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Le mamme non si dimettono

Una campagna di sensibilizzazione punta a contrastare una situazione che vede la maternità come un problema per chi lavora. Ma le mamme non si dimettono...

di Redazione

Recentemente è stata lanciata una campagna di sensibilizzazione che punta a contrastare una situazione che in Italia vede troppo spesso la maternità come un problema per la donna che lavora. Ma l’universo maschile deve capire che le mamme non si dimettono

 

di  Luca Licata

Il lavoro della donna orbita attorno a una serie di retaggi culturali che la collocano in una posizione di netto svantaggio rispetto all’uomo. Ruoli subordinati, mobbing di genere, contratti capestro e così via.
Ma quello che, paradossalmente, la stronca definitivamente sul piano lavorativo è lo ‘status’ di mamma. Sembra proprio che una donna lavoratrice non possa essere mamma o una mamma non possa permettersi di lavorare. Ma nel momento di massima partecipazione e contributo sociale, come potrebbe essere quello di dare alla luce un figlio, la donna-lavoratrice viene buttata via come una vecchia scarpa. In azienda, da quel momento, non serve più. Ma, nonostante tutto,  le mamme non si dimettono.
Una delle prassi più raccapriccianti in Italia è la lettera di ‘dimissioni in bianco’ in caso di gravidanza, cioè la lettera di dimissioni che la donna è costretta a firmare di proprio pugno come se fosse una sua scelta. Questo ha sempre permesso alle aziende di liberarsi di chi si permette di pianificare la nascita di un nuovo essere, rimanendo incinta. Una prassi troglodita quella delle dimissioni in bianco, che  costringe di fatto migliaia di donne-lavoratrici a mollare il proprio lavoro sol perché hanno fatto la scelta della maternità.
Una scelta impervia che spinge la donna a stroncare la propria carriera.

I dati del Censis, però, parlano di 800 mila donne, tra il 2014 e il 2015, costrette a licenziarsi perché stavano per diventare madri. Non solo, i dati parlano pure di disparità di trattamento che vede le donne pagate quasi il 20 per cento in meno dei colleghi maschi.
Sono dati raccapriccianti se pensiamo al potenziale lavorativo di cui la società si è dovuta privare.
Invertendo le scelte, viene da chiedersi cosa accadrebbe se la donna decidesse di rinunciare alla maternità per non perdere il proprio lavoro.
Nascite zero. Decremento demografico. Genere umano in estinzione. Sarebbero soltanto alcune delle nefaste conseguenze di una scelta del genere.
Ma è impossibile che possa mai accedere una cosa simile.
Certo che è impossibile perché chi impone queste regole punta sulla sensibilità ‘femminile’ della donna in quanto tale, nonché sul suo ancestrale desiderio di maternità.

Recentemente è stata lanciata una campagna di sensibilizzazione Moms don’t quit, ossia ‘le mamme non si dimettono’, che vuole rimandare la discriminazione di genere  al mittente e che punta a contrastare una situazione che in Italia vede troppo spesso la maternità come un problema della donna che lavora. Insomma, un rifiuto tassativo alla lettera di dimissioni in bianco in tutti i casi di gravidanza e un sì alla vita e ai diritti inalienabili della donna che la vita la da. Noi invitiamo tutte le donne lavoratici e no, madri e no, ad aderire a questa singolare campagna, messa in atto attraverso un video provocatorio, diffuso dai social, dalla tv, dalla stampa.

Cosa fare per aderire all’iniziativa?

Basta condividere il video, coordinato dal sito www.momsdontquit.it. Oppure, si può  realizzare un video semplice semplice in cui la donna straccia un simbolico foglio bianco. Il video deve essere pubblicalo con l’hashtag #momsdontquit su Facebook o Instagram.
La maternità non è un problema per la donna che lavora. Non è una malattia invalidante che ti preclude le opportunità di lavoro. E’ una scelta di amore, e come tale, deve essere libera e incondizionata. Così come lo è la scelta di lavorare. E’ una scelta non deve precludere l’altra.

 

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