Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Andiamo a mangiare una pizza?

Crescono del 70% gli ordini di pizza in Italia, Milano la città più golosa. Dalla pizza Margherita a quella con la farina di grani antichi, la pizza piace a tutti, dai bambini ai nonni. Un noto chef palermitano, Gigi Mangia, ci rivela le sue preferenze e la ricetta.

di Clara Di Palermo

Se chiediamo quale sia uno dei simboli dell’italianità a livello internazionale, sicuramente i più direbbero “la pizza”. Perché a qualsiasi latitudine, il meraviglioso profumato impasto, oggi proposto con farine di grani antichi oppure miscele di differenti farine, condito con pomodoro e mozzarella, fa subito Italia e convivialità.
Vediamoci per una pizza è una frase frequente e trasversale a tutte le fasce di età e oggi anche chi è affetto da celiachia ha la possibilità di gustare una buona pizza con grande facilità in numerosi locali.
Quando si tratta di celebrare una specialità gastronomica, gli italiani non si tirano mai indietro, figuriamoci se si tratta della pizza. La scorsa settimana, il 9 febbraio è stato il Pizza Day, una ricorrenza nata negli Stati Uniti, ripresa in tutto il mondo e dedicata a uno dei piatti made in Italy più famosi di sempre. Basti considerare che soltanto in Italia durante l’anno vengono sfornate in media oltre 5.500 pizze al minuto.

Così, prendendo spunto dal Pizza Day, abbiamo deciso di celebrare anche noi questa goduria per il palato e abbiamo chiesto aiuto a un cuoco palermitano tra i più noti, Gigi Mangia, che ci ha confessato la sua passione per la pizza, soprattutto la “pizzella fritta”, e a Uber Eats, un’app che aiuta a portare a milioni di persone in tutto il mondo non solo le pizze, ma  tante delle cose che desiderano con un semplice click. Partner di oltre 700.000 ristoranti e commercianti in più di 6.000 città in sei continenti, consegnando dalle specialità locali ai marchi nazionali, Uber Eats ha voluto ripercorrere con noi le diverse interpretazioni della pizza nelle maggiori città italiane. Ce ne sono di tutte le forme, colori e sapori, perché, come per gran parte della cucina di casa nostra, ogni città ha saputo nel tempo reinterpretare e fare propria la più famosa delle ricette nazionalpopolari: la pizza, appunto.

Fonte immagine: Pixabay

Il trend in Italia

In quanto a tendenze d’acquisto, nel 2021 gli ordini della pizza effettuati attraverso l’app di Uber Eats sono aumentati del 70% rispetto all’anno precedente. La città italiana più golosa di pizza è Milano, seguita da Roma, Napoli, Torino, Bologna. Annata che segna inoltre un particolare record: 38 pizze ordinate in una volta sola.

Tra le pizze preferite dagli italiani, sul podio la Margherita, mentre al secondo posto la Bufalina, infine la medaglia di bronzo va alla Napoli, seguita da Marinara e Diavola. Dei classici intramontabili e insostituibili, non c’è pizza gourmet o speciale che tenga. Una curiosità: se il sabato è quello più critico, il giorno meno ‘affollato’ della settimana per ordinare la pizza è il lunedì.

Venite con noi per un pizza ‘tour’

Facciamo insieme  un breve viaggio attraverso le pizze più locali del Belpaese, le tante versioni differenti, la varietà degli ingredienti e le tradizioni legate a questo piatto così amato nel mondo.

Alla romana

Il suo nome è in quasi tutti i menu più classici: la pizza alla romana. Figlia di un’antica tradizione gastronomica laziale, il risultato è una pizza croccante, arricchita di ingredienti semplici e decisi come acciughe e capperi. La capitale italiana però ha saputo valorizzare un altro pezzo forte dei prodotti da forno, una prelibatezza che risale alla Roma antica, quella rurale, quella che ha sfornato la pinsa. Questa cugina della pizza è un’ottima alternativa.

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Milano al trancio

Il melting pot che caratterizza culturalmente il capoluogo lombardo lo ritroviamo anche in cucina, anzi nel forno. Tante cucine tipiche, tanti sapori regionali e internazionali che rendono onore alla pizza dandole un’infinità di sfaccettature. Ciò che riassume e rappresenta al meglio il dinamismo della città e dei suoi abitanti e modalità, quasi tradizionale, con cui si consuma la pizza ovvero al trancio.

