Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Inquinamento idrico in Sicilia

di Redazione

Lo stato di salute dei fiumi siciliani è in molti casi critico: un campione su cinque ha una qualità scarsa o pessima. Un quarto delle acque sotterranee ha qualità scadente, per cause antropiche

 

La Redazione

Lo sfruttamento disordinato del territorio, e soprattutto delle sponde di laghi e fiumi e delle coste, sta mettendo negli ultimi decenni a dura prova gli habitat acquatici siciliani.

L’inquinamento idrico è la contaminazione dei mari e delle acque interne superficiali (fiumi e laghi) e di falda. Ne sono i principali responsabili la mancata o inadeguata depurazione delle acque reflue civili (le fogne, che riversano nei fiumi e nel mare materiali organici, batteri e composti contenenti fosforoe azoto), i rifiuti delle attività industriali (inquinamento chimico) e quelle agricole (fertilizzanti e pesticidi, che la pioggia trasporta dai campi alle falde e ai fiumi).

Gli  indicatori per la valutazione della qualità delle acque (fissati dal decreto legislativo 152/99) ci restituiscono un quadro molto preoccupante. Lo stato di salute dei fiumi siciliani è in molti casi critico: un campione su cinque ha una qualità scarsa o pessima. Un quarto delle acque sotterranee ha qualità scadente, per cause antropiche: tra i principali contaminanti troviamo i nitrati, sostanze presenti nei fertilizzanti. È ancora l’eccessivo uso di fertilizzanti la causa della frequente eutrofizzazione dei laghi: la crescita smodata della flora acquatica che stravolge l’equilibrio naturale degli specchi d’acqua. Quanto ai mari, oltre alle sostanze portate dai fiumi, l’inquinamento è dovuto prevalentemente al petrolio e ai suoi derivati, che in grandi quantità viaggiano per nave. Incidenti, scarichi, pulizia di cisterne in mare aperto portano nel Mediterraneo, ad esempio, 100-150 mila tonnellate di idrocarburi ogni anno: nel Mare nostrum è presente la quantità di catrame pelagico media più alta del mondo, dieci volte quella dei mari del Giappone, 50 volte quella Golfo del Messico.

Il grado di inquinamento del fiume Oreto è moderato. La qualità delle sue acque è mediocre in alcuni tratti, pessima in altri, come per esempio la parte finale. Il fiume, che pure è in grado di autodepurarsi, stenta a migliorare la propria condizione a causa dell’inquinamento cittadino e agricolo.

Anche il fiume Alcantara ha dato segnali di inquinamento. Le cause sono state attribuite alla rottura momentanea della discarica di Randazzo. In realtà, l’inquinamento va avanti da decenni.

L’episodio più recente riguarda il fiume Nocella, dove si è rilevata una forte presenza batterica.

La questione nasce nel 2013, quando, in seguito a diverse segnalazioni riguardanti la colorazione anomala delle acque alla foce del fiume, l’ARPA Sicilia ha condotto alcune analisi e ha informato dei risultati i sindaci dei Comuni del Palermitano, Borgetto, Giardinello, Montelepre, Partinico e Terrasini. Nel documento dell’ARPA si sottolineava che «dall’esame dei parametri si rileva in tutti i campioni una significativa presenza di Escherichia Coli derivante, ovviamente, dallo scarico di acque reflue urbane da impianti di depurazione non strutturati per l’idoneo abbattimento della carica batterica».   Tuttavia la colorazione anomala delle acque alla foce del fiume Nocella, come segnalava l’agenzia regionale, non è strettamente correlabile agli scarichi, bensì a particolari lavori industriali, i cui scarichi, in determinati periodi, arrivano direttamente od indirettamente nei corpi idrici.

L’inquinamento è dovuto a due fattori. Il primo attiene alla colorazione anomala dovuta alla presenza di alcool etilico, derivante dal le lavorazioni vinicole e olivicole.   Il secondo riguarda lo scarico di acque reflue urbane, su cui già insiste una procedura di infrazione ( 2009_2034). In questa procedura si elencano gli agglomerati – tra i quali sono compresi quelli di Partinico, Terrasini e Trappeto, bagnati dal Nocella – che continuano a presentare enormi problemi ambientali dovuti ad impianti di depurazione non strutturati per l’idoneo abbattimento della carica batterica. Ad esito del ricorso promosso dalla Commissione, il 10 aprile 2014, la Corte di giustizia europea ha dichiarato che la Repubblica Italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti.

Il mare in Sicilia è, per il cinquanta per cento, fuori legge. I punti critici che emergono dai rilievi sono rappresentati prevalentemente proprio dalle foci dei fiumi e dagli scarichi. Ciò è in buona parte dovuto alle carenze depurative: i reflui, infatti, sono trattati in maniera insufficiente e ciò avviene non solo nei Comuni situati sulla costa (che ospitano lo sbocco dei fiumi), ma anche in quelli dell’entroterra.

La situazione peggiora di anno in anno, sostengono gli ambientalisti; e a ciò si aggiunge che si sono rivelati insufficienti gli strumenti utilizzati per ovviare alla già gravissima condanna, subita da parte dell’Unione Europea, per l’inadempienza della Direttiva n.271/91 sul trattamento dei reflui urbani.

 

 

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