Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Quando tutto è bio

Sarebbe meglio prestare più attenzione alla stagionalità degli alimenti, piuttosto che inseguire a qualsiasi costo cibo che si presume genuino? Viaggio nell’infinito, sconfinato e variegato mondo del bio…

 

A cura di  Clara Di Palermo, Marcello Malta, Patrizia Romano

 

Tutto “bio”: biotecnologie, cibo bio, agricoltura bi0…sembra che oggi, uniformarsi a uno stile di vita che prediliga il biologico, sia quasi indispensabile. Ma si tratta di vere convinzioni o di tendenze momentanee?  Forse un pò l’uno un pò l’altro. Certo dipende dal singolo, ma attenzione a non farsi travolgere dalle mode senza capire in che direzione andare. E alimentazione bio è sinonimo di alimentazione perfettamente corretta? O sarebbe meglio prestare più attenzione alla stagionalità degli alimenti, piuttosto che inseguire a qualsiasi costo cibo che si presume genuino? E davvero esistono costruzioni che rispettano l’ambiente? Abbiamo cercato di schiarirci un po’ le idee…

Bio e corretta alimentazione 

Un recente studio del dipartimento di Sociologia dell’Università Bicocca di Milano, ha evidenziato come il 50% dei genitori, al di là delle scelte etiche sul biologico, abbia le idee poco chiare sul tipo di alimentazione da far seguire ai propri figli. Col risultato che oltre il 20% dei ragazzi non mangia frutta né verdura, spesso salta la prima colazione e il rischio obesità, tra merendine confezionate, insaccati e abuso di zuccheri raffinati, è dietro l’angolo. arance e mandarini

“I giovani mangiano male e la colpa, purtroppo è dei genitori che sempre più spesso non hanno tempo e pazienza e, di conseguenza, propinano cibi preconfezionati”. Il dottor Giovanni Gambino, dietista, non ha dubbi : “spesso i ragazzi, anche fino ai 13/14 anni, addirittura non sono in grado di distinguere un broccolo da un cavolfiore o una spigola da un altro pesce. Sin da piccoli vengono abituati a sapori forti, anche perché la pubblicità esercita un forte potere e induce al consumo di cibo allettante, dai sapori forti, o molto dolce o fortemente sapido. Per cui, poi, i sapori più naturali sembrano senza carattere”. E poi il biologico e la ricerca del naturale e genuino a tutti costi, rischia di diventare fuorviante. Riuscire ad avere un’alimentazione totalmente biologica è molto difficile, meglio parlare di prodotti esclusivamente legati alla stagione e, possibilmente, a km zero. “Mi è capitato di fare dei corsi di educazione alimentare in alcune scuole – continua il dott. Gambino – ma la risposta è stata molto bassa. Uscivano dalla sala del corso e andavano a mangiare la merendina! Me è difficile anche con le mamme, che tendono ad accontentare i figli che si vergognano a portare a scuola per la merenda una banana o altro frutto, rigorosamente di stagione. Così tutti si uniformano alla merendina preconfezionata o al pezzo di rosticceria”.

E queste cattive abitudini alimentari fanno sì che sempre più bambini e adolescenti debbano ricorrere ai consigli del dietista.

“Sicuramente i giovani pazienti sono molti di più di quanti ne vorrei avere. Ci sono troppi bambini in sovrappeso, tanti a rischio obesità, non c’è più una via di mezzo. E tutto comincia dalla gravidanza, perché se una donna incinta mangia male e a dismisura, partorendo un bambino che pesa più di 4 kg, questo avrà più possibilità di sviluppare malattie metaboliche”. “Del resto – continua il dr. Gambino – impostare prima possibile un corretto regime alimentare, già dai 3 anni, è molto importante. Una cosa da evitare, ad esempio, è l’abitudine di gratificare il bambino con il cibo. Spesso si sente dire: se mangi tutta la verdura di faccio mangiare il salame. Niente di più sbagliato, è una forma di premialità che non va bene”!

E’ naturale chiedersi, a questo puntose il pediatra che ha come paziente un bambino o un adolescente in forte sovrappeso, lo indirizza da un dietista, ma il dr. Gambino ci dice che questo non accade quasi mai. “Non si è ancora sviluppata questa cultura. Lo fanno, invece, i ginecologi, che spesso suggeriscono alle pazienti in gravidanza di farsi seguire da un dietista. Dobbiamo precisare che il concetto di dieta è spesso abusato. Dieta vuol dire regime alimentare equilibrato e corretto , non è sinonimo di sacrifici e costrizioni alimentari. Ed è bene mangiare di tutto, con moderazione e secondo un preciso schema, ma dalla pasta, al pesce, al pane, alla frutta…non si elimina niente”.

