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Sette storie per lasciare il mondo

di Redazione

Prima assoluta al teatro Massimo di Palermo, l’opera di Marco Betta, a un mese dal debutto, rappresenta ancora uno dei lavori più rappresentativi presentati nel capoluogo siciliano

 

Di Federico di Napoli

 

A un mese, circa, dal primo debutto presso il Teatro Massimo di Palermo, ‘Sette storie per lasciare il mondo’, l’opera per musica e film di Roberto Andò e Marco Betta, ha lasciato un segno  nel cuore del pubblico palermitano.

L’elegia del sonno e della veglia, diretta da George Pehlivanian e con la partecipazione dell’attrice Donatella Finocchiaro, dei soprani Gabriella Costa e Maria Chiara Pavone, dei Fratelli Mancuso (cantanti, compositori e polistrumentisti siciliani, vincitori del premio per la miglior colonna sonora all’ultima Mostra del Cinema di Venezia), del carrettiere Giovanni Di Salvo e del Coro di lamentatori ‘Memento Domini’ di Mussomeli, ha rappresentato una novità assoluta per il capoluogo siciliano, rappresentando l’opera più verista delle opere veriste italiane. ‘Sette storie per lasciare il mondo’ rappresenta una Kermesse di drammi e misteri della Sicilia, e non solo, del Ventesimo secolo, riportate in chiave artistica. Un’eccellente scenografia arricchita da immagini ispirate alle foto di Ferdinando Scianna, esposte, tra l’altro, al Teatro Massimo nella mostra dal titolo ‘Dormono’.
Il sonno, l’addormentarsi è tema e morale dell’opera che ci presenta, non una trama, ma le cronache dei tempi degli avvenimenti citati, accompagnati da canti folcloristici e da dolci melodie, molto ben interpretate, che tentano di combattere ed evitare quella forza del destino che tende ad imporsi con i suoi rumori, voci e la scomparsa degli uomini: insomma, il caos quotidiano.

La morale è dettata dal passo evangelico “… pregate e vegliate ….”, ma l’uomo ha sonno, dorme; quindi l’invito è a vegliare, allo stare attenti ai segni dei tempi e a quella nostra pigrizia che porta noi, a causa nostra, e il nostro prossimo a quel sonno che ha deciso di combattere.

Il sonno che dobbiamo vincere è anche il sonno dell’indifferenza a ciò che ci circonda, non curanti delle conseguenze.

Nel finale vediamo gli elementi scenici tutti sospesi e i personaggi di cui si è trattato passarvi sotto per poi tornare indietro e scomparire, quasi a significare che le loro vite, la loro morte e il mistero che li ha avvolti sono rimasti nei nostri pensieri solo in determinati momenti, ma il messaggio che hanno lasciato le ragioni della loro fine sono scomparse da  ogni  interesse.

Lo scenario di ‘Sette storie per lasciare il mondo’ è tutto siciliano, così come gli autori e le immagini, per un’opera prodotta interamente dal Teatro Massimo.  

L’autore ha alternato testi originali e frammenti poetici o in prosa di altri autori, muovendosi sulla linea di confine con il teatro di parola e conferendo al suo lavoro il tratto tipicamente post-moderno di un affascinate montaggio o collage di elementi.

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