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Processo Eni/Nigeria. Nuove dichiarazioni attorno alla vicenda

Ancora dichiarazioni ai magistrati di Brescia nella vicenda dei verbali relativi alle dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara e del processo Eni/Nigeria

di Redazione

Continuano ad emergere le dichiarazioni rilasciate dinanzi ai magistrati di Brescia nella vicenda dei verbali relativi alle dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara e del processo Eni/Nigeria.
In particolare, il vicepresidente del CSM conferma di aver ricevuto una cartellina, contenente gli estratti dei verbali redatti nel dicembre 2019, dall’ex Consigliere Davigo, subito distrutta. Così come anche fece, dopo qualche settimana dal pensionamento di Davigo, il Consigliere Giuseppe Marra anche lui destinatario di copia di tali atti con l’incarico di custodirli. Sembrerebbe, inoltre, che altre copie dei verbali fossero già in circolazione in precedenza.

Amara e le sue vicende

Ricordiamo ai lettori che Amara, 52 anni siciliano, sale agli onori della cronaca giudiziaria entrando, nel 2002, a far parte del collegio difensivo dell’Eni. L’obiettivo principale della attività dell’avvocato, al fianco dell’avvocato Salvatore Calafiore e un giovane imprenditore, Alessandro Ferraro, secondo i magistrati nei procedimenti avviati dalle procure di Trani e Siracusa nella vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’AD dell’Eni, Claudio Descalzi, sarebbe stato quello «di avviare e coltivare» una «associazione a delinquere» per «intralciare l’attività giudiziaria», «depistare e delegittimare» le inchieste milanesi. A ciò si aggiunge l’altra vicenda processuale in cui Piero Amara sarebbe coinvolto con l’ex pm romano, Luca Palamara, ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati radiato dalla magistratura con l’accusa di aver pilotato nomine in cambio di favori.

Amara, testimone d’accusa

Dal 2019, il legale siciliano infatti diventa il testimone d’accusa in varie indagini, anche molto importanti. Tra queste, quella dove Palamara è accusato di aver pilotato diverse sentenze e inchieste a suo carico, in cambio di soldi e favori da parte di lobbisti vicini a grossi imprenditori. Amara si autoaccusa di aver chiesto e ottenuto favori da Palamara. A seguito delle dichiarazioni di Amara, la Procura di Perugia apre un fascicolo per ipotesi di reato in associazione segreta con l’obiettivo di condizionare le nomine in magistratura, ma anche in altri settori.

La loggia Ungheria

Attraverso questa loggia, chiamata «Ungheria», Amara, infine, racconta di aver conosciuto l’ex vicepresidente del Csm, Michele Vietti, e l’avvocato di Messina Enrico Caratozzolo. Sullo sfondo di questa vicenda giudiziaria, che parte tutta dalla Sicilia, si muovono, dunque, diversi magistrati e giuristi, anche siciliani. Da queste vicende, molte delle quali ancora sottoposte al vaglio dei giudici, emerge però un tratto comune. Ed è proprio l’ultimo libro della magistrata Ilda Boccassini a farcelo notare. “La stanza n.30” edito da Feltrinelli, infatti, aldilà dei tratti intimistici catalizzanti l’attenzione della stampa, tanto da scatenare un ampio dibattito e reazioni nell’opinione pubblica, rivela, piuttosto, un contesto professionale, quello degli uffici della procura di Milano, dove la vita dei magistrati che vi ruota attorno, anche quella privata, sembra coincidere con quella professionale.

Familismo

Una specie inedita di familismo, il familismo professionale, per cui in quegli uffici tutto si fa insieme: si lavora insieme, ci si frequenta insieme, si fanno le vacanze insieme, ci si ama insieme, si fanno figli insieme, ci si sposa insieme, si va a convivere insieme. In un continuo susseguirsi e alternarsi di vita privata e professionale interconnessa e imprescindibilmente coincidente. Una sorta di piccolo mondo involuto in sé stesso. Nessun rilievo, come è ovvio, sul punto, poiché i sentimenti fanno parte della vita privata di tutti noi ma c’è da chiedersi: dove finisce l’etica privata e dove comincia quella pubblica? Quanto i rapporti personali, quasi identitari, possono incidere sulla serenità di giudizio del magistrato? Quanto questi, o questa, può essere condizionato, o peggio, manipolato, da figure del proprio ufficio viste con particolare ammirazione, fiducia, dedizione o devozione, o amore?

Sentirsi in prima linea

Emerge con chiarezza dalle parole, per esempio, questo senso di accerchiamento costante, questo sentirsi “sulle barricate” o “in guerra” o “in prima linea”. Si tratta di termini guerreschi che spesso ritroviamo riportati fedelmente e, a volte pappagallescamente, anche in altre contesti, in altre interviste, da altri magistrati di quell’ufficio. “Sono un pm da strada” “Sono un guerriero” sono frasi che ricorrono e che leggiamo riferite da magistrati che condividono tra loro perfino la stessa residenza privata. La stessa autrice esprime nel testo giudizi importanti su alcuni colleghi, taluni aspramente critici, altri di assoluta stima. Interessanti, anche se con distinguo, quelli riguardo Storari e Dolci.