Napoli, m’ama, non m’ama

Regina assoluta e indiscussa del regno delle pizze è lei: Margherita. A solleticare il palato della regina Margherita di Savoia, nel 1889, ci penso Raffaele Esposito, che con pomodoro, fior di latte e basilico cambiò la storia dell’alimentazione… Mondiale. Roccaforte di questa tradizione culinaria, Napoli sforna i più grandi classici, dalla Bufala, alla Regina (che i comuni mortali chiamano prosciutto funghi), fino all’antica Marinara e alle tipica carrettiera (salsiccia e friarielli), solo per citarne alcune. Anzi, chiudiamo con un capolavoro, la pizza fritta.

Torino al tegamino

Proprio così, qui si mangia la pizza al tegamino, che alcuni chiamano ‘al padellino’. Una vera e propria tradizione piemontese. Piccola, spessa e morbida, ricorda vagamente una focaccia, si differenzia da quella classica anche per la doppia lievitazione dell’impasto e una cottura al forno dentro una teglia circolare e senza manici, resa aderente grazie a qualche goccia di olio d’oliva. Di questa particolare versione si sa che è nata negli anni trenta e che in quel periodo veniva preparata soltanto nei paraggi della splendida Mole.

Barese croccante

Lievita in tempi brevi, circa dodici ore, rimane piuttosto sottile e con dei bordi più bassi e croccanti rispetto a quella tradizionale: ecco la versione barese della pizza, anche in questo caso elaborata per la prima volta negli anni trenta dai primi pizzaioli della città. Tra i piatti tradizionali ce n’è uno davvero gustoso il cui nome, visto il contesto, potrebbe ingannare ed è il calzone barese. Si tratta, infatti, di una torta rustica con sfoglia di pasta di pane, ripiena di cipolle, acciughe, olive, capperi e pomodori.

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Palermo al caciocavallo

Troppo buono per non citarlo: lo sfincione. Una prelibatezza diversa rispetto alla pizza, più vicina a una focaccia, alta e soffice, ma soprattutto condita con sugo di pomodoro e caciocavallo senza un domani. Un prodotto gastronomico palermitano che non manca mai per le strade della città, le sue rosticcerie, chioschi e tavole calde, una vera eccellenza dello street food.

Catania ripiena

Restiamo in Sicilia, perché qui il cibo è sacro. La parola d’ordine in questo caso è scacciata, praticamente una pizza ‘ripiena’. Un prodotto di origini contadine, già noto nel ‘700 e nato per riutilizzare in modo gustoso gli avanzi del giorno prima. Dal caciocavallo alle melanzane, dai broccoli alle cipolle, gli ingredienti possono variare molto, ma la versione più nota è quella con tuma, acciughe e olive.

Bologna creativa

Bologna è sempre un passo avanti e la creatività in cucina di questa città offre dei prodotti senza paragoni, anche quando si tratta di pizza. Una delle più recenti invenzioni bolognesi in materia, creata per valorizzare il territorio, è la pizza Maggiore, prodotto ispirato alla sua piazza e a due prodotti tipici immancabili: patate e mortadella.

Firenze si reinventa

Una schiacciata in chiave moderna, giunta dalla costa toscana, si chiama piciacca. In pratica un incrocio tra la ciaccia, classica focaccia toscana e la pizza cotta su pietra, un prodotto che rientra a tutti gli effetti tra quelli da pizzeria. Nata dalle mani esperte del pizzaiolo Gabriele Dani, questa pizza toscana è in grado di rispondere al ‘fuoco’ della salsiccia e friarielli con salsiccia toscana e cavolo nero saltato.

Venezia rustica

La bella Venezia non è tra le città più famose per la pizza, ma il Veneto, terra dai sapori rustici, offre dei condimenti che bene si sposano con questo piatto. Immancabile il radicchio, specie quello trevigiano, che si accompagna spesso al formaggio Asiago, a volte spingendosi oltre con il ‘tastasale’, un saporito impasto di carne di maiale macinata e ben speziata. In alternativa e altrettanto carica di calorie è la salsiccia e radicchio.

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E all’estero? Special Guest: Chicago

Tutta un’altra pizza, si sa, ma considerato che negli Stati Uniti hanno dedicato una giornata nazionale a questo piatto tutto italiano, merita rendere onore alla più famosa versione a stelle e strisce della pizza. Stiamo parlando della pizza Chicago ovvero la deep-dish pizza. Altissima, farcita con impressionanti strati di mozzarella, pomodoro e parmigiano, questa pizza è famosa in tutto il mondo e se si capita da quelle parti, merita assaggiarla.

“Un vero e proprio monumento della gastronomia italiana, la pizza, che Uber Eats non manca di celebrare anche in questo particolare giorno, nato negli Stati Uniti, ma dal cuore tutto italiano”, commenta Davide Tronzano, General Manager di Uber Eats. “Un prodotto che in tutte le sue forme e varianti regionali continua a segnare una crescita importante anno su anno, portando ogni giorno sulle tavole degli italiani quel conforto di sapori che ci rende così affezionati al piatto più celebre della nostra tradizione alimentare”.

