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Ventimiglia, la sede della Camera del Lavoro intestata a Giuseppe Puntarello

di Redazione

La sede della Camera del Lavoro di Ventimiglia di Sicilia è stata intestata a Giuseppe Puntarello, dirigente della Cgil ucciso nel dicembre di 72 ani fa dalla mafia. L’intestazione, nella sede di corso Umberto, è avvenuta alla presenza del sindaco Antonio Rini e della giunta, dei dirigenti della Cgil e della Flai, dei familiari, del parroco, del comandante della stazione dei carabinieri, di Antonella Azoti, figlia di Nicolò, assassinato dalla mafia a Baucina il 21 dicembre 1946, e Placido Rizzotto Jr., nipote di Placido Rizzotto, assassinato dalla mafia a Corleone il 10 marzo 1948.
“E stato da tutti sottolineato che finalmente si è reso onore e giustizia a Giuseppe Puntarello, che per 72 anni non è stato mai ricordato pubblicamente anche perché la mafia, dopo averlo assassinato, fece un’operazione di depistaggio spargendo la voce che era stato assassinato per un errore – hanno ricordato Dino Paternostro, responsabile Legalità Cgil Palermo e Mario Ridulfo, della segreteria Cgil Palermo – . Versione comoda un po’ per tutti. Ora, finalmente, si chiamano le cose col proprio nome e si rompe questo silenzio durato tanti anni”.
Presenti alla cerimonia anche alcuni familiari. Ha detto Giuseppe Rizzo, figlio di una figlia di Puntarello: “Il ricordo della figura di mio nonno, fino a ieri vivo solo nella sfera intima e familiare, oggi si trasforma in memoria collettiva, in memoria condivisa. La memoria collettiva, al di là della solennità del momento commemorativo, chiama a raccolta tutti noi ad un rinnovato impegno contro ogni forma di sopraffazione, senza tentennamenti, non esitando a stare dalla parte dei più deboli, che oggi più che mai sono i disoccupati e gli immigrati che fuggono dalle guerre. E’ questa, credo, la lezione etica e morale che possiamo trarre dal sacrificio di mio nonno e dei tanti valorosi sindacalisti che sono caduti per affermare i principi della democrazia, dei diritti e delle tutele dei lavoratori e che, con il loro sacrificio, hanno mobilitato le coscienze dei cittadini restituendogli la consapevolezza e la forza di continuare a lottare, preparando il terreno per le successive conquiste sindacali”.
E Giuseppe Puntarello junior, omonimo del nonno, ha inviato un messaggio: “Ricordare Peppino Puntarello come un uomo giusto costretto a lasciare prematuramente la moglie con 5 figli in condizioni materiali difficili significa tornare a quel triste 4 dicembre di 71 anni fa che ha cambiato la storia di un’intera famiglia e delle sue successive generazioni. Famiglia segnata dal dolore e dal lavoro, come tante. Nessuno dei nipoti – ha detto Puntarello – ha potuto conoscerlo quel nonno ‘ucciso per errore di persona’, come per molti anni è stato sostenuto. Poi, è bastato mettere insieme quella sequenza ininterrotta di 40 sindacalisti che tra il 1944 e il 1948 furono uccisi silenziosamente. Il delitto mafioso però deve essere letto all’interno di quel flusso della Storia in cui è maturato. Solo la distanza temporale ha permesso una lettura univoca di quei tragici eventi, che paiono ubbidire ad una strategia unitaria, che vedeva soprattutto in Sicilia, l’opposizione dei latifondisti, e dei loro campieri mafiosi, all’applicazione dei Decreti Gullo concepiti per migliorare la produttività e la redistribuzione del latifondo e delle terre incolte”.

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