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Tra gatti e banane, buona musica in una serata estiva

di Redazione

 

Il concerto del soprano Elisabetta Giammanco e del pianista Salvatore Scinaldi, validissima alternativa alla baraonda del Festino di Santa Rosalia

 

di Federico di Napoli

Domenica 14 luglio alle 21,30, a Bagheria, a villa Casaurro, l’associazione culturale “Quelli di Pittalà ”, nella cornice di una promettente sede artistica (però ancora in via di definizione logistica ed organizzativa), è tornata ad offrire i suoi gradevoli e interessanti Aperitivi culturali. Nella corte dell’antica villa, ove in precedenza si sono già esibiti vari musicisti (seppure dediti a tutt’altri generi musicali), si è infatti svolta una serata all’insegna della lirica, di cui è stato valido protagonista il soprano Elisabetta Giammanco, col magistrale accompagnamento al pianoforte elettrico del maestro Salvatore Scinaldi.

Nonostante qualche piccola (ma ovviabile) incongruenza organizzativa (la tardiva predisposizione delle luci di scena a platea già colma di spettatori) e qualche fastidiosa interferenza (le “sonorità televisive” provenienti dalle abitazioni vicine), la cantante palermitana ha dato ulteriore prova della sua notevole espressività lirica. Con la sua vocalità delicata e decisa, la Giammanco si è esibita in arie cameristiche di Tosti, ma anche in famose romanze di Bellini (Norma) e Puccini (Gianni Schicchi, Madama Butterfly, Tosca), per poi proseguire e ultimare con altri brani di autori vari (con una preferenza per il repertorio classico napoletano). Salvatore Scinaldi, intervallando il soprano, si è a sua volta prodotto nell’esecuzione di pezzi per piano solo, con una particolare attenzione per il bicentenario di un musicista palermitano, Errico Petrella, compositore caduto nell’oblio (al contrario dei suoi coetanei Verdi e Wagner), del quale ha eseguito un brano dall’opera Marco Visconti.

Chi è stato presente può ben dire di aver trascorso una bella serata estiva, e ciò a dispetto della bolgia che la sera del 14 luglio si crea al Foro Italico di Palermo, ove il sacro viene allegramente mischiato al profano (dando la precedenza a quest’ultimo), con conseguente e inevitabile confusione per chi scrive e per qualsiasi persona che non vada pazza per calia, semenza, babbaluci e botti vari.

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