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Comuni sciolti per mafia in Sicilia: la legge si evolve con l’evolversi della mafia

Comuni sciolti per mafia in Sicilia. Excursus sugli Enti Locali invischiati e sulla legge che porta allo scioglimento. Record in Sicilia

di Patrizia Romano

Comuni sciolti per mafia in Sicilia. Nei numeri precedenti, ci siamo occupati di Enti Locali. Abbiamo introdotto questo spazio dedicato ai Comuni con un pezzo di apertura, puntando, via via, i riflettori su singoli Comuni.
L’obiettivo dei nostri articoli è quello di dare voce a quelle piccole realtà istituzionali, molto spesso, mortificate nel proprio ruolo amministrativo. Riteniamo che, anche se i Comuni nella scala piramidale della gerarchia amministrativa rappresentano la struttura più piccola, rivestono una grande importanza.

Comuni sciolti per mafia

Purtroppo, però, molto spesso, alcune di queste realtà rimango invischiate in vicende criminali di stampo mafioso, proprio per il ruolo che rivestono. Tant’è che vengono sciolti.
Ed è proprio sui Comuni sciolti per mafia in Sicilia che, in questa sede, vogliamo porre la nostra attenzione. Perché in tutta Italia, i comuni sciolti per mafia sono ben 21.

La Sicilia al secondo posto

In particolare, con sette Comuni sciolti per mafia, la Sicilia è tra le Regioni italiane con il numero più alto di enti locali invischiati nella criminalità organizzata. E’ seconda soltanto alla Calabria, che annovera al suo attivo ben 8 Comuni sciolti nel corso di due decenni, appena.
I sette comuni sciolti per mafia siciliani in questione, sono Pachino, in provincia di Siracusa, San Cataldo, nel nisseno, Mistretta, nella provincia di Messina, Mezzojuso, San Cipirello e Torretta a Palermo, Misterbianco, in provincia di Catania.
Molto colpito, il territorio dei Nebrodi che ingloba ben 4 province: Messina, Catania, Enna e Palermo.

Nonostante lo scioglimento, l’ombra della mafia permane


Secondo gli inquirenti, nonostante questi comuni siano stati raggiunti dal Decreto che li ha dichiarati sciolti, è ancora forte la presenza della criminalità organizzata legata a potenti clan locali.
Su tutta la Penisola, come abbiamo già detto, i Comuni sciolti per mafia sono 21. Purtroppo, la concentrazione maggiore, abbiamo visto anche questo, si registra nel Meridione. Oltre alla Sicilia e alla Calabria (quest’ultima in pole position con 8 comuni sciolti), a completare il quadro, si aggiungono Puglia, Campania e Basilicata.
A rendere note queste notizie è ‘Avviso Pubblico’, la rete degli Enti locali e delle Regioni contro le mafie.

Un po’ di storia
In passato, nel messinese sono stati sciolti per mafia i comuni di Furnari nel 2009, Mazzarrà Sant’Andrea e Terme Vigliatore nel 2005. La stessa richiesta era stata avanzata a metà del decennio scorso per Barcellona Pozzo di Gotto, ma il governo l’aveva respinta.
Misterbianco è stato uno dei primi enti della provincia sciolti per mafia proprio l’anno di entrata in vigore della legge, 18 anni fa, e Torretta era stato sciolto nel 2005.

 Anche il Nord fa la sua parte

E’ vero che al Sud si concentra il numero maggiore di Comuni sciolti per mafia, ma non bisogna pensare che il Centro Nord sia indenne da queste cose.
Dal 1991 al primo bimestre del 2020, sono stati emanati 551 decreti (ex art. 143 del testo unico sugli enti locali). Di questi, 207 sono decreti di proroga che riguardano precedenti provvedimenti. Su 344 decreti di scioglimento, 23 sono stati annullati dai giudici amministrativi.
Nell’ultimo decennio, ben 50 procedimenti ispettivi avviati dal Ministero dell’Interno, si sono conclusi con l’archiviazione.
Va detto, però, che molte di queste amministrazioni, sono state colpite da più di un decreto di scioglimento, proprio per la stessa ragione.
Quelle che abbiamo appena visto, rappresentano, comunque, le cifre più elevate da quando è entrata in vigore la legge.

Normativa di riferimento

Il coacervo delle leggi che disciplina lo scioglimento delle Amministrazioni Comunali è composto dal Decreto legislativo numero 164 del ’91. Quest’ultimo, come cita il Testo, è recante Misure urgenti per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e degli organi di altri enti locali, conseguente e a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.
Il Decreto modificava la legge 55 del ’90, recante, a sua volta, Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale.

Evoluzione della legge

Nel corso degli anni, la legge ha subito una serie di modifiche per adeguarsi all’evoluzione della mafia che, nel frattempo, si è modernizzata. Si è passati, così, dall’art. 15 bis della legge n. 55 del 1990 all’art. 143 del d.lgs. 267/2000 che prevedeva.
A questo Decreto Legislativo, si aggiunge il Decreto numero 267 del 2000’ (Testo Unico degli Enti Locali), ex art. 143, così come modificato dalla legge 94/2009. Quest’ultimo prevedeva lo scioglimento dei Consigli nel caso in cui emergessero collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata, che compromettono la libertà dell’elettorato, nonché il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali e il regolare funzionamento dei servizi.

Cessazione delle cariche

Lo scioglimento del Consiglio Comunale o Provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia e di componente delle rispettive giunte, nonché di ogni altro incarico connesso alle cariche ricoperte.

Incandidabilità

Queste leggi prevedono anche l’incadidabilità degli amministratori ritenuti responsabili dello scioglimento.
Sono stati oggetto di rilievi anche le figure dei commissari, che vanno a sostituire gli organi di governo locale.
Per sciogliere un consiglio comunale, comunque, è necessario avere delle prove veramente salienti sul condizionamento di stampo mafioso.
La legge, dopo appena due anni dalla sua nascita, fu sottoposta a un giudizio di legittimità costituzionale.

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