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Ex Province regionali, gettata di liquidità in caduta libera

Ex Province regionali, emanata circolare dall’assessore regionale alle Autonomie Locali, in base alla quale, le ex province regionali, ancora oggi commissariate, potranno richiedere liquidità per 19,5 milioni. Liquidità che arriva mentre presso le ex Province il caos, dopo la famigerata riforma, rilevatasi fallimentare, regna ancora sovrano

di Patrizia Romano

Qualche giorno fa, i due deputati regionali del Movimento 5 Stelle, Valentina Zafarana e Antonio De Luca annunciavano che, “… grazie al governo Conte, il pasticcio tutto siciliano della mancanza di liquidità delle ex Province regionali potrà essere risolto entro il 30 giugno…”.

Liquidità per le ex Province

Il grande annuncio riguarda la circolare emanata dall’assessore regionale alle Autonomie Locali, in base alla quale, le ex province regionali, ancora oggi commissariate, potranno richiedere liquidità per 19,5 milioni, per 9,6 milioni di euro e, infine, per 9,9 milioni di euro. Liquidità che dovrà essere utilizzata rispettivamente per la manutenzione e la messa in sicurezza di strade e per gli interventi di manutenzione delle scuole”.

Un pasticcio tutto siciliano

“Governo e parlamento – spiegano i due deputati Ars – hanno dato attenzione massima ad una vertenza che è frutto di un pasticcio tutto siciliano, ovvero quello della riforma delle province, che non è mai stata completata e che anzi ha provocato un disastro di tipo gestionale per i lavoratori e le competenze delle ex province regionali.

La riforma delle ex Province, l’interminabile querelle

Già, la riforma delle province. Una querelle iniziata nel 2013, quando Rosario Crocetta, fresco fresco di elezioni, annunciava l’abolizione delle Province siciliane, come primo atto della sua grande rivoluzione. Rivoluzione che, da lì a poco, avrebbe smantellato l’intero apparato obsoleto, pesante e inutile da gestire e mantenere.

La grande rivoluzione di Crocetta


La rivoluzione, in realtà, annunciata tra squillo di trombe e rullo di tamburi, non è mai cominciata, né proseguita, né, tanto meno, completata. Dopo quattro anni, nel 2018, lo stato della rivoluzione intrapresa da Crocetta, consisteva soltanto nell’abbandono delle strade provinciali e delle scuole, che, all’improvviso, non si capiva più a chi passava la competenza. A questo scatafascio, si aggiungevano 6 mila e 500 persone (i dipendenti) con gli stipendi a rischio.

La vera rivoluzione


In realtà, un vero atto rivoluzionario c’è stato. Cioè il taglio (di testa) del presidente della Provincia e del Consiglio provinciale, entrambi eliminati. Da qui ne seguì un’altra azione rivoluzionaria. Gli organi, fino a quel momento, nel bene o nel male, eletti democraticamente dal popolo, vennero sostituiti dai commissari: nove, uno per ogni ex Provincia.

Città Metropolitane


L’atto più eclatante della riforma delle province, passate alla storia come ex province, è stata la nascita di quegli strani organismi, chiamate Città Metropolitane,  Palermo, Catania e Messina. Organismi, che non sono state in grado di occuparsi né di strade né di scuole; elementi, fino alla riforma, sotto la gestione esclusiva delle Province.

Liberi Consorzi


Accanto alle famigerate Città Metropolitane, sono nati, pure, i sei ‘Liberi Consorzi di Comuni’. Liberi Consorzi, di cui, tra l’altro, non si è mai capito il confine di ‘libero’, secondo l’asserzione etimologica che gli è stata affibbiata.
Trovare i soldi per le casse vuote delle ex Province, da allora, è sempre stato l’obiettivo di tutti i deputati siciliani sia della maggioranza sia dell’opposizione.

Ex Province nel caos


E’ legittimo chiedersi, però, in che termini ciò sarà possibile?
Questi nuovi organismi, sostituitisi alle ex province per ridurre i costi della politica e snellire l’apparato amministrativo, in Sicilia sono rimasti quello che erano sul loro nascere. Dei surrogati ibridi vuoti, privi di competenze, con enormi criticità economiche, ma soprattutto, sottoposti a tutta una lunga serie di passaggi legislativi, mai completati. Insomma, nella buona sostanza, uno degli esempi più emblematici di riforma fallimentare.
La maggior parte di Liberi Consorzi Comunali e Città Metropolitane sono quasi tutti in pre-dissesto e nell’impossibilità di chiudere i bilanci di previsione. C’è chi ha già dichiarato il default. Chi ha, annunciato il fallimento. C’è ancora assenza di programmi, caos totale sulla definizione delle competenze.

Prelievo forzoso ai danni degli Enti Intermedi della Sicilia


Dall’inizio della riforma, si è innescato un meccanismo di prelievo forzoso dello Stato quale contributo di finanza pubblica. Un elemento che ha dato un ulteriore colpo di grazia alle ex province. Dal 2013 il governo di Roma toglie alle Province dell’Isola oltre 200 milioni di euro l’anno costringendole di fatto alla paralisi se non al fallimento.
E’, quindi, in questo contesto che, grazie alla legge del 30 Dicembre 2018 e alla finanziaria 2019, le nostre ex province riceveranno questa liquidità. Città Metropolitane e province dovranno mandare i programmi di intervento entro il 30 giugno all’assessorato regionale alle autonomie locali, cioè, entro domani. Ovviamente, come ribadiscono i deputati, è implicito l’appello agli Enti a fare in fretta”.

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