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Enrico Iaria, l’italiano innovatore più influente in Cina

In quest’ultimi dieci anni la Cina si è trasformata da fabbrica mondiale a hub globale d’innovazione. Cosa sta alla base di questa rivoluzionaria trasformazione? Ne parliamo con Enrico Iaria, uno dei pochi stranieri, nonché l'unico italiano, ed essere inserito nelle liste di Forbes China 30 Under 30, dove vengono inseriti i più influenti giovani innovatori in Cina.

di Patrizia Romano

Si contano sulla punta delle dita gli stranieri inseriti nelle liste di Forbes China 30 Under 30, considerati i più influenti giovani innovatori in Cina. Enrico Iaria è uno di questi. Ed è anche l’unico italiano a vantare questo riconoscimento. Apprezzato, inoltre, da Forbes e Fortune e altri numerosi media, come uno dei maggiori esperti di innovation management e nuove tecnologie.
Enrico Iaria, palermitano, vive in Cina da dieci anni, durante i quali è diventato un imprenditore seriale e consulente, nonché, docente alla New York University di Shanghai.
Ma Enrico Iaria è anche il fondatore di DooPlus Group, piattaforma innovativa dedita alla creazione e gestione di programmi di open innovation e di formazione imprenditoriale. Co-fondatore e/o shareholder di numerose startup tecnologiche, oltre che di SPICI, società di consulenza per la gestione di processi di innovazione, di trasferimento tecnologico e formazione imprenditoriale con sede in Italia e in Cina.
Ma Enrico Iaria è tanto, tanto altro ancora.
Ci vorrebbe un giornale intero per elencare i ruoli importanti rivestiti da Enrico Iaria nel settore dell’innovazione tecnologica in Cina e nel mondo. E noi lo faremo, chiacchierando con lui proprio di innovazione tecnologica in Cina e nel mondo. Un settore di cui lui, dopo anni di totale dedizione, può parlare con autorevolezza.


La Cina da fabbrica mondiale a polo di innovazione globale

Negli ultimi dieci anni, la Cina si è trasformata da fabbrica mondiale a polo di innovazione globale. Quali sono gli elementi che stanno alla base di questa conversione?
Per decenni la strategia di sviluppo tecnologico cinese si è fondata sul copiare e imitare prodotti e servizi prevalentemente dai paesi occidentali. In quest’ultimi dieci anni il paese si è trasformato da fabbrica mondiale a hub globale d’innovazione. Questi cambiamenti sono il risultato di politiche pensate e supportate con visione pluriennale. Sono diversi i fattori che hanno contribuito a questo mutamento. Su tutti, le politiche industriali e di supporto alla creazione d’impresa, le politiche di attrazione di talenti, dai loro cervelli “fuggiti” in altri paesi a professionisti stranieri, ma anche investimenti in settori chiave quali la ricerca e l’istruzione.

La Cina unica a livello mondiale

La Cina ha un sistema di mercato che la rende unica a livello mondiale. In parte si tratta di un substrato storico-culturale nel commercio che la caratterizza. Vogliamo ricostruire il percorso storico dell’economia cinese degli ultimi 15 anni?
Dopo i decenni dei maxi incrementi PIL, negli ultimi 15 anni, man mano che l’economia cinese ha rallentato, si è assestata più verso una crescita ordinaria e matura. Siamo passati dalla vetta di un tasso al 14,2% nel 2007 ad un incremento del 6,1% nel 2019. Ricordiamo che l’anno appena concluso, ha visto la Cina alle prese con la guerra commerciale con gli Stati Uniti, che insieme ad altri fattori interni come il rallentamento degli investimenti, del credito e dei consumi, hanno contribuito a questo ulteriore rallentamento. Dopo tre decenni di turbo sviluppo la Cina si è trovata in quest’ultimi anni a dover cambiare formula per sostenere la crescita dei prossimi 30 anni. Il nuovo modello di sviluppo è basato più su consumi privati, servizi e ancora tanta innovazione.