Bio e internetmelenzane

Sul web, intanto, aumentano siti, blog e gruppi Facebook per scambiare ricette e consigli sull’alimentazione. “Mangiare e bere sano in Sicilia”, ad esempio, è un gruppo FB (oggi conta oltre 10 mila iscritti) nato per iniziativa di Antonio Giunta per il quale una corretta alimentazione è una necessità. “Errori alimentari da piccolo mi hanno, negli anni, provocato alcuni problemi di salute, dalla gastrite alla pressione alta. Per questo oggi – continua Giunta – io sto molto attento a ciò che mangio e ho voluto condividere questo mio stile di vita con i tanti che oggi fanno parte del gruppo. Cerchiamo di acquistare solo prodotti locali e di stagione, via dai nostri piatti, ad esempio, i pomodori durante l’inverno, a meno che non si tratti di conserve fatte in casa durante la giusta stagione di maturazione. Evitiamo gli zuccheri raffinati e abbiamo riscoperto anche gli antichi grani siciliani, come Russello o Maiorca. Ci scambiamo ricette e ci diamo consigli, documentandoci, studiando, come faccio io stesso. L’ideale sarebbe avere dei ristoratori che mettano in atto queste scelte nel proporre i loro piatti: sono convinto che sarebbe una scelta vincente e avrebbero grande successo. Sono pochissimi quelli che già lo fanno”.

Scelta di vita con il bio                                        

Roberto Massenti e Pierantonio Maggiore sono due giovani agronomi che, dopo una serie di contratti a termine, come ricercatori, tra l’Università di Palermo e in Florida, hanno deciso di dare una svolta alle loro vite, scegliendo la campagna. “Inizialmente la scelta è stata dettata dal volere produrre qualcosa solo per consumo personale – rivela Roberto Massenti -, in terreni di nostra proprietà. Stanchi dell’incertezza dei contratti a termine e delle continue tensioni lavorative. Poco a poco è iniziato un passaparola tra amici e parenti che ci ha portati a creare una società. Facebook, poi, ha dato un fortissimo impulso, la nostra pagina “Mama s.s” è seguita da tantissimi, serve anche per comunicare con i nostri amici/clienti e pubblichiamo tante foto dei prodotti e di momenti di vita nei campi. Noi non usiamo pesticidi né sostanze chimiche di alcun genere, ma non abbiamo ancora pensato a chiedere  una certificazione bio”.

Vincente è stata anche la scelta di consegnare i prodotti a domicilio, perché. come dice Massenti, “ è una cosa che amiamo particolarmente. Si crea un rapporto personale bellissimo ed è la ragione per cui abbiamo scelto di non andare ai mercatini, dove il rapporto col cliente è troppo veloce. Abbiamo scelto, in tutto e per tutto, uno stile di vita e lavoro con ritmi più cadenzati e liberi allo stesso tempo, più naturali. Il vantaggio di lavorare all’aria aperta è unico. Certo…non si naviga nell’oro, ma la nostra salute è migliorata e i nostri clienti si sono abituati a questi sapori così naturali e ai soli prodotti di stagione, quelli che la natura propone. Chi vuole, però, può anche venirci a trovare: nella nostra pagina Fb ci sono tutte le indicazioni”. E se fate un salto a dare un’occhiata alla pagina Facebook di “Mama s.s.”, i loro volti, la serenità dei loro sguardi, sono la migliore conferma della bontà della loro scelta di vita.

 

L’agricoltura bio in Sicilia

L’agricoltura biologica è un metodo produttivo normato dal Regolamento Europeo 834/07 e 889/08, che si basa sull’utilizzo esclusivo di sostanze reperibili in natura, escludendo quindi tutte quelle ottenute per sintesi chimica. Il contadino biologico opera nel pieno rispetto dei cicli naturali, facendo uso di tecniche quali le rotazioni colturali, le letamazioni, il sovescio eccetera. Tutti elementi che gli permettono di raggiungere un equilibrio all’interno del proprio agroecosistema, grazie al quale riesce a ottenere un prodotto sano ed esente da qualsiasi sostanza nociva. “L’allevatore biologico – precisano Calogero Alaimo Di Loro e Simone Craparo, autori del libro ‘Bio è per tutti: fermo immagine’, edito dal Consorzio Isola Bio Sicilia –  pone la massima attenzione verso il benessere animale, favorendone il pascolo e non utilizzando antibiotici, ormoni o stimolanti di qualsiasi genere”. Infatti, in Agricoltura biologica non è assolutamente consentito l’uso di sementi o prodotti OGM. In realtà, quando nasce l’agricoltura biologica? E’ un interrogativo spontaneo, che spesso ci poniamo.

