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Debbie Reynolds, Carrie Fisher e l’interpretazione sintetica

La triste scomparsa di due icone del cinema, Debbie Reynolds e Carrie Fisher, madre e figlia, e il ruolo finale di quest’ultima. Che forse continuerà a recitare...

di Massimo Arciresi

La triste scomparsa di due icone del cinema, Debbie Reynolds e Carrie Fisher, madre e figlia, e il ruolo finale di quest’ultima. Che forse continuerà a recitare…

 

di  Massimo Arciresi 

Il 2016, già segnato da tante dipartite nel mondo dello spettacolo, si è chiuso con il fatale attacco cardiaco che ha colpito Carrie Fisher. La Principessa Leia (Leila nella versione italiana) di Guerre stellari, icona insostituibile di un immaginario fantascientifico che conta milioni di fans (in pochi ricordano che l’attrice aveva attraversato altre mitiche pellicole come The Blues Brothers e Harry, ti presento Sally…, diventando poi un esperto revisore di copioni), non c’è più. L’indomani, per l’eccessivo dolore, l’ha seguita la madre, Debbie Reynolds, la cui scatenata Kathy Selden di Cantando sotto la pioggia (giusto per citare il suo alter ego più iconico) non ha lasciato un’impronta meno indelebile nella storia del cinema. Uno struggente legame affettivo, malgrado le incomprensioni – inacidite dai periodi di alcolismo della genitrice e di tossicodipendenza della discendente – illustrate dalla stessa Fisher nell’alquanto autobiografico romanzo Cartoline dall’inferno, da lei sceneggiato in seguito per l’adattamento del 1990 per il grande schermo firmato da Mike Nichols (a incarnare le due artiste furono chiamate le dive MacLaine e Streep).

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La scomparsa di Carrie avviene pochi giorni dopo l’uscita di Rogue One: A Star Wars Story, movimentato (e per qualcuno superfluo) capitolo intermedio della nuova saga targata Disney (ormai non è più affare di Lucas) che collega La vendetta dei Sith con il glorioso prototipo del 1977, ormai universalmente ribattezzato Una nuova speranza, che si apriva proprio con il “videomessaggio” inviato dalla Principessa. Benché la Fisher fosse già riapparsa ne Il risveglio della Forza (ovvero l’Episodio VII), per la breve partecipazione di raccordo è stata chiamata la norvegese Ingvild Deila, o meglio sul suo corpo è stato montato digitalmente il volto giovanile di Leia. Licenza perdonabile, se si pensa che nel medesimo contesto il temibile comandante Tarkin, un tempo impersonato dal sublime Peter Cushing (deceduto nel 1994), è stato “risuscitato” (consenzienti gli eredi, è ovvio) interamente con l’aiuto del computer: un artificio volutamente visibile, e straniante. Un destino che, si mormora, al netto di possibili modifiche di plot, potrebbe toccare pure a Carrie, che aveva completato le scene dell’ottavo episodio ma avrebbe dovuto animare il nono.

La Hollywood moderna ha già affrontato situazioni del genere, soprattutto a partire dal 1993, quando Brandon Lee perì accidentalmente sul set de Il corvo, di cui era protagonista (e che avrebbe dovuto consacrarlo). Allora si cambiò qualche sfondo alle sequenze girate e si usò una controfigura alla quale si sovrappose la faccia dell’attore defunto (procedura usata pure per Oliver Reed, morto nel 1999 durante le riprese de Il gladiatore, nel quale era però un comprimario); tecniche simili si applicarono in Fast & Furious 7, dopo l’incidente che costò la vita a Paul Walker (in quel caso i suoi somiglianti fratelli contribuirono al completamento del film). Quanto ai ringiovanimenti in CGI, vi si sono sottoposti – loro direttamente – anche Brad Pitt (nella complessa post-produzione de Il curioso caso di Benjamin Button), Jeff Bridges (in Tron Legacy) e Michael Douglas (in Ant-Man); invece Arnold Schwarzenegger in Terminator Salvation (all’epoca governatore) delegò, per la corporatura del T-800 (in un fulmineo cameo), il collega culturista Roland Kickinger.

Tuttavia il tabù dell’interprete risorto è stato infranto già da tempo, nel 2004, nel seppellito e a suo modo sperimentale (le scenografie erano tutte ricreate artificialmente) Sky Captain and the World of Tomorrow, dove il cattivone di turno era nientemeno che Sir Laurence Olivier, trapassato un quindicennio addietro. Un escamotage narrativo attenuava i contorni lugubri della trovata; ma adesso ci risiamo, il velo è caduto (uno scenario peraltro previsto nell’inascoltato The Congress). Torneranno dunque Marilyn, John Wayne e Charlot? Rielaborarli diventerà consuetudine?

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