Gigi Mangia

Lo chef e la pizza…

Abbiamo chiesto a Gigi Mangia, noto chef palermitano, conosciuto anche oltreoceano, e amico de L’InchiestaSicilia, di dirci delle sue preferenze riguardo alla pizza.
“Vado di rado in pizzeria, quasi mai d’inverno. A primavera invece e d’estate amo andare a mangiare le pizze Gourmet… posso citare qualche locale?  Le mie preferite sono quelle di DRY a Milano in via Solferino, comunque d’estate a due passi da casa mi piacciono quelle di Apud Jatum, che ho saputo sta per aprire anche a Palermo.

Per la pizza fritta la mia pizzeria preferita a Palermo è TONDO: mangiare una pizza fritta da loro mi fa tornare bambino, a Napoli da zia Maria e da zio Raffaele. A casa ho la fortuna di avere un forno a legna fatto bene da un artigiano monrealese e d’estate, con mia moglie Carolina, ci divertiamo a fare pizze e sfincione”.

Ma una ricetta da regalare ai nostri lettori?

“Vi regalo tre ricette in una volta… La mia Marechiaro, è una semplice olio e pomodoro senza basilico, con olio di nocellara e cerasuola, pomodoro siccagno (il pomodoro secco), basilico, origano fresco e…..colatura di acciughe di Cetara.  La seconda è la “Pizzella ‘e scarola” fritta. La terza è lo Sfincione.
Per la prima e la seconda l’impasto è lo stesso e le ore di lievitazione sono almeno 48. Per lo Sfincione cambia l’impasto e bastano 12 ore di lievitazione.
Ricetta impasto pizza per 4:
semola di  rimacinato 550 gr
farina 00 bio (W230/260) 180 gr
una bella tazza d’acqua ( 220 cl)
Se non avete lievito madre basteranno 8 gr di lievito di birra
2 pizzichi di sale fino
2 cucchiai di olio di frantoio

Fonte immagine: Pixabay

Versate in una ciotola la semola e la farina e il lievito sbriciolato e versate l’acqua, mai fredda. Impastate a mano. Appena avrete ottenuto una palla omogenea aggiungete sale e olio. Impastate ancora fino a quando olio e sale non si saranno completamente amalgamati. Continuate a impastare un paio di minuti. Trasferite l’impasto sul tagliere di legno e copritelo con la ciotola che avete usato per impastare
Dopo una ventina di minuti togliete la ciotola. Lavorate l’impasto ottenuto facendo le pieghe, sbattetelo e allungatelo. Fate queste azioni perché l’impasto diventi liscio.
Poi fate la vera e propria palla di impasto e copritela con un panno. Lasciatela lievitare per almeno quattro ore fuori frigo.

Dopo queste quattro ore sistemate l’impasto in frigo e lasciatecelo almeno 24/36 ore. Passato questo tempo, prendete l’impasto dal frigo, dividetelo in 4 parti uguali. Lavorate queste palle e sistematele in quattro vassoi coprendole con uno strofinaccio e lasciatele riposare ancora almeno due ore. Adesso l’impasto è pronto e potrete condirlo come più gradite”.

E l’impasto per lo sfincione?

“Per l’impasto per lo Sfincione, considerando una teglia da 4 porzioni, ci serviranno:
Farina 00 ( W 230/260)
Lievito di birra 4 gr
Malto 4 gr
Quasi 2 tazze di acqua tiepida
Olio EVO due grossi cucchiai
Sale fino 3 pizzichi

In una ciotola versiamo farina, lievito, malto e acqua (1Tazza) impastiamo con forza … come sono solito dire ci vonnu ‘i Pusa p’impastare u sfinciuni, aggiungete l’olio ( circa i due terzi). Continuate a lavorare l’impasto finché l’impasto diventa omogeneo. Aggiungete sale e un po’ d’olio. Adesso trasferite l’impasto ottenuto su un tavolo di lavoro, lavoratelo e realizzate un palla. Risistematela nella ciotola lasciando levitare in forno spento per almeno 4 ore. Appena pronto stendetelo sulla teglia che avrete precedentemente oliato, stendetelo bene aiutandovi con la punta delle dita.
E una volta steso bene nella teglia, copritelo con un panno pulito e lasciate riposare almeno un paio d’ore. L’impasto è pronto per essere condito con la conza (il condimento) tipica dello sfincione, con cipolla abbondante, salsa, caciocavallo e pangrattato”.
E sulla conza dello sfincione entrano in gioco le tradizioni di ciascuna famiglia. Comunque sia, pizza e sfincione sono appuntamenti irrinunciabili della nostra tavola.

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