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La sedia di Mister Pouf

Negli ultimi decenni la sedia si è resa protagonista di numerose esposizioni di arte contemporanea. Ma perché lei e non qualche altro oggetto?...

di Redazione

Negli ultimi decenni la sedia si è resa protagonista di numerose esposizioni di arte contemporanea. Ma perché lei e non qualche altro oggetto?

 

di  Vinny Scorsone*

 

“Insomma! Una sedia serve per sedersi e basta”,  sbottò mister Pouf.

Era rientrato a casa presto dal lavoro quel giorno. Per strada lo aveva colto la pioggia e ora i vestiti gli grondavano formando piccole pozze sul pavimento.

Come ogni giorno aveva aperto la porta, tolto il soprabito e si era diretto in camera da letto per disfarsi anche delle scarpe e del resto dei vestiti.

Era stata una giornata ricca di sorprese, quella e ancora non era finita.

Finalmente asciutto, si recò in soggiorno, ma passando per l’ingresso notò qualcosa di strano a cui prima non aveva prestato attenzione. Un oggetto, dal vago aspetto familiare, sembrava stare quasi in un equilibrio precario, infertogli senza dubbio da un artigiano sadico. Osservò l’oggetto con attenzione; sembrava una sedia, ma al contempo…  no.

“Evelyn!”, gridò alla moglie. “Cos’è questa roba?”

Misses Pouf era una donna elegante e dai modi affabili e gentili.

“Ma caro, non vedi? È una sedia.” Gli rispose.

Lui rimase un po’ interdetto. Una sedia, serviva per sedersi, per questo si chiamava sedia e quell’oggetto non sembrava poter assolvere a detto compito.

Ci girò un po’ intorno. Forse è solo l’aspetto e magari sarà comoda, pensò ingenuamente. E per non voler contraddire la moglie, che lo guardava in modo tanto entusiasta, provò a sedersi.

“Fermo!” esclamò la moglie, “Che fai? Non vorrai sederti, spero?”

Un’espressione dubbiosa attraversò il suo volto. “Ma non hai detto che è una sedia?” tentò di controbattere.

“Ma come pensi di poterti sedere lì?”

“È una sedia, o no?”

“Lo è e non lo è.” Cercò di spiegare la moglie. “È un’opera d’arte. Me l’hanno portata oggi. Ti piace?”

“E a che serve?” il signor Pouf si interessava di numeri e di cose pratiche e l’arte non faceva assolutamente parte del suo mondo.

“A nulla”

“Come a nulla?”

“Beh non proprio a nulla. Stimola delle riflessioni e fa bene allo spirito. Ma non vedi che esprime la precarietà della vita? Che in quest’opera ogni canone ed ogni convenzione vengono stravolti? Non ti rendi conto del gioco sottile dell’allusione e dell’inganno? Di come l’autore abbia voluto rendere omaggio al mondo che ci circonda perennemente zittito dal clangore della vita quotidiana?”

Mister Pouf tornò a guardare l’oggetto e per quanto si sforzasse, lui tutto quello che vedeva sua moglie proprio non lo vedeva.

“E quanto ci è costata quest’opera d’arte?”

“Stai sempre a pensare al denaro e ai conti da far quadrare, tu. Cerca di essere, ogni tanto, più aperto alle novità e alla bellezza, invece di stare sempre lì a pensare ai soldi.”

“E no che ai soldi ci penso e siccome questa sedia mi sarà costata, e pure tanto, conoscendoti, pretendo di potermici sedere o quanto meno di poterci poggiare qualcosa!”

“Ti ho già spiegato che non puoi. Caro, perché non vuoi capire?”

“Insomma! Una sedia serve per sedersi e basta, altrimenti chiamatela pure in un altro modo.”.

Mister Pouf scrollò le spalle, lanciò un’ultima occhiataccia all’oggetto e alla moglie, poi si diresse in salotto dove l’attendeva la sua vecchia e comoda poltrona. Si sedette, accarezzò il velluto che la ricopriva e si lasciò accogliere amorevolmente tra le sue soffici braccia.

