Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Maternità e lavoro: istruzioni per l’uso

Quali diritti spettano alla donna lavoratrice in caso di maternità? Quali i doveri del datore di lavoro? Maternità e lavoro: istruzioni per l’uso...

di Patrizia Romano

Quali diritti spettano alla donna lavoratrice in caso di maternità? Quali i doveri del datore di lavoro? Maternità e lavoro: istruzioni per l’uso

 

di  Patrizia Romano

Il diritto principale della lavoratrice in stato di gravidanza è la tutela del proprio posto di lavoro, che va dall’inizio della gestazione fino a quando il bambino non avrà compiuto il primo anno di età. Maternità e lavoro rappresentano, però, due condizioni, spesso, poco conciliabili. La legge cede, spesso, il posto al libero arbitrio.

L’articolo 2110 del Codice Civile sancisce che alla donna lavoratrice in gravidanza spetta la retribuzione o un’indennità sostitutiva per il periodo di assenza. Questa normativa focalizza prevalentemente l’attenzione sull’aspetto previdenziale della donna che lavora, ma, negli ultimi anni, sono subentrate altre leggi che hanno affrontato aspetti più complessi in relazione alle direttive europee.
Secondo la nostra legislazione, il momento iniziale della gravidanza viene determinato 300 giorni prima della data presunta del parto. Questo vuol dire che il datore di lavoro non può licenziare la lavoratrice in gravidanza, indipendentemente dal fatto che egli sia a conoscenza del suo stato o meno. Nel caso in cui la lavoratrice subisca anche velate minacce di licenziamento, ha l’obbligo di presentare la relativa certificazione e, automaticamente, il licenziamento è nullo.
Durante la gestazione, e fino al settimo mese dopo il parto, le lavoratrici non possono svolgere mansioni pesanti e pericolose. Se le condizioni sono ritenute pregiudizievoli per la madre e il bambino, il servizio ispettivo può predisporre l’interdizione anticipata.
Sappiamo bene che il datore di lavoro, spesso e volentieri, ignora o vuole ignorare queste leggi e agisce nei confronti della lavoratrice come gli pare. Per creare un argine contro questi soprusi, il  Ministero del Lavoro ha emanato una circolare in cui chiede ai servizi ispettivi di predisporre un colloquio con la lavoratrice dimissionaria, per accertare che sia veramente lei a volere la  risoluzione del rapporto di lavoro.

Quello che veramente ha dato una chiave di svolta al rapporto di lavoro durante la gravidanza e maternità è il Testo Unico sulla maternità, cioè il decreto legislativo numero 151 del 2001. Secondo questo documento, la lavoratrice deve astenersi dalla prestazione lavorativa a partire dai due mesi precedenti la data presunta del parto, e per i tre mesi successivi. Inoltre, è data alla madre la possibilità di anticipare la propria astensione dal lavoro, prima del parto nel caso in cui ricorrano validi motivi di salute, naturalmente comprovati da certificato medico.
Il Testo Unico prevede, inoltre, che il periodo di astensione obbligatoria può essere di un mese precedente la data presunta e di 4 mesi successivi al parto. Il periodo di flessibilità si interrompe con l’insorgere del periodo di malattia. Trascorso il periodo di astensione obbligatoria, alla madre spetta un congedo facoltativo di 6 mesi.
In una società sempre più proiettata verso la parità di genere, queste regole valgono pure per il padre. Il periodo massimo di congedo usufruibile da entrambi è di 11 mesi. Il padre può beneficiare dell’astensione facoltativa anche nel caso in cui la madre non sia lavoratrice subordinata.
Inoltre, durante il primo anno di vita del bambino, tutte e due i genitori potranno assentarsi dal lavoro per due ore al giorno quale permesso giornaliero di riposo, permesso che viene totalmente indennizzato dall’Inps. In caso di parto plurimo, i permessi sono raddoppiati.
Ma a quale categoria di lavoratrici, in realtà, spetta l’indennità di maternità? Innanzitutto, alle lavoratrici dipendenti del settore privato, alle lavoratrici autonome, alle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell’Inps e, in alcuni casi, anche alle madri cessate o sospese dall’attività lavorativa.
Il congedo obbligatorio dà diritto ad un’indennità pari all’80 per cento dell’ultimo stipendio percepito per cinque mesi, mentre il congedo facoltativo  dà diritto a un’indennità pari al 30 per cento.
Il congedo di maternità è riconosciuto alla madre lavoratrice anche nei casi di adozione e/o affidamento di minori.

 

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.