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I voucher lavoro tra uso e abuso

Nati per regolamentare quelle forme di lavoro al di fuori dei consueti contratti, i voucher sono diventati ben presto uno strumento abusato...

di Clara Di Palermo

Avrebbero dovuto essere lo strumento per l’emersione del lavoro nero, in realtà hanno quasi dato vita a una nuova categoria di lavoratori che rinunciano a qualsiasi tutela pur di avere un brandello di lavoro: i voucher

 

di  Clara Di Palermo

Nati con l’idea di regolamentare quelle forme di lavoro al di fuori dei consueti contratti, i voucher sono diventati ben presto uno strumento abusato, da molti usato per mascherare lavoro nero, in alcuni casi il modo per giustificare la presenza, in un ufficio,  di personale non contrattualizzato.
L’idea che aveva portato alla immissione dei voucher nel mercato del lavoro, era quella di consentire l’utilizzo di pensionati, di giovani (pensiamo agli studenti nel periodo delle vacanze dagli impegni di studio), di lavoratori che volessero impiegare in maniera produttiva le ore libere da un contratto part-time,  extracomunitari in possesso di regolare permesso di soggiorno. Basti pensare che si pensava di far emergere dal nero, con questo strumento, il lavoro di molte colf o anche quello delle ripetizioni scolastiche.
Negli anni le regole sono in parte cambiate, come è cambiato il tetto massimo di importo per cui i voucher possono essere utilizzati: dai 5 mila Euro netti all’anno per singolo lavoratore si è passati a 7 mila (ma ogni singolo committente, cioè il datore di lavoro non può erogare più di 2 mila Euro annui in voucher allo stesso lavoratore) e si sono allargate anche le tipologie di lavoro a cui erano destinate. Questo ha fatto ulteriormente incrementare l’utilizzo dello strumento da parte di molti imprenditori, per i quali si è aperta la porta di una facile scappatoia dalla regolarizzazione contrattuale: la presenza del lavoratore in azienda è giustificata dall’attivazione del voucher, ma spesso questo serve per retribuire solo una parte del lavoro svolto, “il resto viene retribuito in nero – denunciano i sindacati”.

Col Jobs Act è stato introdotto l’obbligo, per il datore di lavoro, dopo l’acquisto e attivazione, di comunicare per via telematica l’esatto momento di utilizzo del voucher: un’ora prima dell’inizio della prestazione di lavoro si deve inviare una email alla Direzione Territoriale del Lavoro con i dati del lavoratore, data e ora di inizio della prestazione lavorativa e estremi del voucher. L’intento è quello di evitare lo sfruttamento.

Ma vediamo brevemente i numeri: stando ai dati recentemente comunicati dall’INPS (che emette i voucher), da gennaio a ottobre del 2016 sono  121,5 milioni i  voucher venduti e destinati al pagamento di quelle che vengono tecnicamente definite prestazioni di lavoro accessorio, dato che si tratta di lavoro saltuario. Rispetto al 2015 l’aumento delle vendite di voucher si attestava a poco più del 32%, ma toccava quasi il 70% rispetto al 2014.

Ogni voucher ha valore nominale di 10 euro che è il costo affrontato dal datore di lavoro, con un valore netto, per il lavoratore, di 7,50 €. E’ un compenso orario e il vantaggio per il committente risiede nel fatto che, oltre alla retribuzione per il lavoratore, in questi 10€ sono inclusi la copertura previdenziale Inps pari al 13%,  il costo del servizio pari al 5% e la copertura assicurativa Inail pari al 7%.
Non dimentichiamo che il lavoratore che ha lavorato con i voucher, non ha diritto ad alcuna forma di sostegno al reddito quali l’indennità di disoccupazione o malattia o maternità.

Uno strumento controverso, dunque, per il quale è stata proposta l’abolizione e sul quale gli italiani saranno presto chiamati ad esprimersi con un referendum.

http://inchiestasicilia.com/2017/02/22/voucher-lavoro-opportunita-o-sfruttamento/

http://inchiestasicilia.com/2017/02/22/qual-e-oggi-il-ruolo-del-sindacato/

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