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Decentramento o centralità: l’eterno dilemma

di Redazione

Il provvedimento relativo agli enti locali contenuto nella manovra prevede l’eliminazione di alcuni comuni con una popolazione inferiore ai mille abitanti. Un provvedimento giudicato negativamente da tutte le componenti politiche siciliane

Di Cristina Novara

La tensione tra aspirazioni autonomistiche e riconduzione all’unità è ormai diffusa in tutta Europa, ma si accentua ancora di più, quando si proietta sull’assetto dell’organizzazione statuale e sul rapporto tra autorità e libertà caratteristico del moderno Stato costituzionale.

Il principio stato centrico del passato ha ceduto il passo al fenomeno della moltiplicazione dei centri di rappresentanza degli interessi. Si diffonde così un certo pluralismo istituzionale, che si afferma con la contrapposizione tra processi di autodeterminazione provenienti dal basso. Anzi, sembrerebbe quasi esservi un diretto rapporto di proporzionalità tra la richiesta di autonomia e la lontananza da ciò che potrebbe definirsi il centro. Nella popolazione nasce quasi un rifiuto verso un sistema politico avvertito come distante dalle esigenze reali della comunità e trova, talvolta, una ideale

valvola di sfogo nelle rivendicazioni autonomistiche delle comunità sociali che vivono su un determinato territorio.

Nascono così gli enti locali, la cui competenza è limitata entro una determinata circoscrizione territoriale e che persegue gli interessi pubblici soltanto di quella circoscrizione. Agli enti locali si contrappongono gli enti nazionali che hanno organi la cui competenza si estende su tutto il territorio nazionale o che, pur essendo destinati ad operare in un ambito territoriale limitato, perseguono nondimeno interessi pubblici di portata nazionale.

Gli enti locali possono essere dotati così di potestà amministrativa e normativa. L’attribuzione di funzioni specifiche realizza il cosiddetto decentramento autarchico, che si contrappone al decentramento burocratico nel quale, invece, le funzioni sono attribuite ad organi periferici.

Nell’ambito degli enti locali si distinguono gli enti locali territoriali per i quali il territorio della circoscrizione non è solo limite della competenza degli organi, ma anche un elemento costitutivo dell’ente stesso, i cui organi di governo sono rappresentativi della popolazione residente. Attraverso questi enti si realizza l’autogoverno della comunità residente nella circoscrizione. Insomma, il concetto di ente locale è più ampio di quello di ente territoriale locale.

Nell’ordinamento italiano al termine ente locale viene dato un significato più generale di ente pubblico e un significato più specifico, derivato dall’uso che ne fa il legislatore. Con quest’ultimo si parla anche di autonomie locali.

Eppure, il provvedimento relativo agli enti locali contenuto nella manovra prevede l’eliminazione di alcuni comuni con una popolazione inferiore ai mille abitanti. Un provvedimento giudicato negativamente da tutte le componenti politiche siciliane. In realtà, La riforma dell’ordinamento dei Comuni non è una modifica che si può fare per decreto da un giorno all’altro – afferma -. È necessaria, piuttosto, una norma organica per organizzare i servizi tra più Comuni e migliorarne la qualità. Se poi bisognasse riformare il loro assetto si dovrebbe redigere una norma concertata che non risponda solo al criterio dei tagli a ogni costo.

Gli enti locali dell’Isola sono protetti, comunque, dagli effetti dei provvedimenti anticrisi per via dello “scudo” dello Statuto regionale. Ma se ci fosse il completo recepimento, i tagli di Roma potrebbero abolire le Province di Enna e Caltanissetta, con meno di 300 mila persone. La stessa sorte, secondo i dati Istat, toccherebbe anche a 30 Comuni siciliani.

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