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Artemisia Gentileschi, donna e grande artista

E’ stato inaugurato, ad Alassio, il quarto sportello dei centri di ascolto “Artemisia Gentileschi”, che hanno l’obiettivo di offrire un primo ascolto a donne in difficoltà...

di Clara Di Palermo

In Liguria sono 4 i centri di primo ascolto per donne in difficoltà intitolati non a caso ad Artemisia Gentileschi, grande artista di scuola caravaggesca che visse una vita di soprusi e violenze

 

di  Clara Di Palermo

E’ stato inaugurato pochi giorni fa, ad Alassio, il quarto sportello dei centri di ascolto “Artemisia Gentileschi”, che hanno l’obiettivo di offrire un primo ascolto (e quindi aiuto psicologico) a donne in difficoltà, sia per violenze fisiche e psicologiche in ambiente familiare che per situazioni di mobbing o molestie sessuali nei luoghi di lavoro.
Il primo di questi sportelli fu istituito ad Albenga, poi a Loano e Finale Ligure, ultimo in ordine di tempo quello di Albenga, una sorta di “front line” che offre ascolto a donne in difficoltà 24 ore su 24. I numeri d telefono a cui rivolgersi sono 0182-571517 oppure 019-670184.
Non a caso i centri sono stati intitolati ad Artemisia Gentileschi, donna, pittrice di talento di scuola caravaggesca, con un vissuto pesante di violenze, subite anche in ambito familiare, ma con una grande forza interiore. Alcuni dei suoi dipinti sono facilmente riconducibili alle situazioni e alle vicende che segnarono profondamente la sua vita, come lo stupro subito nel 1611 da un amico del padre Orazio (anch’egli pittore), Agostino Tassi.

Quest’ultimo al processo cercò di svilire e mortificare la figura di Artemisia, dichiarando che lei gli aveva confidato di dover subire le pesanti attenzioni del padre già da anni. Scopo di questa dichiarazione era quello di attenuare le responsabilità del Tassi stesso  e la gravità dello stupro perpetrato, dato che le leggi di allora riconoscevano come stupro la violenza su una donna illibata: il dichiarare al giudice che Artemisia lamentava da parte del padre “attenzioni come di una moglie”, mirava a sollecitare una condanna mite. Cosa che avvenne.

autoritratto
autoritratto

Il processo fu molto pesante per Artemisia, le domande che le venivano rivolte molto insistenti, a volte morbose e ne mortificarono la figura, oltre a svilire la sua figura professionale: perse, infatti, la stima di numerosi colleghi artisti che le avevano attestato notevoli riconoscimenti.
Il padre Orazio combinò per lei una sorta di un matrimonio “riparatore” con un altro pittore, Pierantonio Stiattesi, dalle deboli capacità artistiche ma che diede ad Artemisia una creta serenità e ben quattro figli.
Una vita triste, di storie come queste nel corso dei secoli ne sono state raccontate tante, ma Artemisia ebbe modo di esprimere il suo dolore attraverso la sua arte.

Inevitabile il collegamento tra la violenza subita e il celebre “Susanna e i vecchioni”, (nella foto di apertura), un dipinto in cui una giovane donna, seminuda, sembra non riuscire a sfuggire alle attenzioni di due uomini decisamente più grandi di lei: in uno si vuole vedere il padre e l’altro, secondo testimonianze dell’epoca, sembra essere particolarmente somigliante ad Agostino Tassi.
Sempre legato alle sue vicende personali sembra essere “Giuditta che decapita Oloferne”, un dipinto molto violento.

Una storia come altre, purtroppo, in cui le donne subiscono una violenza fisica ma un’ancora più grande violenza psicologica, che nel 1997 ispirò il film “Artemisia – passione estrema”.
Colpisce il fatto che un’artista di tale spessore, sebbene nel ‘600 quando gli uomini esercitavano un predominio assoluto, abbia subito tali offese e violenze, lo svilimento come donna e come pittrice. Basti pensare che nel corso del processo dovette subire anche la terribile tortura dello schiacciamento dei pollici, che per un pittore è un fatto gravissimo. Morì a 60 anni a Napoli.

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