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Fondazione Italiana Linfomi: una ricerca sui linfomi dell’anziano

Lo studio, che ha coinvolto oltre mille pazienti su tutto il territorio nazionale, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology. Presentato il primo indìce prognostico sui linfomi dell’anziano che aiuterà i clinici nella scelta terapeutica.

di Redazione

La Fondazione Italiana Linfomi (FIL) ha pubblicato in questi giorni sul prestigioso Journal of Clinical Oncology uno studio che ha coinvolto 1163 pazienti di età superiore a 65 affetti da Linfoma diffuso a grandi cellule, curati in 36 centri onco-ematologici italiani.

La ricerca, denominata Elderly Project, dimostra l’importanza dell’impiego di una valutazione geriatrica alla diagnosi effettuata mediante la raccolta informatizzata di notizie riguardanti la presenza di altre malattie oltre al linfoma (la popolazione over 65 presenta in media almeno due comorbidità) e il grado di autonomia funzionale del paziente.

I risultati di questo studio, il primo al mondo per numerosità della casistica – spiega il dr Michele Spina direttore dell’Oncologia del CRO di Aviano e ideatore di Elderly Projectha consentito di individuare tre gruppi di pazienti in base al grado di fitness rilevato alla diagnosi. Queste tre popolazioni hanno una prognosi significativamente diversa tra loro e ci confermano quanto il buon esito della cura del linfoma sia determinato non solo dalla presentazione clinica della malattia, ma anche dalle condizioni del paziente antecedenti la diagnosi di linfoma. Inoltre, nell’articolo presentiamo dati che dimostrano come uno schema di chemioterapia attenuato è l’opzione migliore per quei pazienti che in base alla nostra valutazione geriatrica possono essere considerati fragili”.
 

Uno dei risultati più significativi della ricerca è stata la messa a punto di un indice prognostico (Elderly Prognostic Index – EPI) che considera congiuntamente gli esiti della valutazione geriatrica e le caratteristiche cliniche del linfoma. Tale indice prognostico è stato sviluppato dal prof. Stefano Luminari dell’Ematologia di Reggio Emilia, unitamente al dr Luigi Marcheselli, statistico della FIL. Precisa Luminari: “Con questo indice prognostico produciamo una fotografia reale del paziente che abbiamo davanti, dando il giusto peso all’aggressività della malattia e alle condizioni generali. Emerge un gruppo ad alto rischio che rappresenta circa un terzo dei pazienti anziani con linfoma diffuso a grandi cellule e che rappresenta la sfida più difficile per un onco-ematologo, ma siamo convinti che EPI possa essere un valido aiuto nella scelta della terapia. I risultati relativi al nostro indice prognostico, peraltro, sono stati confermati, come riportato nell’articolo, da un gruppo di controllo di 328 pazienti valutati in Australia e in Brasile con lo stesso approccio”.

L’interesse nella comunità scientifica per il primo indice prognostico specificatamente disegnato per gli anziani con linfoma aggressivo è confermato dal fatto che il Journal of Clinical Oncology ha pubblicato un editoriale a commento dello studio della FIL dove viene annunciato che uno dei principali gruppi cooperatori onco-ematologici degli Stati Uniti, lo SWOG, sta già applicando l’EPI in modo sistematico ai propri pazienti anziani affetti da linfoma. 

Dr. Francesco Merli

Il dr Francesco Merli, Presidente della Fondazione Italiana Linfomi, esprime la propria soddisfazione per il risultato conseguito: “Sui linfomi dell’anziano da tempo i risultati della ricerca clinica italiana costituiscono un punto di riferimento a livello internazionale. Non a caso FIL ha al suo interno una commissione di lavoro dedicata a questi pazienti, coordinata dalla dr.ssa Alessandra Tucci dell’Ematologia di Brescia, in seno alla quale è maturato Elderly Project. Segnalo inoltre che l’intera ricerca è stata sostenuta con fondi provenienti da un istituto bancario, Unicredit, e da una onlus, GRADE. È fondamentale il sostegno alla ricerca medica da parte di privati non coinvolti in interessi commerciali di settore: è garanzia di una ricerca indipendente e consente di studiare, come in questo caso, aspetti della cura non legati alla sperimentazione farmacologica, ma altrettanto importanti per la salute dei pazienti”.

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