Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Economia infettata dal Coronavirus. Qual è il tuo ruolo?

Quali saranno gli effetti del Coronavirus sulla nostra economia? Ecco la strategia da adottare di fronte a un'economia infettata dal Coronavirus

di Enrico Iaria

Oggi vogliamo affrontare una tematica importantissima che sta già impattando noi tutti e le cui conseguenze che vivremo sulla nostra pelle (purtroppo) potrebbero essere ancora più negative a seguito di ciò che sta accadendo in queste ore.
Già da diverse settimane abbiamo iniziato a porci una domanda molto seria: quali saranno gli effetti del Coronavirus sulla nostra economia?  

Vediamo di capirci qualcosa…
economia di un paese comprende tutti noi. Le sue imprese, gli imprenditori, i manager, i lavoratori, i consumatori, ma anche le istituzioni, cioè il governo e gli enti locali, incluso tutto ciò che questi soggetti fanno.
E la finanza invece? 
La finanza, da un punto di vista funzionale, possiamo definirla come un settore molto speciale dell’economia. Perché ci offre un servizio indispensabile, ovvero le risorse che alimentano le nostre attività necessarie per funzionare, per andare avanti, per crescere.
L’esempio, semplice è quello del corpo umano. La rete delle arterie e delle vene è parte del nostro corpo, ma, al tempo stesso, ne è precondizione vitale, perché assicura la circolazione del sangue che da al nostro organismo il nutrimento essenziale per vivere.
L’economia è rappresentata dal nostro corpo e dalle attività che svolgiamo. 
La finanza è qui il nostro sistema circolatorio, che, appunto, fa circolare il sangue, ovvero le risorse (money). 
Ma torniamo a quanto sta accadendo in queste ore.


Economia positiva al virus. Cosa aspettarci?

Il Coronavirus, unito al crollo dei prezzi petroliferi, ha riportato alcuni indici di volatilità a livelli che non si toccavano dalla crisi finanziaria del 2008. 
Perché?
I mercati reagiscono all’incertezza, alla paura, alle misure adottate e prendono in considerazione le stime di crescita attesa. Ad aumentare i timori degli investitori è arrivata giorni fa, la previsione dell’agenzia di rating Moody’s che ha confermato stime che indicano il nostro paese in recessione. 
Quali sono le conseguenze?
Tra le conseguenze potrebbero esserci: un ulteriore aumento della disoccupazione legato alla minore produzione, una sfiducia più forte sui mercati finanziari e quindi meno investimenti, nonché un aumento del costo della vita.

Le misure economiche annunciate per fronteggiare la crisi in corso, che mirano a sostenere soprattutto famiglie, imprese e lavoratori (sospensione di pagamenti, di contributi fiscali, delle rate dei mutui, tasse, ma anche sistemi di accesso al credito per le imprese e un bonus, una sorta di voucher, alle famiglie delle aree più colpite) hanno gli stessi principi di supporto a cui si farebbe riferimento in caso di crisi del genere. Le politiche in questo caso infatti sono chiamate a sostenere i consumi e facilitare la produzione.Ma possiamo porci una domanda legittima? Hanno politiche del genere in passato generato i risultati sperati? Sono state sufficienti a rilanciare l’economia?
Ebbene, diciamo “non esattamente”.


Scenario economico a V

Quando le economie subiscono uno shock esterno come quello del coronavirus si fa spesso riferimento ad uno scenario economico a forma di V. 
Ne avrete sentito parlare in questi giorni. 
Di cosa si tratta? 
Di un calo brusco della crescita seguito in tempi brevi, una volta passata l’emergenza, da una grande ripresa. 
Il punto è che l’Italia, dopo le ultime crisi, più che una ripresa a V ha (purtroppo) assistito a una situazione diciamo a L, ovvero un calo seguito da anni di stagnazione e crescita piatta. Ecco appunto, una bella L   che fare allora?  
Per reagire a questa situazione, occorre non soltanto tappare i buchi di un sistema che da anni fa acqua da tutti i lati, ma (una volta e per tutte) spostare via il focus da soluzioni semplici .

Occorre innamorarsi dei problemi

Occorre innamorarci, con un’ottica di lungo periodo, dei problemi, non delle soluzioni.
Infatti, se amiamo il problema e siamo determinati a risolverlo, inizieremo davvero a guardare a quelle riforme profonde, coraggiose che possano incentivare la crescita con misure che stimolano l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica, che migliorino sia la nostra formazione scolastica/universitaria che le opportunità occupazionali, che mirino dunque a creare un terreno fertile che possa permettere ai giovani d’oggi d’esprimere il loro enorme potenziale.
Sfruttare la crisi da coronavirus per iniziare a porci domande quali: in che Italia vogliamo vivere tra 10, 20 anni? Che lavori faremo? Cosa esporteremo?
Dunque, per evitare il ripetersi di uno scenario a L e lavorare verso una ripresa a V, questa volta serve una reazione in due tempi: misure immediate, tattiche, sul lato dei consumi, e altre di medio/lungo termine, strategiche sul lato della crescita e ammodernamento del nostro amato paese.


In questi giorni a casa…

Quando affrontiamo situazioni così imprevedibili e gravi, occorre trovare soluzioni per l’immediato, ma allo stesso tempo progettare il futuro .
In tutto questo noi cosa possiamo fare? Potremmo decidere di non attendere che tutto ci venga “calato dall’alto”. Serve infatti una grande mobilitazione da parte di tutti noi, cittadini, studenti, associazioni di categoria, commercianti, imprese (dicevamo sopra che siamo noi l’economia giusto)?
Occorre mettere in circolo idee e progetti, perché abbiamo tutti un ruolo da giocare per costruire i piccoli, grandi cambiamenti che ci aspettiamo. 
Certi processi dovranno sicuramente essere favoriti da politiche economiche nazionali ed interventi da parte dell’Unione Europea, ma nella praticità di tutti i giorni… è tutto lasciato alle nostre scelte… non dipende dalla nostra azienda, dal nostro capo, dai nostri professori a scuola, dal nostro governo, o chiunque stia più in alto di noi…

Dalle esperienze del passato

È già accaduto in passato a seguito dell’ultima crisi da coronavirus del 2003, quando startup come Alibaba e JD.com sfruttarono i cambiamenti di abitudini imposti dal diffondersi della SARS in Cina, per avviare proprio in quel momento nuovi test e trasformazioni che hanno portato le giovani aziende a divenire oggi due giganti tech tra i principali al mondo.
Approfittiamo di questi giorni e stiamo a casa a leggere, formarci, costruire, testare… Crisi come quella che stiamo vivendo offrono opportunità uniche per sperimentare nuove idee, accelerano il processo di cambiamento e stimolano l’innovazione.



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