Il comodato d’uso di un’abitazione in favore di un proprio familiare può essere sempre revocato?
Avv. Dario Coglitore
Il comodato, detto anche prestito d’uso, è il contratto con il quale una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) una cosa, mobile od immobile ma di regola inconsumabile ed infungibile, affinché questa se ne serva gratuitamente obbligandosi poi a restituirla nella sua individualità.
Ai sensi dell’art. 1810 c.c., la restituzione avviene non appena il comodante lo richieda.
Le uniche eccezioni sono:
◾l’aver pattuito un termine di durata
◾l’uso “cui la cosa è destinata”
A tal riguardo, di notevole significato appare una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 1666/16) la quale, ribadendo l’orientamento già espresso in passato (Cass. Civ. Sez. Un., n. 13603/2004 e Sez. Un., n. 20448/14), ha stabilito che la concessione in comodato di un immobile destinato ai bisogni del nucleo familiare del comodatario, non può essere revocata dal comodante fino a quando perdurano le esigenze abitative della famiglia, salva l’ipotesi di necessità urgente ed imprevista del comodante stesso, ex art. 1809 c.c.
Si riafferma, dunque, che il comodato della casa familiare è disciplinato dall’art. 1809 c.c. e ha una durata desumibile dall’uso a cui la cosa è destinata, e non invece dall’art. 1810 c.c. (cd. precario) senza determinazione di durata.
Tale principio trova significativamente applicazione, non solo nei confronti dell’originario comodatario, ma anche del di lui coniuge separato, convivente con la prole minorenne o maggiorenne non autosufficiente ed assegnatario dell’abitazione già attribuita in comodato, che opponga alla richiesta di rilascio del comodante l’esistenza di un comodato di casa familiare con scadenza non prefissata.
La decisione evidenzia, in definitiva, che la specificità della destinazione, espressa per effetto della comune volontà delle parti, è incompatibile con un godimento caratterizzato dalla provvisorietà ed incertezza che contraddistinguono il comodato c.d. precario e che legittimano la cessazione ad nutum del rapporto per mano del comodante: costui, piuttosto, in caso di godimento concesso a tempo indeterminato, e per un fine coincidente con le esigenze del nucleo familiare, deve consentire la prosecuzione del rapporto, anche oltre l’eventuale crisi coniugale, ferma e impregiudicata il caso di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno.
L’ipotesi è diversa dal recesso ad nutum del contratto di comodato a tempo indeterminato, nella misura in cui il comodante può ottenere il rilascio solo sul presupposto dell’urgenza e imprevedibilità del bisogno, che deve palesarsi serio e non voluttuario, né capriccioso, nè artificiosamente indotto.
Tale esigenza può comprendere anche il sopraggiungere improvviso del peggioramento della condizione economica che giustifichi la richiesta di restituzione del bene anche per poterlo vendere ovvero concedere in locazione per fini speculativi.
Nella valutazione del bisogno del comodante si dovrà tener conto, in ogni caso, dell’esigenza di tutelare la prole.
Secondo la giurisprudenza di legittimità maggioritaria, la destinazione dell’immobile a casa familiare imprime un vincolo di destinazione atto a conferire all’uso cui la cosa viene destinata il carattere di elemento idoneo ad individuare il termine implicito del rapporto.
Tuttavia, per potersi opporre al comodante, che richieda il rilascio, è necessario che sussista un provvedimento di assegnazione della casa familiare; occorre, inoltre, provare che il godimento di questa era stato convenuto nel contratto, anteriormente stipulato, proprio per destinare l’immobile alle esigenze abitative della famiglia.
In definitiva, se il comodante decide di mettere a disposizione del figlio un’abitazione da destinare a casa familiare, senza stabilire limiti temporali, la sua intenzione è senza dubbio quella di consentire, per tutto il tempo necessario a soddisfare l’interesse del comodatario, il godimento di tale immobile. E se la ratio del contratto di comodato si fonda sulle esigenze familiari del comodatario, corrisponde a diritto che la sua durata perduri fini al venir meno delle esigenze stesse.
In tal senso depongono, del resto, le disposizioni di cui agli artt. 337 bis ss. c.c. che riconoscono la sopravvivenza, o il dissolversi, delle necessità familiari che legittimano l’assegnazione della casa familiare e quindi il perdurare del contratto di comodato.