“Sedia… mah!” ripetè.

“Sedia… mah!” , continua a ripetere mister Pouf e in parte ha ragione, perché in una Sedia D’Artista non sempre ci si può sedere.

In “Sassittassi” infatti, la sedia non è soltanto un oggetto di design. Niente a che fare con le “Chaise” di Le Corbusier, Mies Van de Rhoe o, prima ancora, di Charles Rennie Mackintosh, Giacomo Balla, Fortunato Depero o Marcel Breuer (solo per citarne alcuni) che avevano una precisa funzione pratica. Nel caso di questa mostra, invece, la  sedia, svincolata a volte da una vera e propria funzionalità, si libera caricandosi di ben altri bisogni che privilegiano l’aspetto spirituale e artistico.

La sedia d’artista moderna prende spunto dal movimento anti-design che si sviluppò negli anni Ottanta, quando all’idea di funzionalismo si contrappose una concezione più libera e antifunzionalista dell’oggetto in cui prevalgono principalmente l’aspetto ludico e contenutistico (tra i principali esponenti di questa nuova concezione del design abbiamo, per esempio, Alessandro Mendini). Sono quelli gli anni in cui design, arte contemporanea e artigianato si fondono dando vita ad oggetti che travalicano la loro funzione primaria per aprirsi a nuove strade e nuove interpretazioni.  La sedia concepita come vera e propria opera d’arte, se si escludono le opere di alcuni artisti concettuali come Joseph Kossut, ha una nascita più recente. Tra gli artisti che realizzarono numerose “Sedie d’artista” non posso non ricordare Giusto Sucato (recentemente scomparso).

Le sedie elaborate ed esposte in questa mostra, prendono così spunto da due aspetti fondamentali: Il primo è quello legato al funzionalismo e all’idea futurista e del Bauhaus dell’arte nella vita di tutti i giorni (mobili ed oggetti compresi); il secondo, invece,  punta all’aspetto più “astratto” dell’oggetto azzerandone la funzione principale e concentrandosi su tematiche più concettuali e eteree.

Negli ultimi decenni la sedia si è resa protagonista di numerose esposizioni di arte contemporanea. Ma perché lei e non qualche altro oggetto? Forse perché in essa sono concentrate diverse tematiche e necessità che la rendono una compagna ed un’ancora di salvezza nel mare agitato della frenetica vita quotidiana. La sedia come pausa, oggetto caro e rinfrancante del nostro corpo stanco, come amica di sempre pronta ad accoglierci ed accogliere i nuovi ospiti che nella nostra esistenza si avvicendano, punto fermo e sicuro della nostra anima spossata.  In “Sassittassi” essa diviene ora albero ora oggetto respingente, ora cavalcatura ora lacerazione interiore. Simbolo di precarietà o di gioco, essa si presta a più reinterpretazioni disvelando le sue mille facce in un continuo alternarsi di equivoci ed inganni o solide certezze. La sedia, quindi, come simbolo di una società eclettica in cui nulla è ciò che sembra: labile specchio d’acqua saponata pronto ad infrangersi al minimo tocco o resistente nuvola disposta ad accoglierci e sorreggerci.

Angela Sarzana, Maria Laura Riccobono, Peppe Caiozzo, Dimitri Gazziero, Arturo Barbante, Piera Ingargiola, Maria Lo Duca,  Angelo Denaro, Francesco Pintaudi, Calogero Barba, Giuseppina Riggi, Giuseppe Fell, Marco Lotà, Pino Manzella,  Naire Feo, Bartolomeo Conciauro, Nancy Sofia, Evelin Costa, Giusy Volpe, Lià D’Aleo, Tiziana Cafiero, Cinzia Farina sono gli artisti che hanno offerto la loro visione di un oggetto che ci accompagna sin da piccoli e di cui mai ci priveremo.

 *Associazione Culturale RicercArte

 

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