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Lucia Restivo Spicuzza: io ingiustamente sospesa dal Biondo

Lucia Restivo Spicuzza parla a cuore aperto del suo improvviso allontanamento dallo stabile di Palermo...

Lucia Restivo Spicuzza si avvicina al Teatro all’età di 19 anni  incontrando il compianto  Giorgio Li Bassi   presso “Al Convento” di Palermo ed è proprio li che incontra il futuro marito Pippo Spicuzza. Con lui prosegue il suo percorso teatrale passando per il “Piccolo Teatro” di via Calvi e poi  come direttore operativo presso il “Teatro Orione – Pippo Spicuzza” per ben 16 anni, ereditandone la direzione unica alla morte del coniuge. In seguito al triste evento, il Maestro Carriglio, allora Direttore Artistico del Biondo, la chiama a far parte della squadra del Teatro

 

di  Pippo La Barba

Lucia parla a cuore aperto del suo improvviso allontanamento dallo stabile di Palermo dopo anni di appassionato e proficuo lavoro nell’organizzazione del teatro

Tu hai gestito un teatro privato, l’Orione, dove hai acquisito un’esperienza che hai poi messo a frutto al Biondo. Oggi lo stabile ritiene che non sei più utile. E’ una decisione che ti sorprende?
E’ una cosa che non mi aspettavo e che mi addolora non poco perchè umilia me e la mia famiglia. A parte ogni altra considerazione, mi chiedo… ci stanno 48 vedove con figli tra i 48 impiegati del Biondo?! Dovrò ancora una volta dichiarare un lutto alle mie figlie! Credetemi, è estremamente difficile

Sospendere dodici persone era l’unica soluzione possibile per ripianare i conti del Teatro?
Assolutamente no! Recuperare in questo modo 130 mila euro su 6 milioni di bilancio non usando neanche la cassa integrazione a rotazione (strumento utilizzato da altri enti), non allontanando i consulenti esterni, non tagliando gli straordinari, è un atto inumano e sciagurato sia per la forma usata sia per l’esiguo importo!

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Considerando che i teatri pubblici e voi Biondo nello specifico subite tagli considerevoli dai soci ormai da anni, pensi che ci possano essere altre forme di autofinanziamento?
E’ impensabile che un teatro pubblico possa reggersi solo sugli incassi. Credo di avere contribuito a raggiungere i settemila abbonamenti nella passata stagione, ma questo non basta. Gli stabili non possono per motivi economici ridimensionare i cartelloni riducendoli al lumicino, hanno l’obbligo istituzionale di realizzare opere di livello e rivisitare i classici.

Ma questo avviene con libertà di espressione, contestualizzandoli, ovvero debbono restare nella loro staticità anche scenografica? (si pensi al costo dei costumi d’epoca).
Assoluta libertà e nessuna staticità scenografica. Si è dato anche largo spazio all’avanguardia; mi piace pensare al Biondo come a un centro di cultura polifunzionale. Deve cioè cercare di elevare il livello culturale e, la dove  possibile, rappresentare anche  testi di grande impatto scenico.

Come spieghi l’orientamento degli spettatori verso forme teatrali più leggere sul piano organizzativo e con spettacoli meno pretenziosi, mi riferisco per esempio a quelli messi in scena dal Teatro Mediterraneo Occupato?
Il teatro privato trova non pochi impedimenti sia di carattere burocratico e finanziario che di collocazione fisica. Il TMO e altri sono officine che brulicano di passione. Se al Mediterraneo Occupato gli spettacoli riscuotono successo, ciò è dovuto unicamente alla bravura degli operatori!

Come finirà questa storia delle 12 sospensioni al Biondo?
Lo stabile di Palermo non è l’unico teatro pubblico in difficoltà economiche, eppure è l’unico ad aver preso nei confronti del personale posizioni rigide e direi innaturali. Siamo certi di un rientro immediato anche in vista della corsa a “Teatro Nazionale”; la speranza di un risanamento totale è d’obbligo.

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