Il teatro secondo Paride Cicirello. Il padre, in arte Michele Perricone, è un brillante attore teatrale palermitano. Inizia giovanissimo l’esperienza teatrale debuttando all’età di otto anni nel ruolo di Pinocchio al fianco del padre, che successivamente si dimostrò nettamente contrario al percorso artistico che Paride avrebbe voluto intraprendere. L’ostacolo genitoriale è stato lo stimolo più efficace per rafforzare l’innata passione per il teatro, che lo porta a conseguire a Palermo, a diciotto anni, l’attestato di attore presso la scuola di teatro “Teatès” di Michele Perriera. Successivamente partecipa a svariati corsi e stage, dal Teatro Libero con Lia Chiappera e Beno Mazzone al Teatro Garibaldi con Vincenzo Pirrotta. Nel 2007 la prima affermazione con un suo testo e regia, “Pruvulazzu”, al “Palermo Teatro Festival”, dove ottiene il premio “Il teatro che verrà”, in ricordo di Vincent Schiavelli.
Il trasferimento a Roma
Cicirello lascia Palermo che gli offre poco per la sua voglia di imparare a recitare trasferendosi a Roma e diviene determinante per la sua formazione attoriale l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, dove ha la fortuna di studiare con grandi maestri come Mario Ferrero, Peter Stein, Kristin Linklater e tanti altri. Consegue il diploma di laurea in recitazione con lo spettacolo “Il professor Manganelli”, regia di Massimo Popolizio, aggiudicandosi al 54° “Festival dei due mondi” di Spoleto il premio “Manuela Artari” come migliore attore emergente. Continua l’attività di attore al Teatro Argentina di Roma, dove nel biennio 2014/2015 svolge il corso di alta specializzazione per attori professionisti affrontando il grande pubblico con ardue prove d’attore.
Non solo attore, anche autore
Scrive anche. Tra i suoi testi c’è “Caterina”, portato in scena al Teatro Biondo di Palermo dal fratello Gabriele, anche lui attore, diplomato sempre all’Accademia Silvio D’amico. Tra i lavori più recenti per il teatro: “Le Crepe” di M. Mazzone (2016), “i Cavalieri” di Aristofane (2017), “Temerlano il Grande” regia di Luigi Lo Cascio (2018), “Parola a Palermo” regia dello stesso Cicirello, “La mafia” di L. Sturzo regia di Piero Maccarinelli. Per il cinema: “Il Traditore” regia di Marco Bellocchio (2019). Per la televisione: “Personaggi in cerca di attore” regia Gualtiero Pierce RAI 5 (2020).
Chiedo a Paride di parlarmi di questa sua precoce attrazione verso il teatro.
“Me l’ha trasmessa mio padre. Lo seguivo sempre nelle prove, ovunque, ma lui mi scoraggiava, mi diceva che quello dell’attore è un mestiere precario, che non ti fa mettere mai radici e non ti dà certezze; e me lo diceva mentre con i pochi mezzi a disposizione di notte attaccavamo abusivamente le locandine per pubblicizzare i suoi spettacoli. Non scorderò mai l’odore dei manifesti appena stampati”.
Quindi è stato decisivo per la tua formazione respirare in famiglia l’aria del palcoscenico?
“Penso che la mia dedizione per l’arte teatrale sia nata dalla condizione di ritrovarmi figlio d’arte. Vivere la strana sensazione di non poter raggiungere mio padre quando lo vedevo apparire in scena ha confuso la mia percezione della realtà, e ho creduto fin da subito pienamente all’esistenza di un affascinante e misterioso mondo parallelo fatto di luci e colori che successivamente ho scelto come unica visione della vita. Crescendo, mi pare di aver capito, dopo tanti scontri con me stesso, che per nutrire il lavoro dell’attore bisogna essere presenti nella vita reale di tutti i giorni e vivere con rispetto il proprio ruolo, per accrescere la produzione di valore umano e sociale”.
Cos’è per te il teatro?
“Dopo tanti anni di pratica teatrale, posso dire che non ho idea di cosa sia il teatro ed è proprio questo non sapere che mi spinge ad amarlo. Penso che la materia teatrale sia vasta quanto la varietà del genere umano. Per me il teatro è un luogo di infinito stupore che deriva dalla ricerca, dalla indagine, dall’incontro con il testo, con se stessi, con i compagni di scena, con lo spettatore, uno stupore che si rinnova sempre e non si replica mai”.
C’è un modello di attore cui ti ispiri?
“Sono principalmente due gli artisti che per me sono stati fondamentali esempi da seguire: Gianmaria Volonte’ e Eduardo De Filippo. Queste due importanti figure mi hanno particolarmente ispirato sia per le opere e i personaggi che hanno interpretato sia per le loro significative azioni sociali di impegno politico”.
Perché a un punto del tuo percorso hai lasciato la Sicilia per Roma? Cosa ti ha dato questa esperienza?
“Non ricordo chi lo disse, ma pare sia vero, quando cammini nelle grandi strade di una grande città anche i pensieri e le idee diventano più grandi ed io all’inizio a Roma provai questa sensazione. Ero felice di avere oltrepassato le montagne palermitane, esse mi apparivano come severe guardiane che mi nascondevano il mondo, poi quando tornai nella mia città, quelle stesse montagne mi apparvero come delle immense accoglienti braccia”.
Come definiresti la”sicilianità”?
“Non amo molto le definizioni, penso che tutto sia in divenire. Il termine sicilianita’ contiene a mio parere miriadi di sfaccettature, per me inafferrabili, perché vivono in me, come scriveva Pirandello: il particolare alito della nostra casa non possiamo avvertirlo perché è l’alito stesso della nostra vita”.
Che prospettive si apriranno per te e per il teatro in genere dopo l’attuale periodo di grave stasi?
“Spero che durante questo lungo periodo di pausa forzata ci sia stato il tempo per riflettere e capire quali nuovi strumenti mettere in campo per rinnovare la politica e la gestione dei teatri italiani, e di sicuro si avranno migliori effetti, rispetto al passato. Forse tutto dipende dalla capacità di voler esprimere il proprio potenziale; quindi, sia per me che per gli altri, se spinti da forti necessità, si potranno raggiungere gli obiettivi prefissati. Mi auspico che il sistema teatrale possa rinascere al meglio, creando occasioni e opportunità, riuscendo ad eliminare le classiche e convenzionali barriere che escludevano le nuove realtà”.