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Divorzio congiunto: e se il coniuge ci ripensa?

E se a un accordo di divorzio segue un ripensamento di uno dei coniugi? Cosa succede? Il ripensamento è nullo? O è nullo il precedente accordo? Ci chiarisce la questione l'avvocato Dario Coglitore

di Dario Coglitore

Nella famiglia in crisi la sottoscrizione di accordi di separazione e divorzio, è spesso frutto di lunghe ed estenuanti trattative concluse con fragili compromessi, a volte dettati dalla necessità di evitare infinite lungaggini processuali successive alla fine del rapporto coniugale.

Non di rado però accade che, quando si giunge ad un accordo firmato da entrambi i coniugi e depositato in tribunale, i medesimi, magari a fronte di una nuova lite, intendano rimettere in discussione le intese raggiunte, proprio prima della comparizione personale delle parti in udienza.
Tale eventualità rappresenta un problema non di poco per i difensori delle parti, spesso costretti a placare gli animi dei litigiosi coniugi fino alla comparizione  avanti al Presidente del Tribunale.

La possibilità di revocare il proprio consenso alla presentazione di ricorso congiunto per la separazione consensuale dei coniugi, o per il loro divorzio, è questione parecchio dibattuta in giurisprudenza, tanto da aver determinato l’intervento della Suprema Corte di Cassazione.
Fino a poco tempo fa il consenso delle parti, in quanto atto costitutivo dell’accordo, doveva sussistere fino al momento della comparizione delle stesse in tribunale, ed era dunque sempre revocabile fino a tale momento.

La Corte di Cassazione

Con recenti pronunce, invece, la Corte di Cassazione ha mutato orientamento, differenziando in merito alla revoca del consenso a seconda che ciò avvenga all’interno del procedimento di separazione o in quello di divorzio (Cfr. Cass civ. n. 19540/2018; n. 19348/2021).
Mentre infatti, nella prima ipotesi, le parti possono, fino all’udienza presidenziale, decidere di revocare l’assenso alla separazione, rendendo nullo il ricorso stesso, nei procedimenti per lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio la Corte di legittimità ha stabilito come tale circostanza non possa più verificasi sic et simpliciter.

L’avvocato Dario Coglitore

In particolare, la giurisprudenza attribuisce “natura meramente ricognitiva” alla parte di accordo relativa alla sola domanda sullo status e natura “negoziale” a quella che attiene ai figli (minori o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti) ed ai rapporti economici fra i coniugi.
Quest’ultima, in quanto tale, non ammette ripensamenti unilaterali: la Corte di Cassazione, infatti, equipara l’intesa sottoscritta ad un vero e proprio contratto, rendendo dunque inefficace e/o irrilevante ogni ripensamento che non sia condiviso da entrambi coniugi.

Rispettare l’economicità processuale

Ciò risponde perfettamente ai principi generali di economicità processuale e di divieto di abuso dei mezzi processuali che sottendono all’esercizio dell’azione giudiziale, poiché è evidente che se non si dovesse, per assurdo, pervenire a questa conclusione si finirebbe per “favorire” indirettamente la condotta omissiva o dilatoria del coniuge contrario e, di conseguenza, gravare la parte che da sempre abbia mantenuto fermo il proprio proposito divorzile delle spese e dei tempi di attivazione di un nuovo, in questo caso autonomo ma perfettamente inutile, procedimento.

Nè infine la revoca del consenso da parte di un coniuge può comportare l’arresto del procedimento e la conversione in contenzioso, dovendosi consentire al Tribunale  di procedere comunque all’accertamento dei presupposti previsti dalla legge n. 898 del 1990 per la pronuncia di divorzio ed esaminare le condizioni concordate dai coniugi, valutandone la conformità alle norme inderogabili del nostro ordinamento e all’interesse dei figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, e del coniuge debole.

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