“L’agricoltura – risponde seccamente Alaimo Di Loro, agronomo, oltre che autore del libro di cui parlavamo sopra –  nasce biologica. Nel neolitico – ribadisce –  circa 10 mila anni fa,  non si faceva di certo uso di prodotti di sintesi, che si sono diffusi nel secolo scorso, quindi da meno di cento anni fa”. E’ all’agricoltura biologica così come viene intesa che dobbiamo riferirci. In questo senso, l’agricoltura biologica è frutto del Regolamento Europeo 2082 del 1991, ma già diversi pionieri negli anni Sessanta in Sicilia avevano codificato dei protocolli di agricoltura naturale che sono stati i precursori del regolamento. La Sicilia detiene il primato italiano riguardo l’agricoltura biologica. “Infatti – riferiscono i nostri autori attraverso il proprio libro – dai dati dell’ultimo rapporto del SINAB ‘Agricoltura biologica in cifre’, nel 2014 vi erano 9.660 operatori e una superficie investita pari a 303.606 ettari. La tendenza vede un lieve ribasso nel numero di aziende, che dal 2013 al 2014 si sono ridotte del 2,3%, il ché equivale a 228 operatori in meno. Il dato confortante è l’aumento dell’8,1% di superficie biologica totale, con un’incidenza sulla superficie coltivata totale isolana del 22,04%”.

Questi dati fanno riflettere sul fatto che le piccole aziende hanno sempre più svariati motivi di scoraggiamento, come la difficoltà di collocare il prodotto e problemi burocratici. La superficie media delle aziende biologiche, quindi, diventa di anno in anno maggiore, fenomeno che è comune a tutte le regioni dello stivale. La distribuzione delle aziende sul territorio isolano vede la sua massima concentrazione nella provincia di Enna, che si qualifica pertanto come la prima provincia del biologico italiano, seguono Catania, Siracusa e Palermo e, via via, tutte le altre. E’ difficile, invece, stabilire su quali cifre viaggia l’agricoltura biologica in Sicilia sia in termini produttivi sia in termini economici.

“Purtroppo – spiega Simone Capraro –  mancano studi specifici sull’argomento, comunque considerando che il biologico italiano produce circa 4 miliardi di euro di ricchezza, è ragionevole valutare che la fetta di competenza della Sicilia sia del 17% e, quindi, pari a 600 milioni di euro. Dato di gran lunga inferiore alle potenzialità, visto che la superficie siciliana investita a biologico rispetto a quella nazionale è del 22%. Ma i problemi sono legati al fatto che circa il 40% di ciò che viene prodotto in biologico – sottolinea – viene venduto nel mercato convenzionale e che la Sicilia è carente dal punto di vista della trasformazione che riesce a conferire un valore maggiore alle produzioni”.

Altro limite importante è rappresentato dalla debole domanda interna, che, seppur in crescita annuale del 7-8%, non è di certo paragonabile alle quantità di prodotto biologico ottenute. In definitiva, la prima Regione del biologico italiano è agli ultimi posti per spesa procapite di prodotti biologici. Questo dovrebbe stimolare la Regione Sicilia a investire maggiormente sulla promozione dei consumi bio. Parliamo di prodotti bio, ma quali requisiti di legge deve avere un prodotto per essere definito bio. Ancora una volta, vengono in soccorso alle nostre domande i due esperti.

“I requisiti – dice l’agronomo – sono quelli dei Regolamenti Europei, la cui osservanza è garantita da un organismo di controllo autonomo, che esamina le aziende biologiche e rilascia un certificato di conformità, con il quale è possibile apporre il logo del biologico europeo sui prodotti”.

 

Parlando sempre di bio

Emerge qualche dato inquietante. Sembrerebbe che con le coltivazioni biologiche la produzione sia minore. Spesso, è stata messa in risalto la scarsa resa rispetto all’agricoltura convenzionale.                                       Olive

“In realtà, però, la produttività di una coltivazione biologica è quella giusta – spiega Alaimo Di Loro –  perché in equilibrio con le condizioni naturali dell’agroecosistema in cui insiste non esistono forzature se non quelle consentite dal regolamento. Certo l’agricoltura convenzionale riesce ad avere maggiori rese grazie alla spinta data dall’utilizzo indiscriminato di prodotti di sintesi, ma a quale prezzo? Subendo grandi costi di produzione, ottenendo prodotti inquinati da molecole di sintesi, impattando in maniera negativa con l’ambiente circostante. Sicuramente non è molto conveniente spendere in certi casi anche il 100% in più rispetto al biologico, per ottenere un incremento produttivo al massimo del 20-30%. La verità è che un operatore biologico deve mettersi in gioco e fare veramente il contadino, seguendo in maniera precisa le fasi della natura, riuscendo a trovare un equilibrio fra tutti gli agenti biotici e abiotici dell’ambiente, controllandone gli eccessi con l’uso dell’esperienza e di prodotti naturali – conclude – Alaimo Di Loro”.