Giudizi su Storari e Dolci

Per il primo non ci si risparmia “un collega dotato di una preparazione eccellente, di grande capacità lavorativa, spinto da un instancabile desiderio di apprendere e disponibilità verso i colleghi” della seconda si accennano due tratti: “persona intelligente, capace e senza ansie di primeggiare” con la quale però, una volta assunto il ruolo alla guida del Dipartimento, si sarebbe “persa di vista”, al punto che è la stessa Boccassini a rivolgerle un augurio, ed una raccomandazione, di continuare la strada da lei tracciata, a riprova di rapporti interrotti dopo il pensionamento. Come se, quasi, tra le righe, vi fosse un sottile rimprovero, un desiderio, neanche troppo nascosto, di continuare ad essere interpellata, di continuare ad essere un punto di riferimento.

Come nel film Eva contro Eva

Sembra di rivedere scorrere il modello cinematografico di Eva contro Eva con Bette Davis e Anne Baxter. È in questo tipo di ambiente di lavoro, pertanto, che vanno a sistemarsi pian piano le tessere del mosaico investigativo delle procure. Da una missione in Nigeria, nel settembre 2019 resa nota dai giornali solo adesso, per una rogatoria , della quale, poco prima, il pm Storari avrebbe informato i propri vertici della completa inutilità dovuta alla assoluta inaffidabilità del testimone nigeriano ampiamento pilotato proprio da Amara.

Piena consapevolezza

Se ne dedurrebbe che, già prima del settembre 2019, e quindi certamente prima della stesura, nel dicembre 2019, degli ormai famosi verbali delle dichiarazioni di Amara, in quell’ufficio vi fosse ampia consapevolezza del ruolo giocato da quest’ultimo, quantunque con opinioni discordanti circa la gestione dello stesso. Considerata la grande sintonia tra magistrati di quell’ufficio, come riportato nel libro della Boccassini, al punto da considerare quel gruppo nell’ordine: squadra, trincea, armata tanto che, “non sarebbero stati tollerati protagonismi né scelte individualistiche”, sembra difficile, credere che all’interno di un ufficio così intimo e coeso non si fosse pervenuti a conoscenza dei turbamenti di alcuni sostituti, e, particolarmente di quelli descritti “come figli”.

Lo scandalo al CSM

Contemporaneamente scoppiava a Roma lo scandalo al CSM con la pubblicazione delle intercettazioni all’Hotel Champagne, a partire da maggio 2019, e tutto ciò che ne è conseguito con le relative azioni disciplinari. L’organo di rilievo costituzionale a garanzia della autonomia e indipendenza dei magistrati serra i ranghi, sono impressionanti per la durezza, lo ricordiamo, gli interventi in un drammatico plenum al cospetto di un Capo dello Stato scurissimo in volto. L’azione disciplinare verso il principale responsabile si concluderà, come sappiamo, nell’ottobre 2020 in un clima diffusissimo e torrido di polemiche, mentre sottotraccia i verbali, o, per meglio dire, estratti non firmati di essi come dice la professoressa Cabiddu in una intervista rilasciata proprio alla nostra testata, circolano tra Milano a Roma.

I verbali

La professoressa Cabiddu nella medesima intervista afferma che tali copie sarebbero stati consegnati all’ex consigliere Davigo presso l’abitazione del dott. Storari. Su tale punto abbiamo già espresso qualche perplessità. Sembra difficile immaginare il dott. Davigo recarsi nell’aprile del 2020, in pieno lockdown milanese, presso l’abitazione del dott. Storari a ritirare i plichi. E tuttavia, ai fini della nostra ricostruzione, non è indifferente capire l’esatto luogo della consegna di tali documenti tra i due. Potrebbe essere avvenuto per strada? Al bar? Presso l’abitazione del dott. Davigo a Milano? Presso gli uffici della Procura? In una qualsiasi parte del palazzo di Giustizia di Milano? Alla stazione centrale?

I pezzi del puzzle

Ricollegando, perciò, i pezzi del puzzle, tenuto conto della grande affinità, professionale, amicale, addirittura sentimentale, tra tutti gli attori che ruotano attorno a quell’ufficio, possiamo lecitamente chiederci perché soltanto nel dicembre 2019 si cristallizzano nella verbalizzazione le dichiarazioni, tutte da verificare, del “pentito” Amara, dichiarazioni già circolanti dalla precedente estate? E possiamo immaginare che, in un contesto in cui, a dire della Boccassini “ non venivano tollerati protagonismi né scelte individualistiche”, sarebbe stato possibile che un sostituto, così in sintonia con i propri punti di riferimento nell’ufficio, tutti legati tra loro da rapporti personali fortissimi, potesse aver preso iniziative solitarie senza consultarsi con i colleghi a lui più prossimi?

In attesa dell’esito delle indagini

In attesa dell’esito delle indagini, la conclusione in questa sede è che, in questa pagina nerissima delle istituzioni poste a garanzia dei diritti del cittadino, sia confluita una concentrazione di energie centrifughe e centripete tali da creare una tempesta perfetta nella direzione manipolativa del prossimo professionale in un risiko nel quale i protagonisti hanno perseguito un proprio fine personale, inclusa la tutela delle relazioni sentimentali e amicali, all’interno di un proprio orizzonte molto, troppo, corto. Sarà stata la ricerca del bene comune o il mandato ad amministrare la Giustizia in nome del Popolo italiano, soggiacendo alla legge, ad ispirare le loro scelte? Saranno i giudici a darne chiarezza processuale.


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