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Da Tamil a Tamil. Sri Lanka chiama Italia

di Redazione

E’ triste constatare che, nel lontano 1947, dopo la liberazione dagli inglesi, ultimi colonizzatori europei, il sogno di uno Sri Lanka finalmente unito sia crollato proprio per mano dei suoi stessi figli. L’odissea del popolo Tamil, attraverso il racconto di un immigrato nel nostro Paese

Di Vincent e Relinda

Siamo un grande popolo, un popolo che ha imparato a strappare al destino la forza di ricominciare, di credere in un futuro migliore, se non per noi, per i nostri figli e per i figli dei nostri figli.

Sono arrivato in Italia dieci anni fa e sono riuscito, grazie all’aiuto e alla solidarietà di aslcuni miei connazionali, a lavorare quasi subito, prima come collaboratore domestico, poi come aiuto cuoco, come custode e, infine, come impiegato di una ditta di trasporti.

Mia moglie è in Italia da tre anni, ma il resto della famiglia è rimasto nello Sri Lanka, la nostra cara terra lacerata da una guerra fratricida, politica e religiosa, che vede il popolo Tamil esposto al massacro per raggiungere la propria indipendenza dal governo Cingalese.

E’ triste constatare che, nel lontano 1947, dopo la liberazione dagli inglesi, ultimi colonizzatori europei, il sogno di uno Sri Lanka finalmente unito sia crollato proprio per mano dei suoi stessi figli.

I cingalesi, infatti, che avevano ottenuto insieme ai Tamil la rappresentanza all’interno del nuovo governo, per desiderio di potere e di prevaricazione, hanno disatteso gli accordi di base accettati in origine dalle due etnie.

Lo squilibrio ha preso il sopravvento e i cingalesi si sono accaparrati con la violenza, in nome della superiorità di razza,  di lingua e di religione che vantano, i posti chiave nelle amministrazioni, negli ospedali e nelle università, isolando la nostra etnia e abbandonandola all’ignoranza.

A nulla sono valse le pacifiche marce di protesta, gli scioperi della fame e le manifestazioni studentesche.

La battaglia civile è finita nel sangue che i cingalesi non hanno avuto scrupolo di versare.

Finito il nostro sogno di unità, chiediamo ormai l’indipendenza da questo governo crudele anche attraverso la solidarietà che l’Italia o altri paesi europei vorranno dimostrarci.

E intanto, auguro ai miei connazionali la fortuna di incontrare qui, in Italia, persone che conoscano il rispetto per tutte le minoranze etniche e che sappiano riconoscere la professionalità, la serietà, la correttezza e l’onestà negli occhi di gente che, con dignità, ha imparato a soffrire e ad attendere.   

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