Ma il biologico potrà mai essere l’agricoltura del futuro? “Il biologico è già l’agricoltura del presente e in futuro troverà ancora maggiore spazio – sottolinea Capraro -. Oggi l’agricoltura biologica certificata nel mondo investe il 3-4% della superficie agricola utilizzata. Ma in realtà il modello biologico è ben più diffuso, basti pensare che l’80% della popolazione mondiale fa riferimento all’agricoltura familiare, un modello molto simile all’agricoltura biologica anche se non certificato, infatti il 2014 è stato l’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare. Inoltre, le fonti fossili sono ad esaurimento, quindi l’agricoltura convenzionale, molto energivora, via via, dovrà cedere il passo ai sistemi sostenibili di produzione, di cui l’agricoltura biologica è l’emblema. Anche sotto il profilo legislativo sembra essere in uno stato di avanzamento. In Europa e in Italia abbiamo una legislazione molto avanzata riguardo il biologico, che si occupa di tutti gli aspetti. Persistono ancora alcune lacune riguardo la burocrazia che per gli agricoltori biologici è ancora un pesante fardello e soprattutto sulla mancanza della possibilità di una certificazione di gruppo o partecipativa, che permetterebbe alle piccole aziende di potersi inserire nel mondo del biologico con maggiore facilità. Quello che manca veramente è una seria ed efficace politica, orientata verso la velocizzazione della conversione dell’attuale agricoltura chimica verso sistemi produttivi biologici e sostenibili. L’Unione Europea con l’introduzione della lotta integrata obbligatoria, grazie al regolamento 128/2009, obbliga tutti gli stati membri ad una significativa riduzione dei presidi chimici e fitosanitari. La politica siciliana dovrebbe porsi obiettivi ambiziosi, puntando a estendere al massimo l’agricoltura biologica, per qualificare l’offerta enogastronomica e l’appeal territoriale.

 

E i costi?

Rimane, però, il prezzo dei prodotto bio elevatissimo. Perché? I due esperti di agricoltura biologica ritengono, però, che per quanto il prezzo del biologico possa essere mediamente più elevato del convenzionale, va sempre commisurato al valore reale del prodotto che si acquista e al concetto di giusta remunerazione della produzione. Infatti, talvolta sono i prezzi del convenzionale che sono troppo bassi perché rispondono a logiche speculative o di dumping internazionale. Purtroppo, il prezzo, come è noto, non è determinato solo dal produttore ma soprattutto dalle logiche delle filiere lunghe. Negli ultimi anni i prezzi del biologico hanno avuto, comunque, un andamento al ribasso, grazie del miglioramento delle tecniche produttive e di limature in seno al sistema commerciale, che nel biologico tende ad utilizzare sistemi di vendita diretta, che eliminano il più possibile gli intermediari. Comunque, il prezzo del biologico non segue le stesse logiche dell’agricoltura convenzionale, perché trattasi sempre di prodotti di qualità, che seguono canali commerciali alternativi, alla base dei quali vi è la convenzione etica della giusta remunerazione dei produttori.

“L’altra leggenda metropolitana da sfatare – aggiunge Alaimo Di Loro – è che i costi di produzione siano più elevati rispetto a quelli della produzione tradizionale. L’agricoltura convenzionale utilizza una grande quantità di mezzi produttivi, come fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, antiparassitari eccetera, che hanno un prezzo elevatissimo che va a incidere sui costi di produzione e che, soprattutto sono esterni al settori primario, dando luogo a evidenti diseconomie. L’Agricoltura Biologica fa un uso equilibrato dei mezzi di produzione consentiti, con spese di gran lunga inferiori. Inoltre – sottolinea – la quantità di manodopera utilizzata è maggiore con risvolti positivi dal punto di vista socio-economico. L’azienda biologica, in definitiva, investe in prodotti naturali e persone e non fa confluire denaro verso le multinazionali che vendono mezzi produttivi, quindi buona parte dei ricavi rimangono nel territorio in cui si opera”.

