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Sciopero dei call center a Palermo: situazione lavorativa drammatica

I lavoratori: "Nei call center non ci sono più ragazzini ma adulti che mantengono famiglie. Non siamo lavoratori di serie B". In corteo anche il Sindaco, Leoluca Orlando.

di Redazione

Sciopero dei call center: più del 60 per cento dei lavoratori palermitani è sceso in piazza oggi per protestare e chiedere maggiori garanzie per il futuro del settore.  “Lo sciopero è riuscito.  L’adesione nella nostra città è stata alta: il 60 per cento con punte del 70 per cento. In prefettura la dottoressa Baratta ha ricevuto una delegazione e  il documento dei sindacati con le  nostre rivendicazioni sarà trasmesso al governo”, dichiara Massimiliano Fiduccia, della Slc Cgil Palermo e Rsu Almaviva.        

“A Palermo la tensione è alta perché la  situazione è veramente drammatica e peggiora di giorno in giorno  – aggiunge Fiduccia – Alla vertenza Almaviva si sommano gli altri esuberi annunciati ieri  dall’azienda Abramo. Stiamo vivendo una situazione molto complicata, diffusa anche in altri territori. Per questo oggi siamo scesi in piazza con uno sciopero regionale”.    

Venerdì 31 tavolo unitario a Roma

Il 31 i sindacati torneranno a Roma per il tavolo unitario su Almaviva. ”E’ il momento di dare risposte certe  sul problema  delle delocalizzazioni, su un  ammortizzatore sociale strutturato e su un fondo di investimento dedicato a questo importante settore che in Sicilia dà lavoro a 20 mila addetti – aggiunge Fiduccia –   Da mesi  va avanti una discussione col ministero del Lavoro e col ministero dello Sviluppo economico. Ci aspettiamo un segnale deciso da parte del governo e che si possa ragionare con l’azienda per trovare soluzioni non traumatiche”.      

E aggiunge Emiliano Cammarata, Slc Cgil Palermo e Rsu Almaviva:  “Il settore dei call center in Italia non si può più permettere di aspettare. Abbiamo bisogno di riforme strutturali. Al governo, già a partire dal 31 gennaio, al  tavolo  chiederemo  leggi per questo settore,  ammortizzatori sociali strutturali, rispetto delle tariffe ministeriali e contratti commerciali. Ma soprattutto  un fondo strutturale che possa servire alla riqualificazione di un settore in profonda trasformazione  da troppi anni, che conta 80 mila lavoratori in tutta Italia, di cui 20 mila in Sicilia. Il rischio è che nel giro di due-tre anni,  non solo i 1700 di Almaviva ma i 20 mila lavoratori dei call  center siciliani perdano il posto. E sarebbe un danno incommensurabile  per la nostra Isola”.    

La testa del corteo di stamani

Al corteo, grande la preoccupazione dei  lavoratori del call center Abramo,  che a Palermo  sono in tutto 450 operatori, di cui 190 lavoratori a tempo indeterminato  e il resto contratti atipici,  Lap, co.co.co  

“Proprio  ieri la nostra azienda ci ha convocato e ha comunicato che Tim  ha ridotto del 70 per cento il  traffico – dice Francesco Brugnone, Rsu Slc Cgil di Abramo –  Da  circa 180 mila chiamate al mese, siamo passati a 43 mila. Già hanno dichiarato almeno 150 esuberi. Ci dobbiamo rendere conto che questa ormai è una vertenza di tutto il settore e non  di una singola azienda. Ormai – aggiunge Brugnone – tutti i committenti fanno il bello e cattivo tempo. Decidono di chiudere i rubinetti, spostano le chiamate da un centro all’altro e affossano le speranze  di tutti noi. Non è più il lavoro di un tempo in cui il ragazzetto veniva al call center per sostenersi nelle spese universitarie.  C’è gente che mantiene la famiglia, che  ha creato un nucleo familiare col lavoro dei call center. Ma il governo  è assente, non capisce che non è più un settore di ragazzini ma di gente che lavora, noi non  siamo lavoratori di serie B ma lavoratori come tutti gli altri e rivendichiamo i nostri diritti  e pretendiamo dal governo che intervenga per difenderci. E intervenga sui committenti: finché non ci saranno regole certe nel settore, non sappiamo cosa ci aspetta domani”.

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