Contraffazione made in Sicilia

Patrizia Romano

Contraffazione made in Sicilia

- giovedì 12 Dicembre 2013 - 08:50

Un fenomeno sempre più in crescita su tutto il territorio, attorno al quale ruota un giro di affari strepitoso, nutrendo l’attività malavitosa e depauperando l’economia pulita

di Patrizia Romano

Sempre più diffuso e più difficile da estirpare, quello della contraffazione è un fenomeno estremamente dinamico, che si modifica in fretta e altrettanto in fretta reagisce alle forze che cercano di contrastarlo. Un’attività in crescita, che incide parecchio sullo sviluppo economico e sociale del nostro Paese, interagendo molto bene con le mafie locali.

Con il termine contraffazione si intende  la sostituzione di un prodotto con un altro di minor pregio, ma che presenta caratteristiche affini, ovviamente di minore qualità.

In Sicilia, la contraffazione non conosce confini, allargandosi a macchia d’olio su tutte le province e spaziando da un settore all’altro. Gli ambiti imprenditoriali che subiscono le gravi conseguenze del fenomeno sono molti.

Uno dei settori più colpiti, è quello agroalimentare. Secondo dati forniti dalla Confederazione Italiana degli agricoltori, nell’ambito di questo settore, in Sicilia, la mafia registra un ricavo di 4 miliardi annui, circa. I beni sequestrati, invece, ammonterebbero a circa 470 milioni di Euro, di cui 147 nel settore della ristorazione e 74 in quello delle farine, pasta e pane.

Particolarmente allarmanti, le cifre a Ragusa, dove le forze operative nella lotta contro il fenomeno hanno scoperto un’importante attività di contraffazione di pomodorini provenienti dalla Tunisia e spacciati per prodotto siciliano. Un’attività che viene svolta attraverso una serie di inspiegabili passaggi prima di arrivare al consumatore finale.

Rimanendo sempre nel settore agro-alimentare, ma spostandoci sul versante catanese, i prodotti alimentari sempre più soggetti ad atti di pirateria sono il  pistacchio di Bronte e l’olio d’oliva extravergine.

Insomma, proprio in questo settore, la Sicilia riveste un ruolo di primariato assoluto. Basti pensare che lo scorso anno, i Nac hanno intensificato le attività di vigilanza sulle produzioni agroalimentari, puntando in particolare sull’etichettatura del  prodotto e sulla  commercializzazione dei prodotti con marchio di qualità Dop, Igp, Stg. In  Sicilia sono state sequestrate oltre 5 tonnellate di prodotti alimentari.

La contraffazione agro-alimentare, oltre a rappresentare un pericolo per la salute dei cittadini, indebolisce l’economia agricola siciliana, il cui unico elemento trainante, nel mercato agroalimentare internazionale, è l’elevata qualità dei prodotti offerti.

La Regione ha presentato in passato un pacchetto di provvedimenti  volti alla salvaguardia della produzione agricola siciliana,  a tutela delle produzioni stesse e a garanzia dell’identità siciliana.

Il pacchetto normativo mira alla lotta alla contraffazione e alle agromafie, ma anche a promuovere e valorizzare i prodotti agroalimentari siciliani, garantendone l’origine, la salubrità e l’impiego di tecniche che favoriscano la salvaguardia dell’ambiente. Il compito di assicurare la tutela dei consumatori e la trasparenza delle informazioni sull’origine e la provenienza dei prodotti è demandato al Dipartimento degli Interventi Infrastrutturali dell’Assessorato alle Risorse Agricole ed Alimentari, che dovrebbe effettuare controlli periodici, volti a rafforzare l’azione di contrasto alle frodi in campo agroalimentare.

I provvedimenti  riguardano la Salvaguardia dei prodotti agroalimentari, il Piano dei Servizi Avanzati, la Ricerca e l’Innovazione e il Marchio di qualità Sicilia.

agropirateria sia pari a un volume di affari che sfiora i 4 miliardi di euro, mentre nel resto del mondo, il falso Made in Italy è ritenuto pari a circa 60 miliardi di euro, rappresentando più della metà del fatturato alimentare nazionale. I fenomeni di contraffazione dei prodotti agroalimentari, riconducibili anche all’Italian sounding,Italia una produzione aggiuntiva di oltre 13 miliardi di euro, pari a circa 5,5 miliardi di euro di valore aggiunto.

Numeri molto elevati si registrano attorno alle categorie cd e dvd, così come  nell’ambito dei supporti digitali.

A seguire, l’attività colpisce gli accessori di abbigliamento e l’abbigliamento stesso. Il maggiore business ruota, infatti, proprio attorno ai marchi di abbigliamento e calzature. La prima città in classifica è Palermo. Negli ultimi blitz nel capoluogo, infatti, la  Guardia di Finanza ha sgominato un grosso traffico commerciale di prodotti con marchi contraffatti. Tra quelli che approdano nell’Isola, abbiamo il marchio ‘Nike’, ‘Blauer’, ‘Peuterey’, ‘Hogan’.

Si tratta di merce abilmente contraffatta, provvista persino di targhetta in cartoncino.

A Catania, invece, il mercato della contraffazione è concentrato prevalentemente sulla violazione dei diritti d’autore. Anche in questo campo, le cifre sono stratosferiche, in modo particolare, quelle che riguardano il sequestro di  cd e dvd duplicati illegalmente.
Contraffare, vuol dire andare contro gli interessi e l’economia di questo territorio che attraverso i marchi di qualità e di origine cerca di vincere la difficile competizione sui mercati internazionali.

Gli strumenti di intelligence e controllo utilizzati dalla Regione Siciliana non sono sufficienti per ristabilire una relazione fiduciaria tra chi produce e chi consuma.

Bisogna difendere il Made in Sicilia con più tenacia, perché soltanto così possiamo salvaguardare la qualità dei prodotti siciliani, le aziende e i posti di lavoro, nonché i diritti dei consumatori. La lotta contro ogni forma di pirateria deve essere portata avanti in maniera più incisiva, perché a farne le spese è tutta l’economia dell’Isola.

Il contrasto alla pirateria e alla contraffazione è essenziale per recuperare risorse economiche vitali per il Paese, soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo affrontando.

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