Il Tar ha annullato un bando da 320 milioni per le coltivazioni ecosostenibili, il dipartimento Agricoltura non fa ricorso e annulla i pagamenti in via cautelare. Oltre 8 mila imprese agricole rischiano di dover restituire i contributi ricevuti dal 2013 al 2015. Ci chiediamo, quindi, perché lo stop ai finanziamenti per la bioagricoltura?

“Lo stop – precisa il nostro agronomo –  riguarda i bandi del Piano di Sviluppo Rurale a sostegno dell’agricoltura biologica del 2013, che il TAR ha annullato, per motivazioni di cui gli agricoltori biologici non hanno alcuna colpa. Ci si auspica che la Regione si faccia carico delle proprie responsabilità e sostenga le ragioni di chi produce nel rispetto dell’ecosostenibilità senza caricarli di un onere eccessivo. Circa le motivazioni, il TAR ha ritenuto poco chiaro il bando, in quanto a loro dire i finanziamenti sono stati dati a pioggia, senza alcuna differenziazione fra tipologie di biologico”.

I prodotti bio sono qualitativamente superiori rispetto ai prodotti convenzionali?

“La qualità, oltre ad essere un  fatto soggettivo, può essere vista da varie angolature – conclude Capraro -. Se parliamo di qualità nutrizionale vari studi hanno dimostrato che i prodotti biologici hanno un maggiore contenuto di minerali e vitamine e minor contenuto di grassi, nitrati e prodotti di sintesi. La qualità sanitaria è sicuramente superiore dato che non è consentito l’uso di nitrati, pesticidi, antibiotici e additivi alimentari, e, inoltre, si tratta di un’agricoltura controllata a differenza di quella convenzionale. Dal punto di vista della qualità ambientale non vi sono discussioni, di certo nell’agricoltura biologica non si ravvisano fenomeni di eutrofizzazione e avvelenamento delle acque, distruzione della flora microbica e di insetti utili, avvelenamento di animali selvatici o di erosione dei terreni, fenomeni presenti nell’ambito dell’agricoltura convenzionale. La qualità sociale, infine, nasce da un maggior uso di manodopera locale, che ha risvolti positivi sul territorio in cui si opera e nella sicurezza alimentare che contrasta le più diffuse malattie che possono scaturire da un’alimentazione di prodotti di bassa qualità”.

Viticoltura convenzionale o biodinamica? 

Facciamo chiarezza. Un caso a sé è rappresentato dalla viticoltura convenzionale o biodinamica, che, spesso, si pone in discussione. Parecchie volte negli ultimi tempi ci sarà capitato di degustare un vino naturale o di aver sentito parlare di lotta integrata o coltivazione bio. Che differenza c’è tra un vino proveniente da questi terreni e uno “normale”? Proviamo a coglierne le differenze in produzione. Chissà se sono gli effetti maniacali del voler mangiare e bere sano a tutti i costi, se è moda o filosofia di vita. Quel che è certo è che tutti subiamo il fascino dell’edonismo del vino declinato nelle sue molteplici espressioni di colore e tipologia, ma nessuno vorrebbe inciampare nelle controindicazioni della piacevolezza di un calice. Vediamo le differenze tra gli stili produttivi.

La viticoltura convenzionale è la più praticata e prevede tecniche di coltivazione in cui è tollerato l’uso di prodotti chimici. Per evitare lo sviluppo di parassiti si utilizzano fungicidi ed insetticidi. Sensibilizzate all’uso intelligente degli antiparassitari, alcune aziende adottano il metodo della lotta integrata, ossia l’impiego quasi nullo dei disinfestanti, allo scopo di avere come regola unica l’azione competitiva degli insetti contro gli agenti patogeni.viticoltura

La coltivazione biologica, invece, non prevede l’uso di diserbanti e prodotti chimici. Sono consentiti prodotti a base di rame e zolfo, prodotti a base di argille e solfiti contro insetti, funghi e muffe.

In ultimo la coltivazione biodinamica, principio secondo il quale si pone in interrelazione la viticoltura alle forze energetiche che originano la vita dei vegetali. Deve i suoi prodromi al filosofo Rudolf Steiner che, all’inizio del ‘900, sancisce l’importanza tra gli equilibri della salute del suolo e le forze energetiche naturali. La biodinamica non prevede l’uso di pesticidi. I produttori bio esigono un vino non “progettato” in cantina, ma solo risultato di uve sane. Non si avvalgono di “manomissioni” fisiche o chimiche che ne sconvolgono la purezza.

Tre sono i principi cardine di questa filosofia olistica: mantenere la fertilità della terra; sanità e resistenza della pianta alle malattie attraverso l’inspirazione dall’atmosfera alla terra; l’autoregolazione degli organismi viventi.

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