Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

“Catena di Smontaggio”

di Redazione

Come paesaggio e arte possono rinnovare  l’identità umana

 

di Sergio Pitteranera*

 

L’arte e il paesaggio esprimono la creatività, la fantasia, i desideri di una comunità. Rinnovando e umanizzando sempre più la loro relazione, la comunità è in grado di rinnovare se stessa perché questa  mutevole simbiosi  ha espresso, lungo il corso della nostra storia e può esprimere ancora oggi, le potenzialità dell’ immaginazione umana. Chi è consapevole di questo forte legame tra espressione umana e contesto ambientale, è in grado di percepire la profonda crisi che attraversa la nostra società non solo da un punto di vista socio-economico ma anche e soprattutto  artistico e territoriale. Chi avverte questo perenne “filo di Arianna” tra arte e paesaggio comprende che la crisi non è casuale se, per diventare ciò che è, ha avuto bisogno di togliere alle persone l’ effettiva possibilità di gestire e fruire direttamente del prezioso ‘paesaggio’  che lo circonda. Da un punto di vista ‘corale’ ed urbano si assiste  ad una vera e propria “devitalizzazione” della comunità,  frammentandone  l’identità materiale attraverso la divisione territoriale stessa  del suo spazio ‘naturale’ e vitale: lo spazio della città, dell’arte, del paesaggio.

Si assiste ad una frammentazione urbana che condiziona  l’accessibilità allargata e la fruizione fisica dei suoi membri, alla conoscenza. Allontanandola dalle proprie risorse e capacità creative. Quando la crisi è profonda diventa crisi di pensiero e di organizzazione perché riesce ad  allontanare la comunità dalle sue reali necessità e dalla propria capacità di autodeterminazione. Dunque questa crisi, ad una attenta analisi degli ultimi decenni, viene incoraggiata da chi propone (e spesso: impone) sedicenti strategie culturali del territorio che allontanano le persone da ciò che le circonda: il territorio  e il suo contenuto vitale vengono gestiti direttamente, o indirettamente, da enti pubblici e/o privati con visioni particolari e machiavelliche del territorio e dei suoi tesori. Durante gli ultimi quarant’anni, dentro  e attorno le  nostre città sono state  svendute porzioni sempre più consistenti del nostro paesaggio naturale e culturale, ponendo  in essere, di fatto, varianti continue al diritto costituzionale di potere godere collettivamente delle nostre bellezze artistiche e paesistiche. Palermo è un esempio di luogo in cui viene esteticamente studiata la ‘Catena di Smontaggio’ del paesaggio naturale e artistico,  in atto da tempo in Italia. La piccola dimensione urbana che caratterizza la percezione del suo Cuore Storico viene occupata  a tappeto da automobili come fossero  concessionarie, come  prolungamento ad oltranza di un ristorante o di un pub rinomato e ‘storico’.

Sembra quasi che le architetture storiche siano considerate alla stregua di quinte sceniche ad uso commerciale (ma nel senso più banale). Questo a scapito della fruizione allargata e libera delle piazze e  della percezione chiara, rallentata dello spazio urbano più unitario. Per molti uomini di Stato la parola  ‘turismo’ significa anche questo, o non esclude queste situazioni. Ma gli effetti collaterali di questa visione non fanno reale onore alla percezione collettiva dell’arte e dello spazio urbano. Non è un caso che l’altra faccia di questa perversione ( di questa concezione poco culturale della cultura) è l’abbandono di intere porzioni di città che spesso cadono sotto gli occhi di tutti.

Come possiamo reagire dunque, a questa sorta di ‘Catena di Smontaggio’ ? Riflettendo sulle  ‘mancanze’ della scena urbana e sulle sue contraddizioni. Richiamando a raccolta tutte le idee che possono contribuire alla Reintegrazione di arte, paesaggio e servizi sostenibili alla loro simbiosi organica e collettiva. Progettando su ciò che, rimarginando le ferite del Cuore Antico della città, può ridare linfa vitale, adrenalina , entusiasmo, moltiplicando le possibilità di incontro e di fruizione dei suoi abitanti, cercando di modificare l’errata concezione dell’architettura storica come mera e consumabile cornice scenografica degna di una bella cartolina turistica.

Tutto questo  impedisce la possibilità di vedere nell’architettura e nell’arte una vera e propria ‘infrastruttura’ per relazioni umane e di lavoro da terza rivoluzione industriale. Un’ infrastruttura dominata da una visione collettiva, orizzontale : intesa come spazio cioè del rispetto e della condivisione delle bellezze che la fondano. Alla frammentazione  dello spazio della città  e del nostro patrimonio artistico, noi dobbiamo opporre una Reintegrazione di tesori d’arte e servizi collettivi sinergici alla condivisione perché  oggi più che mai siamo chiamati a difendere la condizione essenziale per raggiungere una ricchezza tangibile e comune: quella di saperne condividere la fonte, la risorsa, la materia primaria e renderla fruibile alle persone. Servono progetti sostenuti dal preciso mandato sociale di creare e garantire accessibilità ai beni culturali:si tratta di capire come realizzare un mix ragionato di attività che permette la vitalità (comunicazione/fruizione) del patrimonio stesso, così come dei suoi abitanti. Mobilitare in maniera allargata e fluida le intelligenze che conoscono il territorio per mettere, anche  in rete, informazioni sempre più importanti ed  interdipendenti tra loro. Parallelamente creare una rete  di attività reali a sostegno della fruizione e della conoscenza del patrimonio stesso.In estrema sintesi, parliamo di come gettare le basi umane e sociali per realizzare un economia fondata sulla creatività e  la bellezza, alternativa all’attuale idea di  Sviluppo senza Progresso (tanto criticato da Pasolini e dall’élite culturale inascoltata del nostro Paese). Un’ alternativa cioè alla gestione privata o privatistica dei beni e dell’arte, del patrimonio e delle risorse comuni concentrata nelle mani di pochi ed incapaci soggetti. Non è solo importante (benché fondamentale) la corretta  difesa e conservazione (e approfondita catalogazione) di tutto ciò che ha un valore paesistico, culturale e artistico presente nel nostro territorioè altrettanto necessario attivare modi collettivamente produttivi di viverli e di condividerli.Se oggi parliamo di patrimonio d’arte , di preziose tele o sculture dei maestri che ci onoriamo di custodire nella nostra terra,   parliamo anche di una sapienza antica che può diventare risorsa: parliamo del modo di viverle e di condividerle collettivamente. 

Occorre una rete reale e culturale, ambientale e artistica, la cui gestione collettiva democratica e condivisa proietterebbe già verso una filosofia produttiva alternativa.L’arte e il paesaggio sono molto più di un tesoro da mettere sul mercato, sono la fonte dell’ ispirazione permanente di un popolo che vuole rinnovare il suo futuro attraverso la sua storia e  il suo presente.

 

*Associazione Mialò Art

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