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La cassazione dice si ai bed and breakfast nei condomini

Chi vuole aprire un’attività di bed and breakfast può farlo anche all’interno di un condominio senza che tale attività comporti una variazione della destinazione d’uso...

di Redazione

Chi vuole aprire un’attività di bed and breakfast può farlo anche all’interno di un condominio senza che tale attività comporti una variazione della destinazione d’uso

 

Avv. Claudio Ruggieri

Sempre più persone, spinte anche dall’ impossibilità di trovare un’ occupazione e dall’ aumento costante delle imposte sugli immobili,  decidono di trasformare la propria abitazione in un Bed and Breakfast, attività facilmente realizzabile e che consente di realizzare buoni guadagni.
Il Bed and Breakfast è un servizio di ospitalità a pagamento a carattere saltuario e per periodi ricorrenti e stagionali con il quale un soggetto, esercente l’attività in modo occasionale o imprenditoriale, offre alloggio e prima colazione nella propria abitazione per un numero limitato di camere aventi un numero limitato di posti.
La normativa di riferimento, a livello nazionale, è il Codice del Turismo (D. Lgs. 79/2011) ma la regolamentazione vera e propria è affidata alla competenza Regionale e viene anche dettagliata nei provvedimenti comunali.
Capita spesso che l’ appartamento che si intende trasformare in B&B si trovi all’ interno di un complesso condominiale, fattispecie questa che ha creato non pochi problemi sia a causa delle continue  lamentele degli altri condomini che non vedono di buon occhio il continuo via vai di persone all’ interno dello stabile, sia, soprattutto,  perché il regolamento condominiale molto spesso vieta la variazione di destinazione d’ uso dell’ appartamento rispetto a quella di civile abitazione.

Queste problematiche hanno indotto, molto spesso, i proprietari  a rinunciare all’ idea di avviare un’ attività di B&B o affitta camere.
A fare chiarezza sulla questione è intervenuta la Cassazione con le Sentenze  n. 24707/14  2014 e 19212/2016.
Gli ermellini hanno affermato che non è illegittimo adibire l’abitazione privata condominiale ad attività commerciale di “affitta camere”, purché non si rechi un effettivo pregiudizio in danno dei vicini di casa.
Le disposizioni contenute nel regolamento condominiale che si risolvano nella compressione delle facoltà e dei poteri inerenti al diritto di proprietà dei singoli partecipanti, devono essere espressamente e chiaramente manifestate dal testo o, comunque, devono risultare da una volontà desumibile in modo non equivoco da esso.
La Corte afferma che è sì facoltà dei regolamenti condominiali, adottati in via di accordo tra i condomini, prevedere limitazioni alle destinazioni d’uso degli appartamenti; ma che tali limitazioni devono essere espresse, non potendo desumere in via interpretativa alcuna limitazione aggiuntiva.
Inoltre, le attività di bed and breakfast e di affittacamere non comportano un utilizzo diverso degli immobili da quelle che sono le “civili abitazioni” e non possono determinare danni per gli altri condomini.
Gli unici limiti possono essere contenuti nel regolamento di condominio, che deve essere approvato all’unanimità.
L’unanimità può essere raggiunta o con voto in assemblea (regolamento assembleare) o con la firma del rogito notarile con cui il costruttore, all’atto della vendita, fa approvare non solo il contratto vero e proprio, ma anche il regolamento di condominio (regolamento contrattuale).
In questo caso il consenso unanime non si forma nel medesimo istante, ma all’atto dei singoli atti di acquisto.
Solo il consenso di tutti i condomini, dunque, può impedire un particolare utilizzo dei rispettivi appartamenti. Questo perché tra tutti i condomini figura anche lo stesso titolare dell’immobile, si tratta quindi di un’autolimitazione.

Ne consegue che l’apertura di bed and breakfast o di affittacamere in condominio è vietata solo se il regolamento, adottato all’unanimità, lo impedisce riferendosi in modo esplicito proprio all’esercizio di una di tali attività. Tale eventuale clausola del regolamento vale anche nei confronti di terzi, ossia successivi acquirenti degli immobili, solo se trascritta nei registri immobiliari.
Con le suddette sentenze, la Suprema Corte ha stabilito che le limitazioni all’uso degli appartamenti contenute nel regolamento condominiale approvato all’unanimità devono essere espresse in modo chiaro o almeno risultare da una volontà inequivoca, non potendo invece ricavarsi, in via interpretativa, da altre limitazioni. Nell’imporre il divieto, il regolamento si deve riferire espressamente all’apertura di bed and breakfast o di affittacamere.

Ed ancora, secondo un diverso ed ancor più intransigente orientamento della Suprema Corte, l’assemblea non può inserire un divieto specifico allo svolgimento di attività di Bed and Breakfast negli alloggi condominiali modificando il regolamento (convenzionale), nemmeno con maggioranza qualificata. Questo perché un simile vincolo costituisce una vera e propria servitù reciproca atipica che, per essere valida, deve essere non solo prevista specificamente ab origine nel regolamento condominiale, ma anche richiamata nell’atto d’acquisto e debitamente trascritta nei registri immobiliari. (Cass. Sent. n. 21024/2016).

 

 

 

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