La Cina e il suo processo di internazionalizzazione

L’aspetto più importante dell’escalation cinese è rappresentato dall’innegabile processo di internazionalizzazione a cui ha sottoposto il proprio mercato. Possiamo considerare l’internazionalizzazione, la vera chiave del successo?
L’apertura verso l’estero rappresenta sicuramente un fattore importante dell’escalation cinese. Ma in tema di commercio internazionale il vero fattore determinante è stato il processo selettivo avviato con una serie di provvedimenti legislativi che negli anni ha dettato nuove condizioni e finalità. Infatti, le aperture all’estero e agli investimenti diretti esteri sono state regolate da politiche di attrazione e canalizzazione verso aree geografiche predefinite e settori di attività predeterminati. In poco più di un quarto di secolo, la Cina è divenuta così uno dei paesi più aperti al commercio internazionale. È oggi il primo paese per esportazioni e il secondo per importazioni, destinato a breve a raggiungere il primato mondiale anche per i flussi di merci importate.

La Cina nell’innovazione tecnologica

Oggi, lei in Cina si occupa di innovazione. In che termini si inserisce questo concetto nell’economia cinese?
Il concetto di innovazione si inserisce nel comparto economico con l’identificazione di tecnologie specifiche su cui concentrare le risorse in un’ottica di crescita e sviluppo del paese. In settori quali il commercio elettronico, l’energia e la tecno-finanza la Cina è già riconosciuta come il leader mondiale. Paese che vede il concentrarsi della metà delle transazioni e-commerce al mondo, dove sono depositati circa il 30% dei brevetti sulle energie rinnovabili mondiali e dove sono nate 9 delle 23 startup unicorno nel settore fintech al mondo. Pechino sfida oggi l’Europa e gli Stati Uniti su tecnologie cruciali quali l’intelligenza artificiale e il 5G, avendole identificate già nell’ultimo piano quinquennale approvato nel marzo del 2016 come tecnologie di primaria importanza, dedicandogli dunque ingenti investimenti. L’attenzione a queste tecnologie sta facilitando l’avanzamento anche di altri settori chiave come le smart city, IoT, realtà virtuale, macchine a guida autonoma e robotica industriale.

La Cina e la ricerca

Quanto investe nella ricerca la Cina?
La spesa in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico è un indicatore importantissimo. Soprattutto, quando guardiamo alle future capacità produttive di un paese, al miglioramento dei processi, alle potenzialità di sviluppo e creazione di nuovi prodotti e servizi. La crescita cinese è stata supportata da ampi investimenti in ricerca che negli ultimi 20 anni hanno visto un maxi incremento. I dati parlano chiaro. Pechino è passato da una spesa totale di 9 miliardi nel 2000 ad oltre 293 miliardi di dollari nel 2018.


Invidiata, criticata, odiata, amata, seguita, copiata. Cosa di più è la Cina?
Un paese che guarda al futuro con visione d’insieme e programmazione. Un paese che già da anni ha fatto dell’innovazione tecnologica una priorità nazionale. Un paese che si pone domande del tipo: quali fattori influenzeranno la produzione industriale dei prossimi 10, 15 o 20 anni? Cosa produrremo? Cosa esporteremo? Quali sono le tecnologie su cui occorre investire oggi? Domande che trovano risposte in una serie di riforme e grandi iniziative come il “Made in China 2025”, un piano strategico di sviluppo annunciato nel 2015 con l’obiettivo di modernizzare il paese in 10 settori chiave che includono la robotica, l’intelligenza artificiale, ma anche l’innovazione green, il settore aerospaziale e medicale. Copiare, amare o odiare? Ogni paese ha la sua storia e le sue caratteristiche che sono uniche, dagli aspetti demografici, a quelli sociali e politici. In Italia probabilmente avremo bisogno di ricette diverse, ma forse possiamo guardare proprio alla visione d’insieme e all’attenzione rivolta a settori cruciali quali l’istruzione, l’innovazione e la ricerca scientifica. Da dove iniziare? Se anziché pensare alle giuste risposte iniziamo con il porci le giuste domande, penso avremmo già fatto un gran passo in avanti.

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