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Usucapione, limiti e diritti per una eventuale compravendita

È possibile disporre di un bene immobile acquistato per usucapione, in assenza di una sentenza che accerti l’avvenuta usucapione stessa? Il problema, di indubbia utilità pratica, è stato risolto positivamente dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale, con stupore dei commentatori e degli operatori del diritto (soprattutto dei notai), ha ammesso tale possibilità.

di Redazione

L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, legato ad una situazione di fatto che si protragga ininterrottamente per un determinato periodo temporale. Detta situazione di fatto è il possesso, inteso come il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale; tale esercizio “ uti dominus ”, da parte di chi possiede, deve protrarsi pacificamente (ossia non in modo violento o clandestino), ininterrottamente e continuativamente per 20 anni relativamente all’acquisto dei beni immobili (ovvero 10 in caso di usucapione abbreviata in virtù di titolo idoneo e della buona fede nell’acquisto), e 10 anni per i beni mobili. L’acquisto si determina a titolo originario, nel senso che esso non deriva da atti tra vivi o a causa di morte.

Ora, colui che ha posseduto per vent’anni un cespite immobiliare, e dunque di fatto ha usucapito il bene, può disporre di esso (alienandolo, donandolo, etc.) senza che sia intervenuta preventivamente la sentenza che accerti e dichiari la avvenuta usucapione? Il notaio può rogare un atto traslativo senza il suddetto atto giudiziale trascritto, basandosi unicamente sulle dichiarazioni delle parti?

La Corte di Cassazione

In alcune risalenti pronunce, la Suprema Corte ha negato tale possibilità, ritenendo necessaria la sentenza che dichiari la avvenuta prescrizione acquisitiva al fine di potere disporre liberamente del bene usucapito: invero, a parere degli Ermellini, la situazione di possesso, benché utile all’acquisto della proprietà, essendo una posizione di mero fatto non determina di per sé un diritto a vendere l’immobile. In particolare, in una sentenza del 1996, la S.C. ha affermato che “gli effetti del possesso protratto nel tempo non sono ancora un diritto: l’esercizio del possesso per il numero di anni stabilito dalla legge costituisce infatti solo il presupposto per ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà sulla cosa posseduta, mentre l’acquisto di tale diritto per effetto dell’usucapione, per poter esser fatto valere e quindi costituire oggetto di un contratto di compravendita deve prima essere accertato e dichiarato nei modi di legge”.

Un diritto già consolidato

La questione sembrò chiusa sino ad una pronuncia del 2007, la n. 2485, in cui la Cassazione, invocata sul punto, ha capovolto il proprio orientamento sino ad allora consolidatosi, e ciò sulla scorta del fondamentale rilievo per cui la sentenza che accerta l’acquisto per usucapione, è dichiarativa , cioè afferma giudizialmente un diritto già consolidatosi ex lege in capo al possessore mediante il decorso temporale utile ai fini della usucapione. Sarebbe iniquo, dunque, comprimere le facoltà connesse all’esercizio del diritto dominicale sul bene solamente per l’assenza di una pronuncia che accerti la esistenza di tale diritto, già acquisito a prescindere dall’accertamento giudiziale.

Sufficiente la sola dichiarazione del venditore?

Il cambiamento di rotta della Cassazione pone non pochi problemi applicativi, sia per il fatto di interrompere la continuità delle trascrizioni almeno sino alla sentenza (non potrebbe, invero, trascriversi una situazione di mero possesso!), generando difficoltà nella ricostruzione storica dell’immobile, sia per il fatto che il notaio rogante l’atto di vendita in assenza di titolo giudiziale che accerti la usucapione, sarebbe obbligato a stipulare un atto pubblico esclusivamente sulla scorta di una dichiarazione resa dal venditore, di avere usucapito il bene e di essere il legittimo proprietario di esso, senza che il professionista abbia la possibilità di verificarne la veridicità. D’altro canto, la stessa S.C., nella pronuncia n. 32147 del 12 dicembre 2018, pur confermando l’orientamento teso a riconoscere la liceità del trasferimento del bene usucapito senza il preventivo accertamento giudiziale cristallizzato in sentenza, ha rinvenuto precisi obblighi informativi a carico del notaio rogante l’atto traslativo, nel senso che “ il notaio non è tenuto ad uno specifico controllo​della legittimazione del disponente che si dichiari proprietario per usucapione, e può limitarsi a prendere atto che la volontà delle parti è espressamente diretta all’effetto traslativo, anche se lo stesso sia insicuro.

Gli obblighi per il notaio

Poiché, tuttavia, il notaio ha un obbligo di informazione e di chiarimento nei confronti delle parti, anche ai fini della funzione di adeguamento nella compilazione prescritta dell’atto che gli affida l’art. 47, comma 2, legge notarile, egli dovrà accertarsi che il compratore abbia ben chiaro il rischio che assume con l’acquisto, per aver fondato l’alienante la sua proprietà sulla maturata usucapione non accertata giudizialmente. L’acquirente, adeguatamente informato, per una maggior sicurezza del suo acquisto, in assenza delle visur e ipocatastal i ventennali, può, allora, richiedere specifiche garanzie, oltre quelle ex artt. 1483 e 1484 c.c., oppure preventivare un congruo risarcimento nel caso di esito infelice della vendita (come, ad esempio, accertato nella fattispecie decisa da Cass n. 2485/2007), ed il notaio può procedere così alla stipula, riportando nell’atto i dati forniti dalle parti. In particolare, deve ritenersi necessario che il notaio precisi nell’atto che il compratore è consapevole che l’acquisto dal preteso usucapiente possa essere a rischio, mediante apposita clausola del negozio stipulato tra le parti, da menzionare nel quadro “D” della nota di trascrizione, per segnalare altresì ai terzi la carenza della pubblica fede notarile con riguardo alla provenienza dell’immobile ed all’inesistenza di formalità pregiudizievoli.” Esigenze di cautela e prudenza, pertanto, inducono a ritenere opportuno comunque munirsi di un titolo giudiziale che accerti e dichiari l’acquisto per usucapione, onde evitare problematiche di non poco momento nella genetica dei successivi atti dispositivi, nonché possibili ingerenze di terzi che agiscano in evizione sul cespite.
Avv. Giovanni Parisi

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