili per arrivare ad una nuova concezione delle relazioni internazionali libere dagli egoismi nazionali e dalla prevalenza del materialismo, che sono all’origine di tante avversità subite dall’umanità. L’importante è che si faccia il primo passo. Come dicono i nostri amici Cinesi, anche il viaggio più lungo inizia con un passo.

La pandemia ha messo a nudo la vulnerabilità degli uomini

Se, come talvolta si dice, qualche disgrazia può essere utile, allora bisogna sperare che la pandemia globale che si è abbattuta brutalmente su tutti i Paesi e ha messo a nudo la vulnerabilità degli uomini e delle loro modalità di organizzazione economica e sociale, nonché la futilità degli egoismi nazionali, ci sproni ad una maggiore umiltà e ci insegni ad adottare comportamenti improntati ad una maggiore umanità e solidarietà.

L’isolamento

Il confinamento imposto a gran parte dell’umanità è stato senza dubbio un’eccezionale occasione di dibattito e di scambio di idee, a tutti i livelli e su tutti i temi possibili e immaginabili. Da questa esperienza così unica emergerà certamente, nel periodo post-pandemico, un nuovo cittadino, e nuove società umane, a tutti gli effetti. Quanto alle relazioni internazionali e il multilateralismo, così come si sono evoluti dalla fine della Seconda guerra mondiale, occorre fin d’ora decidersi a considerare che sono vissuti e che ineluttabilmente assisteremo alla loro profonda trasformazione.

L’Islamismo difende la pace

L’Islam è senza dubbio una religione che difende la pace e il vivere insieme. Tuttavia, come altre religioni, diventa un pretesto dietro il quale si trincerano comportamenti bellicosi. Perché, in nome di un Dio, tutto questo male continua ad essere perpetrato?

L’Islam, e non vi insegno nulla, poiché già lo afferma nella sua stessa domanda, è una religione di tolleranza e di pace. Il Sacro Corano ci insegna, tra le altre cose, a non fare agli altri ciò che non vorremmo che gli altri facessero a noi stessi. Questa è la quintessenza stessa dell’altruismo e dell’amore, nonché del rispetto per il prossimo. Purtroppo, spesso assistiamo, impotenti, alla distorsione del messaggio coranico per scopi assolutamente riprovevoli. L’estremismo religioso e il fanatismo non sono specifici dell’Islam e delle società musulmane. Le altre religioni monoteiste non ne sono esenti. Oggi, ciarlatani di ogni genere invadono gli spazi pubblici di comunicazione per distillare il discorso dell’odio e dell’esclusione.

L’estremismo religioso non ha niente a che vedere con l’Islamismo

In linea di principio, l’estremismo religioso e l’uso della violenza, di cui l’Algeria ha subito gli orrori, sono entrambi assolutamente riprovevoli e nessun essere umano sano di mente può avvallarli né giustificarli. L’Islam, che ci insegna che uccidere una persona è uccidere l’intera umanità, condanna, così, in modo irrefutabile, i crimini odiosi commessi in suo nome da terroristi che spesso, ahimè, in certi ambienti e media occidentali vengono definiti “jihadisti”, mentre non sono altro che comuni criminali il cui posto non è altro che in prigione.

La pace non è rivendicazione religiosa

La Pace non significa rivendicazione dell’Islam, del Cattolicesimo o dell’Induismo. Quale comportamento bisogna adottare tra le diverse religioni per promuovere la pace tra i popoli?

Siamo tutti creature uguali di un unico Dio che tutti preghiamo, ma in modi diversi e specifici per ogni religione. Ciò dovrebbe indurci alla tolleranza, al rispetto reciproco e al dialogo per una migliore comprensione reciproca. Un’azione vigorosa e sostenuta contro l’ingiustizia, le disuguaglianze sociali e l’intolleranza religiosa costituisce la via più appropriata per la costruzione della pace tra i popoli.

La donna

Come possiamo cambiare il ruolo delle donne in questo contesto di pace?

Quando si parla di rispetto per gli altri, naturalmente, tale rispetto va anche e integralmente alle donne. Questo rispetto per le donne richiede, di conseguenza, che sia lasciato alla donna stessa il compito di individuare e definire i modi e i mezzi che essa ritiene più appropriati per dare il proprio contributo alla costruzione della pace. Oggi, le donne sono presenti in tutte le sfere di attività umane di cui assolutamente nessuna è riservata esclusivamente all’uomo. La parità è diventata una regola d’oro, sotto tutti gli aspetti, anche se è vero che lo status della donna non è esattamente lo stesso ovunque e ha un forte bisogno di essere rivisto e corretto, e persino rivoluzionato in alcune parti del mondo.

Una piano socio-economico all’insegna della pace

Quali sono gli elementi per creare un piano socioeconomico dedicato alla pace?

Chiaramente, si tratta di una domanda per un esperto di economia, cosa che non posso affermare di essere. Tuttavia, come vi ho già detto e a rischio di ripetermi, è chiaro che un sistema socioeconomico che si iscrive in una dinamica di pace deve basarsi su una giustizia sociale e su pari opportunità per quanto riguarda l’accesso a tutto ciò che può contribuire alla costruzione della vita di ogni essere umano, in particolare l’istruzione, la salute, il lavoro, l’abitazione, ecc. Non dimentichiamo la sicurezza senza la quale nessuno sviluppo è possibile.

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